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Cronaca
01.03.2018 - 18:050
Aggiornamento: 21.06.2018 - 14:17

"È come una partita a ping pong, con noi come una pallina spinta di qua e di là". I pirati della Navigazione, "aiutateci!"

Una ex impiegata della Navigazione Lago Maggiore racconta l'incertezza che sta vivendo. "Non so più che cosa pensare, a chi e a che cosa credere. Un giorno la situazione è in un modo, quello dopo in un altro. Non posso dire che eravamo sicuri dopo lo sciopero, ma avremmo dovuto avere le spalle coperte fino a fine 2018. Ora..."

LOCARNO -   Doveva partire oggi il nuovo Consorzio misto italo-svizzero per la navigazione del Lago Maggiore. Almeno, queste erano le promesse, sbandierate a lungo dopo lo sciopero che aveva visto coinvolti gli allora dipendenti della Navigazione Lago Maggiore, e anche nei mesi successivi. Ma le firme sugli accordi non sono mai arrivate, la Società Navigazione del Lago di Lugano ha fatto sapere che le trattative proseguono però che i diversi ordinamenti giuridici fra le due  nazioni  sono un problema.

Diversi politici hanno sollecitato notizie e soluzioni, sia per le persone che sono attualmente in disoccupazione sia per il turismo della regione, che rischia di trovarsi senza mezzi di trasporto. Il Consiglio di Stato ha espresso la sua preoccupazione, il Forum Alternativo ha rilasciato una nota dove parla di sfiducia verso l’Italia e propone di far ricadere il servizio sotto la FART.

I sindacati intanto hanno svolto qualche serata informativa con quelli che furono definiti pirati. Sono loro, da mesi, in attesa, senza lavoro, senza certezze, con sole speranze. Abbiamo parlato con una di loro, trovando smarrimento, grande voglia di lavorare ed anche preoccupazione non solo per la propria situazione bensì anche per quella di tutto il turismo della zona.

“È un momento molto stressante per noi, sono otto mesi che combattiamo, dallo sciopero in poi, e anche moralmente e psicologicamente è molto dura. Ci difendiamo!”, ci dice, poi ricorda lo sciopero. “Sembrava di essere arrivati a una soluzione, ma questo è il risultato: è il primo marzo e non c’è ancora nulla. Cosa penso? Devo essere sincera, non so più che cosa pensare, ogni volta si posticipa e non si arriva a niente. È difficile, è difficile…”, ripete.

Una volta terminato lo sciopero, l’odissea pareva finita, la nostra interlocutrice svela che la certezza non c’era. “Dire che eravamo convinti di aver trovato la soluzione è una parola grossa, sapevamo che fino alla fine del 2018 il tutto per noi era definito. Saremmo stati infatti assunti da questo consorzio e fino a lì eravamo apposto…”. Ma? “È dura affermare che eravamo del tutto certi, però eravamo più tranquilli sapendo di avere un anno garantito, con una sicurezza”.

“Il primo allarme è scattato a dicembre”, ricorda. “Al 31 personalmente ho chiuso la biglietteria a Magadino, senza sapere quando la riaprivo e se l’avrei riaperta. È stato un giorno difficile, veramente. Un ultimo dell’anno sofferto. Non era da molto che lavoravo per loro, ma dopo alcuni anni il mio cuore era comunque lì”.

Le chiediamo se hanno informazioni più dettagliate delle nostre. “Aspetto giorno per giorno, una volta è in un modo, il giorno dopo in un altro. Non so se ci sarà qualcosa, me lo auguro, ma quando e come non so”.

“A questo punto non ho più fiducia in nessuno, mi sembra sia una partita a ping pong e noi siamo la pallina spinta un po’ di qua e un po’ di là”, risponde alla domanda sulla fiducia negli attori in gioco.
Il Consiglio di Stato è vicino, ribadiamo: lo sentono o sono solo parole? “Ci credo che facciano qualcosa. Come hanno parlato, dalle rassicurazioni che ci hanno dato a fine sciopero penso stiano agendo, io non conosco le leggi, non so niente, non saprei dire se c’è qualcosa dietro, e semmai cosa. È difficile. Le trattative con altri paesi, è noto, sono complicate. Avranno i loro motivi se non funziona... ma non lo so, non so a che cosa a e chi credere, mi lascio stupire”.

Un’incertezza che di sicuro non fa bene a nessuno. I pirati, ora in disoccupazione, stanno cercando lavoro anche oltre il Consorzio, “per avere un eventuale sbocco. Se tutto dovesse partire il progetto sono a disposizione, è la mia prima scelta”.

La solidarietà della gente non si è esaurita dopo i giorni dello sciopero. “C’è, ancora. Per il Gambarogno è un periodo complicato, siamo in una situazione triste, con lavori sulle ferrovie e le strade, dunque con inconvenienti su treni e traffico, ci manca la navigazione e fra un mese esatto è Pasqua. Penso non solo a me come ex impiegata bensì all’economia: senza il turista, i ristoranti e i negozi avranno problemi”.

Le chiediamo un appello a chi si sta occupando delle trattative. “Aiutateci, fate qualcosa”, dice. “Quel che dovevamo dire l’abbiamo detto, ci auguriamo che qualcosa si muova e che tutto si risolva, un po’ in fretta e al meglio”.

Il disorientamento è molto, tanto da non sapere esattamente cosa sarebbe meglio. “Le FART sarebbero una bella soluzione, da come dicono. Meglio dell’Italia? Non posso saperlo, ho collaborato con loro e mi son sempre trovata bene, non ho nulla da ridire”.

Intanto, come ha detto la nostra lavoratrice, fra un mese è Pasqua. Tante famiglie vivono nell’incertezza, e con esse il turismo.
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