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11.12.2017 - 17:570
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:43

Bosia Mirra carica al ritorno dalla marcia. "Ma qui in Ticino vedo ostracismo verso di me. Marciando mi hanno detto che ci sono condanne onorevoli come la mia"

La deputata socialista, oggi in aula, ha camminato per tutta la Svizzera. "In Appenzello sono ricchi, non vedono un rifugiato... ma votano per l'UDC che fa della paura del diverso un pilastro. I frati? Ognuno secondo coscienza, ma quando lavoro fanno le Chiese Protestanti"

BELLINZONA – Sono partiti il 15 ottobre, hanno attraversato praticamente tutta la Svizzera a piedi, marciando per sensibilizzare sul tema dei rifugiati. La Bainvegni Fugitivs Marsch è giunta al termine, con un pizzico di polemica per la mancata ospitalità da parte dei frati cappuccini di Faido.
Per un bilancio, abbiamo parlato con Lisa Bosia Mirra, che vi ha preso parte, anima della lotta a favore dei rifugiati in Ticino, con cui avevamo parlato poco prima della partenza (vedi suggeriti).

Com’è andata questa marcia?
“Molto bene, siamo stati accolti ovunque con tanta generosità, abbiamo visto quella che è l’altra Svizzera, ovvero quelle associazioni piccole e grandi che si mettono a disposizione per l’accoglienza, senza avere nei nostri confronti alcun tornaconto. È stato molto interessante, ci ha permesso di vedere quei progetti che non si raccontano mai ma che compongono una rete di solidarietà in tutto il paese”.

Intende dire la Svizzera non istituzionale?
“Intendo quella aperta, solidale. A volte è anche istituzionale perché delle associazioni sono finanziate attraverso lo stato. Diciamo che è la Svizzera non xenofoba e non razzista, quella che attraverso l’incontro con l’altro si sente arricchita”.

Come non accade in Ticino, sta pensando, immagino…
“Anche in Ticino ci sono esperienze così. In Svizzera francese vediamo molta politicizzazione, con dei Consiglieri di Stato che si mettono a disposizione personalmente contro i respingimenti di Dublino, il tema è più sentito. Per esempio, siamo stati ricevuti da Remy Pagani, sindaco di Gimevra, le cui origini sono di Morbio, eletto fra le fila di un movimento che mette l’accoglienza al centro. La sensibilità è un’altra”.

È stato quello l’incontro più importante fra i molti che avete vissuto?
“Dal punto di vista istituzionale sì. Abbiamo incontrato anche alcuni Consiglieri Nazionali, come Marina Carobbio, deputati. Quello con Pagani è stato il più interessante, abbiamo parlato per un’ora e mezza con lui, assieme ai rifugiati che erano con noi”.

Chi ha camminato con voi? Le persone che vi aspettavate?
“Rappresentanti di più di 30 nazionalità, a un certo punto ho smesso di contarle. C’era un gruppo base, che dormiva nei vari luoghi, ogni volta  c’erano persone che arrivavano. Simbolicamente ha marciato con noi almeno una persona per chilometri. A Losanna ce n’erano 300, a Neuchâtel eravamo attorno alle 200, fra Nyon e Ginevra abbiamo camminato in 80. Ovviamente dipendeva da molti fattori, dal giorno, dalla meteo, dalla lunghezza del tratto. Sottolineo che abbiamo avuto una meteo splendida, a Ginevra abbiamo mangiato fuori… avevo detto che sino al 10 non avrebbe nevicato, e guarda oggi… mi viene un po’ da ridere (ride, ndr, riferendosi alla nevicata). Ieri c’è stata una bella organizzazione da parte di Amnessty International, con l’intervento di Elly Schlein sulla riforma di Dublino III e le questioni femminili”.

E dal punto di vista fisico com’è andata per Lisa Bosia Mirra?
“Non so se sono miracolata, sono stata benissimo, ho saltato solo una tappa a causa di un problema fisico. Marciare vuol proprio dire condividere parte della fatica del viaggio migratorio, pur facendolo in sicurezza. Ma 35 chilometri sono comunque tanti, a volte non sai dove mangi e dove dormi, noi siamo stati accolti nelle protezioni civili, in palestre, in collettivi, da privati. Un’accoglienza straordinaria ovunque, abbiamo camminato anche coi cammelli”.

Tranne, e qui non possiamo non parlarne, dai frati cappuccini. Cosa vuole dire?
“Non aggiungo niente. Tornati in Ticino c’è un clima di ostracismo assurdo. Qui c’è questo, di là gente che mi ferma per strada e mi fa i complimenti, Pagani mi ha detto che ci sono condanne onorevoli e che quella presa è solo la prima. Una bella differenza… Tra l’altro, una cosa rilevante è stato vedere l’incredibile lavoro delle Chiese protestanti. Ci sono anche gruppi ecumenici, ma loro fanno da traino, hanno reti capillari, e mi ha stupito molto. Ci hanno spesso anche ospitato”.

Quindi pensa sia un limite della Chiesa cattolica?
“Non giudico, ciascuno secondo coscienza. È vero che di fronte all’appello del Papa, quasi quotidiano, a una maggiore accoglienza, è strano vedere quanto lavorano le Chiese protestanti”.

Prima di partire, l’avevo sentita, se permette il termine, un po’ demotivata. Aveva accennato anche alla possibilità di mollare la causa se anche la marcia non fosse servita. E ora?
“Ho fatto scorta di energia e di motivazione. Probabilmente faremo una piccola marcia di 15 giorni su Berna per consegnare una raccolta di firme che chiede maggiore attenziome per le questioni femminili, in particolare sulla schiavitù e sullo stupro. Quando decine di persone ti dicono che val la pena e che bisogna continuare a battersi, è una bella ricarica”.

Mentre parliamo, si trova in una pausa dei lavori del Gran Consiglio. Com’è stato il rientro?
“È un altro mondo. L’attivismo, la piazza, la strada mi appartiene di più rispetto a un’aula del Parlamento, pur essendo due lavori complementari. Sono più a mio agio nel contatto quotidiano con la gente, per come sono fatta io. In Svizzera fai tre Cantoni al giorno a piedi, tre Gran Consigli diversi, tre legislazioni. Da ogni parte funziona in modo diverso per gli asilanti: vediamo un’enorme diversità, una ricchezza da un punto di vista ma dall’altro è un problema per la parità di trattamento. È una delle cose che ho visto ancor meglio camminando. Ne dico un’altra: nella Svizzera Orientale sono ricchi, basti vedere le loro fattorie, e sono super xenofobi e razzisti e votano in massa UDC, un partito che fa della paura del diverso uno dei suoi pilastri. Ma in Appenzello Interno o Esterno non ci sono rifugiati, pur non avendone mai visto uno sono terrorizzati”.

Dunque, il prossimo progetto di Lisa Bosia Mirra, che non molla, è la marcia su Berna?
“Sì, dovrebbe essere quello”.


Paola Bernasconi
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