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17.01.2018 - 19:310
Aggiornamento: 21.06.2018 - 14:17

"Appaio quindi sono", le foto osé nell'era dei selfie. Bonatti, "mai inviare nulla che non si mostrerebbe ai genitori o agli insegnanti. E se si sbaglia..."

Per la consulente in sessuologia, la prima regola è la prevenzione. "La famiglia deve trasmettere un'educazione sessuale e affettiva. A chi ha visto diffondere sue foto, direi che vale indipendentemente dall'opinione altrui e che gli errori si possono fare. Ma guai abbassare le difese, anche per amore"

BELLINZONA – I colpevoli, pur con qualche differenza a livello di responsabilità, sono una decina di giovani, tutti residenti in Ticino. Hanno messo sul web immagini osé, anch’esse di varie “gradazioni”, che ritraevano ragazzine, anche minorenni. A distanza di due anni, si torna a parlare della vicenda.

È un bene? Perché succedono casi simili, e come proteggersi? Ne abbiamo parlato con la Life coach e consulente in sessuologia Kathya Bonatti.

Sono passati un paio d’anni, ed ora se ne parla. Come possono sentirsi le ragazze coinvolte? È positivo riparlarne, per loro?
“Da un lato riapre la loro ferita, però quanto meno vedono che la parte della ragione viene ristabilita e ridefinita, visto che viene detto in base alla legge che quei ragazzi sono responsabili, che hanno fatto una cosa sbagliata, scorretta. Quello che può ferirle semmai sono commenti online che le colpevolizzano…”

In merito cosa ne dice?
“L’unica prevenzione che si può fare in assoluto, sempre, è non inviare foto a nessuno. Il fidanzato può arrabbiarsi quando lo si lascia, può impazzire, magari è sadico e si vuole vendicare. A volte addirittura i telefoni vengono hackerati, come accaduto alle star. Tutto quello che è nel cellulare può essere preso da hacker, per cui non vanno fatte foto e video di cui ci si possa vergognare. Dico sempre che il parametro è non inviare foto che non si mostrerebbero ai genitori, agli insegnanti o ai compagni di scuola”.

Si è parlato tantissimo del tema, in ogni modo e in ogni media. Com’è possibile che qualcuno ci caschi ancora?
“Fa parte della seduzione online, magari quando la relazione è online, per eccitarsi a vicenda. Possono essere i ragazzi che le sollecitano, dicendo ‘mi piaci tantissimo, ti prego inviamele’, o addirittura ‘se mi ami ti devi fidare’. In nome dell'amore si abbassano le difese, su un tema simile non si deve. Ci sono comunque anche maschi che mi dicono che non sono loro a chiedere foto. Non è il caso di queste ragazzine, non erano a conoscenza della diffusione delle fotografie”.

Cosa scatta in una giovane quando si fa certe foto?
“Narcisismo, bisogno di essere viste, di essere considerate. La sessualità negli ultimi anni è diventato uno strumento per acquisire valore agli occhi degli altri. Ma chi lo fa non ha un’alta considerazione di sé, chi è consapevole del fascino ama esibirsi, però non mettendosi in mostra in quel modo.  Va bene l’immagine sexy, come strumento di seduzione, entro però certi limiti”.

E invece perché i ragazzi le vogliono?
“È una forma anche qui di narcisismo. Ci sono ragazzi che collezionano le immagini: più foto di ragazze ottengono, più si sentono potenti, visto che le hanno convinte. Diverso è il pornal revenge, ovvero la vendetta attraverso la pornografia, dove solitamente il ragazzo, che è stato lasciato, tradito col migliore amico o altre cose, si vendica diffondendo le foto online”.

Però si mette in gioco il concetto di bellezza. C’è chi per essere soddisfatto di una foto deve scattarne molte, significa che chi si fotografa in modo osé è sicuro di sé, no?
“Queste ragazze si piacciono. Se una persona però ha bisogno di fare foto in un certo modo ha probabilmente un problema legato alla sfera della sessualità, qualcosa di irrisolto, qualche trauma: non ci si deve esibire così”.

Cosa consiglierebbe a una mamma che si trova confrontata con una figlia sorpresa a farsi foto simili?
“Di parlarle molto prima, spiegandole che qualsiasi cosa che metterà in rete è per sempre, e potrebbe poi vergognarsi. Fanno bene a fare lezioni a scuola! È un graffio, una ferita dell’anima quando alcune immagini divengono virali. La prevenzione è al primo posto”.

Perché certi ragazzi diffondono le immagini?
“Sono persone che non hanno imparato il rispetto dell’altro. Nel sesso ci sono tante sfumature, ma quel che conta è il consenso, come dico sempre. Due adulti o due adolescenti consenzienti possono fare ciò che  vogliono, però esso è basilare. E una grande responsabilità va ai genitori, è necessaria un’educazione sessuale, relazionale e affettiva. C’è anche a scuola, ma è nella famiglia che si insegna di fare ciò che si vuole nella sfera sessuale però col consenso”.

Come si può intervenire per aiutare una ragazza che abbia già inviato foto osé?
“Legittimare il proprio valore indipendentemente dal parere degli altri, pensando che nella vita si può sbagliare, e che dagli errori si può imparare e andare a testa alta a prescindere dalla derisione. Certo che in questi casi si entra nella sfera dell’intimità ed è un lungo cammino. Però ripeto, al primo posto la prevenzione”.

Spesso si parla dei selfie in senso lato, come problema. Possiamo inserire anche questa tematica nel calderone?
“Appaio quindi esisto. Cosa si può fare? La famiglia deve trasmettere dei valori legati alla stima di sé a prescindere da questo. Il sesso ormai è una merce di scambio che dà valore, pensiamo a quella giovane ragazza che è disposta a mettere in asta la sua verginità: i genitori non le hanno insegnato la morale corretta”. 

Paola Bernasconi
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