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18.08.2017 - 17:300
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:43

Rossi, "gli spazi sono ristretti, ma si allargheranno. La preferenza indigena serve soprattutto nel pubblico, se il popolo avesse la scellerata idea di eleggere cinque Righini o cinque Bertoli..."

Il "papà" di Prima i nostri ribatte al presidente del PS: "lui fa parte dei benaltristi, prima di parlare avrebbe dovuto fare. Non vogliamo sopprimere l^'immigrazione bensì limitare quella dei lavoratori frontalieri che danneggia i nostri lavoratori"

BELLINZONA – E il tema è sempre Prima i nostri. Il margine di manovra è esiguo, è vero, ma si allargherà, perché le leggi non sono statiche. Ne è convinto Tuto Rossi, che ha scritto il testo dell’iniziativa, mentre, interpellato da noi, risponde all’intervista di stamattina di Igor Righini.

A caldo, che cosa risponde al presidente del PS?
“Righini si iscrive nella lunga serie dei benaltristi, sa chi sono? Quelli che dicono che ci vuol ben altro. Lui e tutto il Partito socialista non hanno fatto niente in questi anni per difendere i salari dei ticinesi contro la pressione al ribasso esercitata dalla massa dei frontalieri che preme alle frontiere, e quando gli altri fanno qualcosa dice che serve ben altro. Prima di parlare avrebbe dovuto fare”.

Vi fa rabbia che dica che Prima i nostri è inapplicabile?
“No, perché è un’affermazione gratuita e stupida”.

Però cerchiamo di spiegare come stanno le cose, per chi legge opinioni diverse e fatica a capire…
“Il Consiglio Federale stesso riconosce che c’è uno spazio di manovra per applicare l’iniziativa. È piccolo ma c’è, dunque non è inapplicabile. I paletti sono stretti, in quello spazio limitato qualcosa per proteggere i ticinesi si può fare. Prima che l’UDC lanciasse questa iniziativa non c’era, adesso il Cantone può fare qualcosa in più ed è oggettivo. Altro fatto, la costituzione non è qualcosa di fisso per sempre, le norme costituzionali sono metà diritto e metà politica, come ammettono tutti i professori di diritto. Sono anche il risultato del volere politico del popolo e dunque sono suscettibili di cambiare.
Dunque i paletti che oggi sono stretti domani si allargheranno, la legge è dinamica, si muove, si interpreta, non vale da Pitagora a oggi. Lo spazio di manovra si allargherà, lo faremo allargare con la volontà del popolo. L’iniziativa ha messo un segnale, ha dato al Cantone una competenza che prima non c’era. Come verrà allargata? Votando delle leggi che spingono o allargano i limiti, vanno leggermente oltre, e facendo poi in modo che i Tribunali li accettino. L’UDC ha già fatto qualcosa, con questa iniziativa, facendo votare il popolo, e ha presentato la cosiddetta “legge Marco Chiesa” che specifica esattamente come, a favore di ogni cittadino lavoratore ticinese, verrà messa in pratica l’iniziativa”.

Quindi volete fare qualcosa, ovvero iniziative, per allargare i margini?
“Cominciamo a votare quanto uscito dalla Commissione. Poi c’era un altro punto nella mia spiegazione, ovvero che contrariamente a quanto dice il Consiglio Federale, Prima i nostri contiene un mandato diretto: gli articoli 49 e 50 della costituzione ne contengono uno preciso al Consiglio di Stato di applicare i bilaterali in modo ugualmente restrittivo a come lo fa l’Italia. Se un muratore, un architetto o un artigiano svizzero trova difficoltà burocratiche per lavorare in Italia, il Consiglio di Stato è obbligato a mettere gli stessi ostacoli alle stesse categorie che vogliono venire qui a lavorare”.

Righini a un certo punto dice che non si possono tenere in piedi i bilaterali e disdire la libera circolazione delle persone: insomma, o dentro o fuori. Cosa ribatte?
“I rapporti con l’Europa ci sono sempre stati, prima della libera circolazione delle persone. Essa è recente e si potrebbe sopprimere. Non è quello che vogliamo: desideriamo regolare l’afflusso di lavoratori frontalieri al fatto che non vengano danneggiati i livelli salariali dei ticinesi. Vogliamo limitare l'immigrazione dei lavoratori, non delle persone, alla condizione che non influiscano negativamente sul livello salariale”.

Infine, afferma che non avete trovato metodi di applicazione nel privato, mentre nel pubblico la preferenza indigena si applica senza bisogno di averla scritta nella costituzione. Serve dunque anche nel pubblico?
“Serve soprattutto nel pubblico, perché se un domani il popolo avesse la scellerata idea di assumere cinque Righini o cinque Bertoli avremmo i frontalieri che invadono l’Amministrazione e piazza della Foca piena di auto con targa italiana. Ora la preferenza indigena è praticata per base volontaria, è ben diverso se la costituzione lo impone”.

Paola Bernasconi
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