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26.03.2017 - 10:300
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:43

Sirica, "la soluzione non è sottomettersi al volere padronale, cestinando diplomi e dignità professionale"

Il sindacalista e vicepresidente del PS ci scrive sul dibattito nato in seguito all'opinione della nostre lettrice. "Sicuri che si può passare da una professione all'altra garantendo qualità?"

di Fabrizio Sirica*

La signora mostra in maniera chiara quanto è grave la situazione nel mercato del lavoro. La concorrenza altissima tra i lavoratori e la totale assenza di regole permettono al padronato di chiedere flessibilità estrema e abbassare i salari.

Dove non ci sono CCL la situazione è tragica, dove ci sono lo è meno, ma comunque vi è un'esplosione delle categorie salariali più basse.

La cosa assurda è il distacco tra la politica e la realtà. Le associazioni padronali e i partiti borghesi si riempiono la bocca con l'importanza della formazione: promuoverla, puntare sull'alto valore aggiunto ecc. ma non sono minimamente disposti a mettere regole affinché la formazione sia veramente valorizzata.

Un esempio pratico: è possibile che nell'edilizia una ditta abbia circa il 60% di lavoratori "manovali senza esperienza"? No, ovvio. Eppure dicono che la formazione è importante, ma non acconsentono a mettere delle percentuali per categoria: un capo ogni tot operai/ 30% minimo operai con formazione/ 40% minimo lavoratori senza diploma ma con esperienza / 20% massimo manovali senza esperienza.
Mi viene anche in mente un dibattito televisivo, dove secondo il direttore di Aiti il problema della disoccupazione giovanile erano i giovani "demotivati" e che nell'aria c'è negatività, e dove Marchesi, presidente dell’UDC diceva “promuoviamo la formazione  ma il suo gruppo in GC votò contro una nostra proposta PS, poi passata, che promuoveva l’assunzione di neo diplomati.

Si potrebbe arginare il fenomeno citato, ma ovviamente da parte borghese non si vuole fare. Questa mancanza di regole che vincolano e promuovono la formazione fanno sì che il diploma sia praticamente inutile, se non un impedimento.

Ora bisogna vedere come reagire. La soluzione al problema non è sottomettersi a questo volere padronale e cestinare diplomi e dignità personale e professionale, pur senza voler giudicare chi per necessità lo fa. La situazione non è irreversibile (non lo è mai). Occorre organizzarsi e lottare affinché ci siano regole, denunciare i palesi sfruttamenti.

Perché oltre all’aspetto della dignità, vi è pure la qualità delle professioni svolte. Siamo sicuri che una può passare a fare la barista e l’educatrice in un battibaleno? Io penso che sì, può farlo, ma mio figlio a una persona senza un minimo di esperienza nel campo non lo affiderei. E in molte professioni senza formazione ed esperienza il rischio di infortuni o malattie professionali aumenta. La qualità a lungo termine paga e alcune ditte lo sanno e lo promuovono.

Poi c’è il discorso più politico, di società: quali prospettive può avere l’economia del nostro territorio? Io penso che, se come diciamo, vogliamo puntare all’alto valore aggiunto occorre identificare dei poli di eccellenza e costruire su quelli. La politica Masoniana dei capannoni, degli sgravi fiscali indiscriminati ha rovinato il Ticino sotto molti punti di vista, non da ultimo quello ambientale! La vostra lettrice fa un discorso che è perlopiù valido per professioni poco tecniche o con basso valore aggiunto.
Ci sarebbe poi da ragionare sulla flessibilità esistenziale e di cosa può comportare a lungo termine, cioè come a causa delle richieste di flessibilità e adattabilità del mercato la nostra identità può cambiare. Ma questo è un po’ filosofico e poco pratico.

Come si vede, il tema sollevato apre a molte piste di riflessione.

*sindacalista e vicepresidente PS
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