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Cronaca
21.09.2017 - 17:320
Aggiornamento: 21.06.2018 - 14:17

L'arringa contro Bosia Mirra. "Si giudicano le azioni, non le idee. Era a capo dell'organizzazione, sapeva che quanto stava facendo era illegale"

La procuratrice pubblica Margherita Lanzillo conferma la richiesta di pena. "Lisa Bosia Mirra ha davvero aiutato i migranti, o li ha messi in pericolo, lasciandoli in un paese che non conoscevano? I parenti da cui andavano erano realmente tali? Non li ha mai trasportati sulla sua auto..."

BELLINZONA – È proseguito nel pomeriggio il processo a carica di Lisa Bosia Mirra. Dopo la mattinata dedicata all’interrogatorio dell’imputata, nel pomeriggio hanno parlato l’avvocato difensore e la procuratrice pubblica Margherita Lanzillo. La sentenza sarà resa nota giovedì.

Per prima ha parlato l’accusa, per circa un’ora. Le richieste di pena rimangono quelle contenute nel decreto d’accusa che la deputata socialista ha contestato, ovvero  una pena pecuniaria di 80 aliquote giornaliere, sospesa condizionalmente per un periodo di prova di due anni, più una multa e le spese giudiziarie.

Non ci sono attenuanti, secondo Lanzillo. “Non posso rubare dicendo che non ho soldi”, fa il paragone.

A suo avviso, addirittura, la deputata non ha dato una mano ai migranti, bensì li ha messi in pericolo.
“Rischiavano di essere arrestati dalle Guardie di Confine. Inoltre, li lasciava in un paese che non è il loro, dove non conoscono nulla, nemmeno la lingua. Avrebbe potuto, volendo , portarli direttamente in Germania, se quello era lo scopo del viaggio. E poi, ha verificato che le persone presso cui i migranti andavano a stare fossero davvero parenti? E se fossero stati degli sfruttatori?” Secondo lei, i profughi si aiutano in altri modi, con cure mediche, pasti caldi, coperte.

Ha affermato che Bosia Mirra era ben consapevole di quanto stesse facendo, e che ciò non fosse legale. “Ma non ha smesso finché non è stata fermata, pur avendo ammesso che aveva il sentore che prima o poi sarebbe successo. Non vedo pentimento, e nonostante fosse provata dall’angoscia per quanto visto, le sue condizioni psichiche non erano tali da far sì che non sapesse che cosa stesse facendo”.

Inoltre, contesta il ruolo di civetta della deputata. “Non ha mai trasportato i clandestini sulla sua auto, ben sapendo il rischio che correva. Però ha avuto un ruolo di spicco nell’organizzare i viaggi. Era lei ad essere in contatto con la signora che sceglieva chi dovesse essere trasportato in Svizzera, era sempre lei ad aver messo in contatto le altre due persone che collaboravano, da una parte l’uomo fermato con lei, dall’altra una giovane ragazza. Inoltre, avevano pure un linguaggio in codice”.

“Aiutare persone ad entrare illegalmente in Svizzera vuol dire violare la legge”, ha proseguito, pur essendosi mostrata colpita dal racconto di Bosia Mirra di questa mattina, quando ha ripercorso le motivazioni che, secondo lei, hanno reso inevitabile il suo agire.

Ha voluto precisare che il processo è a questo, e non alle idee: vanno giudicate le persone e le loro azioni, non la motivazione etica che le ha spinte a commetterle. “Sappiamo che non è stato fatto con scopo di lucro, però la legge è stata violata, in modo consapevole”.
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