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18.07.2017 - 17:130
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:43

Righini si distanzia da Wermuth, "non sono d'accordo con la sua uscita provocatoria. Purtroppo lo straniero è visto spesso come deturpante e non come risorsa"

Serbo croato e albanese non devono divenire lingue nazionali, "ne abbiamo quattro e la nostra entità culturale è questa. Ius soli? Assurdo che chi vive qui da sessant'anni non sia svizzero. La destra strumentalizza i temi legati agli stranieri"

BELLINZONA – Cédric Wermuth, Consigliere Nazionale socialista, sta imperversando sulla stampa in questi giorni. Prima la richiesta di uno ius soli a favore di chi nasce in Svizzera, poi addirittura quella di fare in modo che serbo croato e albanese diventino lingue nazionali, perché “ci sono molte persone che portano dentro la storia e la lingua, per esempio, albanese, e ciò fa parte anche della loro identità di svizzeri”.

La destra è subito insorta, accusando il PS di voler distruggere l’identità svizzera. Ma, come fa notare il presidente del partito ticinese, Igor Righini, da noi interpellato sulla questione, è l’opinione di un singolo che viene utilizzata come parere di tutti. Infatti, lui la pensa in modo diverso, anche se apre allo ius soli.

Cosa pensa dell’uscita di Wermuth?
“Non condivido quello che ha detto, secondo me ha sbagliato, formulando una sua proposta volutamente provocatoria con cui non sono d’accordo”.

Come mai?
“Ritengo che in Svizzera ci siano quattro lingue e chi viene nel nostro paese deve ragionare con questa entità culturale ed adattarsi ad essa. È vero che noi per muoverci nel mondo dovremo imparare l’inglese, magari fra qualche anno ci chiederanno di studiare anche altre lingue, però la nostra entità culturale è questa”.

Dunque, lei sostiene l’idea classica secondo cui l’integrazione passa anche molto dalla lingua?
“L’integrazione fa parte di un discorso che è alla base del vivere nella nostra comunità, e ci mancherebbe. In Ticino si parla italiano, quando vado a Zurigo parlo tedesco, a Losanna comunico in francese, e in Engadina trovo delle regioni romance, e ben vengano queste piccoli entità culturali che vanno preservate e difese. L’idea di Wermuth è un’altra, ma non mi sembra sia il caso di dire altro, non condivido la sua proposta e la sua uscita”.

Dichiarazioni del genere non sono nocive anche per il vostro partito? La destra vi ha subito attaccato…
“La destra si fionda sempre su questi temi, il problema è che ogni qualvolta un personaggio fa un’uscita sua personale essa viene strumentalizzata ad arte e dipinta come la presa di posizione di un’intera fazione del Partito socialista, quando non è così. Per me si è trattato di un errore, la penso tutto in un altro modo”.

Infatti era per capire il suo pensiero che l’abbiamo contattata. Per quanto concerne lo ius soli, qual è la sua opinione?
“Questo è un altro tema. Ci sono altre nazioni nel mondo dove se tu vi nasci hai la nazionalità data d’ufficio e di diritto, come in America. È una questione che si potrebbe approfondire. Il nostro paese ha sempre fatto dell’integrazione degli stranieri una propria forza e un elemento per la crescita dell’intera nazione. Paradossalmente ora lo straniero è visto come un elemento deturpante contro il quale bisogna battersi, per me rappresentano una risorsa per il paese e vanno assolutamente presi in considerazione con un processo di integrazione mirato, più veloce. Trovo assurdo avere, per esempio, degli amici che hanno vissuto, lavorato e pagato le imposte qui da 60 anni, parlano la nostra lingua e il nostro dialetto e hanno la Svizzera come patria affettiva, nell’Italia non si riconoscono più ma non hanno la nazionalità. Questi casi andrebbero cambiati anche d’ufficio. Non vogliono magari? Non è questione, a volte dopo tutti questi anni non vogliono sottoporsi a una procedura d’esame, che trovano un affronto alla loro dignità, per avere il passaporto”.

Riallacciandoci al tema stranieri e alla marcia della GISO di qualche giorno fa, l’impressione è che vi siano meno solidarietà e più chiusura e preclusione verso gli stranieri in genere e la loro accoglienza, concorda?
“Non concordo assolutamente, non c’è più preclusione rispetto a un anno fa, ma sono una quindicina d’anni che abbiamo questo substrato culturale che rifiuta lo straniero e il migrante, mescolando diritto del migrante con il diritto di una persona a lavorare nel nostro paese. La sensibilità non c’è perché ci sono dei partiti che ne fanno uso strumentale, generando una lotta fra povere persone al di qua e al di là del confine, mentre non sanno leggere i veri problemi di questa società. Ovvero, c’è una grande economia che domina, distribuisce bassi salari, specula e diventa sempre più ricca, ma dove ci sono sempre più ricchi abbiamo anche sempre più poveri. E fra di essi ci sono svizzeri e italiani, che lottano fra di loro e non si accorgono che la ricchezza va da un’altra parte”.


Paola Bernasconi
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