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16.02.2018 - 21:470
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:43

I cittadini diventano "deputati": ecco l'interrogazione via social. Il politologo, "positivo che possano porre domande. È più trasparente"

Dal profilo di Cindy Martinoni gli utenti possono inviare domande sul caso Argo che Matteo Pronzini inserirà in un'interrogazione. Stojanovic, "i deputati devono filtrare i suggerimenti, però non vedo nessun problema per la democrazia. Anzi, spesso sono gli eletti a usare testi preconfezionati..."

BELLINZONA – Un’interrogazione parlamentare nata da Facebook. Una nuova frontiera dei social? È l’idea, in ogni caso, di Cindy Martinoni, che sul suo profilo, parlando del presunto conflitto di interessi che riguarda l’avvocato Maria Galliani (avvocato del Governo quale accusatore privato per il caso Argo 1, e difensore del poliziotto accusato assieme a Sansonetti di maltrattamenti), ha lanciato una raccolta di domande. Matteo Pronzini del Movimento per il Socialismo si è detto disponibile a tradurli in un atto parlamentare, e sono arrivati svariati stimoli.

Un caso isolato? Oppure un modo di far partecipare, in modo ancor più diretto, i cittadini alla vita politica? Tutti “deputati” attraverso i social, insomma. Abbiamo chiesto un’opinione al politologo Nenad Stojanovic.

Come reputa questa idea? Potrebbe essere un nuovo allargamento della democrazia diretta, ovvero con la partecipazione della popolazione anche agli atti parlamentari?
"Tante cittadine e cittadini pensano che i politici siano un’élite lontana dalle loro preoccupazioni e difficilmente accessibile. Ben vengano quindi tutte le iniziative che integrano maggiormente i cittadini nella vita politica. Il peggio sarebbe di avere dei deputati eletti per quattro anni che durante l’intera legislatura non scrivono neanche un atto parlamentare – e ce ne sono, purtroppo – e che non rispondono alle sollecitazioni dei cittadini. Quest’idea mi trova quindi d’accordo: è positivo che i cittadini possano suggerire delle domande a un deputato, su un tema ben preciso (Argo1, in questo caso), e che il deputato possa integrarle in un’interrogazione parlamentare su cui il Governo dovrà esprimersi".

È un’idea nuova?
"Direi di no. A dire il vero io stesso, appena eletto in Gran Consiglio in aprile del 2007, avevo lanciato una proposta simile. Volevo inoltrare un atto parlamentare per il diritto di voto ai 16enni. Volevo che fosse interpartitico ma anche che gli stessi giovani potessero contribuire allasua stesura. Scrissi quindi una bozza di iniziativa parlamentare e la diffusi tramite il mio sito e un paio di blog frequentati dai giovani. Mi arrivarono diverse suggestionimolto costruttive che potei integrare nel testo finale dell’iniziativa che alla fine fu sottoscritta da deputati del PS, dei Verdi, del PLR e della Lega. Purtroppo, due anni più tardi, il Gran Consiglio la respinse. Ma è stata per me un’esperienza utile e arricchente. Tante persone mi hanno scritto dicendosi felici di avere potuto partecipare, seppur indirettamente, al processo legislativo".

Ma è corretto che chi non è eletto possa farlo?
"È evidente che spetta ai deputati filtrare i suggerimenti che ricevono. Non tutto deve figurare nell’atto parlamentare. Ma non ci vedo alcun problema per la democrazia. Anzi, è molto più trasparente di quanto succede oggi: tanti deputati inoltrano degli atti parlamentari confezionati altrove, spesso nelle organizzazioni come le camere di commercio o i sindacati, ma nessuno lo sa".

Fra i fattori forse negativi, c'è la complessità dei temi, per cui non sempre un comune cittadino è in grado di porre domande: concorda?
"Questa è una visione elitista della democrazia che non mi trova d’accordo. Certo, i temi politici sono complessi, ma non è detto che i cittadini comuni non possano capirli e farsi un’idea. D’altronde, non è che in Parlamento siano tutti esperti. Anzi, la maggioranza dei deputati non mi ha mai colpito per l’intelligenza o l’acutezza di analisi. Inoltre, tanti deputati sono influenzati dai gruppi di interesse e non osano nemmeno dire la loro per paura delle sanzioni. Per esempio, se una banca ha cofinanziato la campagna elettorale di un deputato o di un partito, questi faranno bene attenzione a non votare per le leggi che regolano il mercato finanziario perché alla prossima tornata elettorale rischiano di perdere il sostegno delle banche. I cittadini comuni sono sicuramente più liberi di agire e quindi il loro apporto alla democrazia non deve mai essere sminuito".
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