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Cronaca
13.04.2018 - 16:220
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:51

"Cassis non dovrebbe occuparsi di questioni di peso per il Paese?" Del Don riflette sul Pride, "ciò che stona è che tutti, in particolare i politici, vogliono salire sul carro dell'occasione"

Per lo psichiatra, "eventi del genere non sono alieni da interessi non dichiarati e non dichiarabili e molti partecipanti sono attirati da una forma di morbosa e/o pruriginosa curiosità. Ognuno è un mondo a parte, soprattutto quando si parla di sessualità: non mi piacciono le bandiere identitarie"

LUGANO – La Settimana del Pride fa discutere. Ce lo si aspettava, ovviamente. Sono temi sempre sentiti, anche prima dell’organizzazione i pareri erano contrastanti. A colpire molti la presenza, oltre che delle autorità cittadine, anche del Consigliere Federale Ignazio Cassis. Di primo acchito, Orlando Del Don era sbottato: “Ma Cassis non ha proprio niente di meglio da fare? Non dovrebbe magari occuparsi di questioni di peso per tutto il Paese?”.

Abbiamo dunque colto l’occasione di parlare con lui, da psichiatra e politico, della manifestazione e di chi sarà presente.

“Quello che stona in tutte queste belle dichiarazioni, intenzioni, parate, feste, proclami, manifestazioni ed esibizioni è proprio il fatto che tutti (in particolare i politici) vogliono salire sul carro dell'occasione propizia, opportunamente agghindato e arredato, per essere sul palcoscenico e usarlo per uno dei tanti motivi opportunistici ed egoistici che possiamo immaginare”, osserva.

“Detto ciò vorrei ancora aggiungere una riflessione, se me lo consente. Non mi piacciono questi raggruppamenti sotto una bandiera identitaria poiché ognuno di noi è un diverso, ognuno i noi (specialmente quando si parla di sessualità) è un mondo a parte, un caso unico, e in quanto tale merita rispetto. Compresa l'eterosessualità nelle sue infinite sfaccettature o l'asessualità o la castità, ecc. Per non parlare poi di tutte le forme di vergognosa discriminazione e/o oblio/emarginazione di altre categorie di cittadini che pure meriterebbero la nostra attenzione ma che non fanno cortei e sfilate e non suscitano quasi mai altrettanto interesse (interessato) da parte di politici e/o amministratori della cosa pubblica”, fa notare, prima di sottolineare che “ tanto per non essere frainteso personalmente non nutro nessun pregiudizio nei confronti dei partecipanti al Gay Pride, e sono amico di molti di loro che apprezzo molto e con i quali vi è un rapporto di reciproca stima. In diverse occasioni li ho anche aiutati, come psicoanalista, a superare conflitti, dolori, delusioni e difficoltà esistenziali. Con tutti loro i rapporti di amicizia e professionali sono sempre stati improntati su un piano di serietà, onestà intellettuale, responsabilità e rigore ... e nessuno ha mai sentito il bisogno di rivendicare i suoi legittimi diritti con cortei, manifestazioni e simili”.

A suo avviso, “queste manifestazioni non sono aliene da interessi non dichiarati e non dichiarabili e molti partecipanti sono attirati da una forma di morbosa e/o prurigginosa curiosità ammantata abilmente da maschere festaiole e di solidarietà posticcia quanto opportunistica. Detto ciò tutti hanno il sacrosanto diritto di manifestare e divertirsi liberamente, e questa è l'unica verità in questa arena dove i politici politicamente ipercorretti non mancano mai”.

A La Regione hanno parlato Badaracco e Borradori. Il primo ha affermato che “bacchettoni e malpensanti possono stare tranquilli: abbiamo chiesto la garanzia che fosse una manifestazione entro i limiti della legalità e della moralità e questo ci è stato garantito. C’è bisogno di queste manifestazioni, c’è una non accettazione strisciante. A Lugano vogliamo una società inclusiva”-

“A Lugano sono benvenuti tutti gli eventi che combattono i pregiudizi, compresa l’omofobia”, ha aggiunto Borradori, parlando di una città “sicura ma non blindata”.

Se nel 2018 c’è ancora bisogno di lottare contro certi pregiudizi, ci permettiamo di aggiungere, forse c’è qualcosa che non va.
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