LUGANO – Un incubo da cui, una volta che ci si trova coinvolti, è difficile uscire. Il bullismo è ormai una piaga sociale, non esitiamo a definirla così: sarà anche vero che in Ticino magari i numeri non sono gli stessi che da altre parti, pensiamo solo a Varesotto e Milanese.
Però quando c’è, fa male. Anche un solo caso è di troppo.
La Regione oggi ne sottolinea due, emersi di recente nelle scuole medie del Luganese.
Un ragazzino è stato preso di mira da due coetanei che vengono definiti forti nel branco ma deboli nel sociale. Lo hanno vessato con messaggini, oltre che con insulti, costringendolo a uscire ben poco di casa oltre l’orario scolastico.
Un coetaneo, durante una gita scolastica, è stato immobilizzato, preso a pizzicotti e come se non bastasse, umiliato con dei video.
Episodi che visti da fuori possono sembrare spiacevoli e nulla più ma che se vissuto fanno male, eccome. Pensiamo all’inchiesta sul bullismo condotta da TicinoLibero qualche mese fa, dove diverse persone parlarono dei segni che si portano ancora dopo anni.
Giancarlo Piffero, responsabile del Gruppo Visione Giovani della Polizia cantonale, al quotidiano bellinzonese spiega che i casi gravi sono stabili, è forse aumentata la sensibilità delle famiglie che vogliono una punizione. L’evoluzione parla di un maggiore utilizzo dei social (in particolare le applicazioni di messaggistica, meno Facebook) per diffondere foto e video che a volte sconfinano nel pedopornogafico, rubate a compagni e messe in circolazione per creare disagio.
“Quello che bisogna fare è prendere sul serio le cose e indagare. Perché i ragazzini bullizzati stanno davvero male, non è una fantasia, l’ho vissuto anch’io come docente. Non vanno presi sottogamba, per questo le direzioni devono capire e sentire i ragazzi, sia vittime sia autori di questi fatti, e intervenire”, avverte, conscio comunque che i casi ci sono, ma che la scuola si sta attivando.