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10.04.2018 - 12:060
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:43

Guillermo, il "Guardiola" rosso. A Lugano riparte la favola, l'incognita è il tempo. Un tecnico che non guarda in faccia a nessuno: i leader sono avvisati

Renzetti ha scelto l'ex tecnico del Chiasso, che propone un gioco globale in cui tutti difendono e attaccano insieme: se non si fa la fase difensiva, arriva il cambio. Quel che conta è l'impegno in allenamento. Ritratto di un allenatore preparato, basti pensare alla velocità con cui ha imparato l'italiano...

LUGANO – Colpo di scena a Cornaredo: pochi minuti fa è arrivata l’ufficialità, il nuovo tecnico del Lugano è Guillermo Abascal Perez. Giovane, giovanissimo per gli standard del calcio moderno, soli 28 anni, quest’estate è arrivato al Chiasso dopo esperienze solamente coi giovani.

Fa riflettere che le due compagini ticinesi di SFL abbiano cambiato tecnico a pochi giorni di distanza, da Abascal, appunto, a Raineri per il Chiasso, e da Tami a Abascal per il Lugano. Non è la prima volta, se è vero che anche lo scorso anno nessuna delle due finì il campionato con chi l’aveva iniziato. Sintomo di un calcio sempre più schizofrenico, dove i risultati negativi portano a cambiare? I giocatori, se sono onesti, lo dicono spesso: le colpe sono nostre, in campo andiamo noi, ma non si può licenziare venti persone, dunque paga il mister.

Nel calcio ora come ora è difficile parlare di continuità, di un progetto che continui. Ci aveva provato il Lugano con Zeman, ma poi la convivenza col boemo era stata complicata. Voleva farlo il Chiasso con Abascal, eppure qualcosa si è rotto.

Ora lo spagnolo raggiunge Cornaredo. Sorpresa sì, ma fino a un certo punto. Non per vantare doti da veggente, però il pensiero ieri, quando si è saputo dell’addio anticipato di Tami (anche qui, una similitudine: Abascal non aveva intenzione di continuare al Riva IV, così come il ticinese a Cornaredo), c’era stato. I rumors dicono che a Renzetti Abascal piacesse già in tempi non sospetti.

Parla di scelta di cuore, il presidente. Lo fa spesso, perché lui sceglie di petto, da passionale qual è. Sforza sarebbe stata una decisione pragmatica e poco fantasiosa. Abascal una scommessa, sull’onda dell’entusiasmo addirittura Renzetti proponeva una sorta di rinnovo tacito in caso di salvezza.

È una scommessa, certo. Il calcio di Abascal, alla spagnola come lo chiamano molti (che fantasia, però, per citare qualcuno che viene da Siviglia…), è fatto di meccanismi, di azioni manovrate, di un attacco che parte dalla difesa, di possesso palla. Imparare tutto e applicarlo in poco tempo. Servono allenamenti e prove, e il Lugano ne ha a disposizione pochi: a Chiasso, in fondo, le prime giornate un po’ così e così erano state messe in conto, qui non si può. Starà alla bravura di allenatore e giocatori velocizzare al massimo i tempi.

Se le squadre di Challenge League poi avevano capito che mettersi in difesa e aspettare la sfuriata della compagine dello spagnolo (che però, con difficoltà offensive, arrivava alla porta e segnava poco), per colpire, ci si augura che non sia lo stesso per quelle di Super League. L’effetto sorpresa è stato infatti alla base dei primi mesi da “Guardiola” vicino al confine. Certamente, poi, Chiasso e Lugano sono squadre diverse, con caratteristiche e problematiche a sé, per cui difficile fare paragoni.

Abascal ha sicuramente le carte giuste per emergere, l’ha mostrato. E quando una caduta pareva fermare la sua carriera, ecco in meno di una settimana il salto di categoria. Che forse avrebbe fatto comunque, dato il corteggiamento di Lucerna e Grasshoppers. Guillermo è un professionista serio, basti pensare che in pochi mesi ha imparato a parlare italiano meglio di stranieri che son qui da secoli, e che addirittura era nelle sue intenzioni studiare il tedesco. Ha voluto integrarsi, allenare nella lingua del luogo, e non è già da tutti.

I suoi allenamenti sono basati spesso su schemi. Bisognerà capire come proseguirà la convivenza con un presidente passionale e coinvolto al 101% come Renzetti. Abascal, infatti, non pensa due volte a lasciare in panchina o addirittura tribuna titolari e anche capitani: se non lavori come voglio io, non giochi. Non esiste un undici di base, con lui. Chi si impegna, chi butta l’anima in allenamento, gioca. E poi dal giorno dopo si ricomincia: a contare è la settimana. Nessuno,  o quasi (perché qualche punto fermo serve), è sicuro. Se un calciatore poi non applica quel che gli ha chiesto, sovente la fase difensiva, che appunto nel suo calcio coinvolge tutta la squadra per poi mandare tutti all’attacco, lo cambia, senza farsi problemi. Sia il bomber o il giovane, e quando gli si chiede come mai, lo spiega, senza nascondersi dietro a giri di parole. Se di solito pochi allenatori parlano dei singoli, preferendo insistere sul concetto di squadra, è successo che lui vedesse muoversi male un suo elemento e lo dicesse, magari senza fare nomi ma facendo capire. Nessuno è al riparo, insomma. O ti impegni e rendi, o non va bene. Nessuno può abbassare la guardia, i leader del Lugano sono avvisati.

Sarà una scommessa, appunto. Ma nel calcio sono belle anche le favole, quella dello spagnolo rosso di capelli che si stava imponendo senza aver mai allenato una prima squadra era di quelle belle da raccontare. Si era interrotta, nel peggiore dei modi con una serie di sconfitte e di sfortune. Riparte, come pochi se lo aspettavano, dalla categoria superiore, da una nuova e immediata possibilità. Ha tempo fino a fine stagione per far innamorare Lugano.
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