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16.04.2018 - 13:000
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:43

Pagani, il Consuntivo, le misure sociali, i salari e le Città. "La riforma è un passo per attrarre le aziende che vogliamo. Se passasse il no, ci sarebbero conseguenze sui salari"

Domani ci sarà un dibattito sul tema a Lugano. Il liberale spiega, "per competere il Ticino deve offrire prodotti e servizi ad alto valore aggiunto, per questo servono condizioni fiscale allineate al resto della Svizzera, sbocchi, formazione. Il Consuntivo in nero? Sì, ma i debiti rimangono"

LUGANO – Fonio, Foletti, Zeier e Lepori, riuniti all’Hotel Pestalozzi di Lugano, domani alle 18.30, per discutere della riforma fiscale. L’introduzione sarà di Christian Vitta, la moderazione di Massimiliano Herber. Senz’altro utile per capire i risvolti di un sì e di un no, i motivi delle due posizioni, per chi ancora è indeciso.

Intanto, abbiamo interpellato Giovanni Pagani, rappresentante del PLR nel Comitato per il sì.

Come sono le sensazioni, al momento?
“Bella domanda! La sensazione è che parlando con la gente essa capisca la necessità di evolvere dal punto di vista fiscale e sociale. C’è la volontà di portarsi avanti per modificare il momento del Cantone, di aiutare le persone a conciliare lavoro e famiglia come pure portare e trattenere perosne e ditte che possano creare anche psoti di lavoro. Vedono la necessità di investire non solo nelle scuole bensì anche dalla parte fiscale. Dunque, positive!”

Due Città, Lugano e Locarno, si sono espresse a favore. Contento?
“Fa piacere. Le città in fondo sono confrontate con i problemi degli asili, dei doposcuola, con il dover offrire dei servizi necessari per la popolazione. La riforma votata dal Parlamento va in quella direzione, e in fin dei conti le aziende sono state disposte a pagare”.

Crede che siano favorevoli più per i serviti sociali che per gli sgravi fiscali per le aziende nel loro territorio?
“Ci sono due elementi. Le città sono quelle che vedono che ci sono buoni contribuenti che stanno partendo, anche persone nate e cresciute qui. Fa male. Vogliamo persone che entrano però veder andar via i ticinesi ferisce. La parte fiscale aiuta in un periodo medio-lungo a consolidare il substrato culturale. Poi le città sono confrontate con contribuenti che si fanno sentire dicendo alle autorità che la tassazione va attualizzata”.

Quanto influirà sul voto il fatto che in caso di no cadano le misure sociali? Qualcuno non potrebbe votare solo per salvare quelle?
“È difficile da vedere. Tante votazioni recenti hanno avuto un pacchetto fiscale non per favorire i ricchi, ma per allinearci alla media svizzera. A chi parla di regali ai ricchi, dico che non abbiamo fatto il passo più lungo della gamba, permettendo dumping fiscale, come successo per esempio a Lucerna, bensì vogliamo riallinearci alla media svizzera, un messaggio che è passato. Diverso sarebbe stato se avessimo portato i livelli fiscali a essere davvero bassi, sarebbe stato a quel punto un passo più lungo. Anche i contribuenti si chiedono perché devono pagare più imposte rispetto agli altri Cantoni. Non penso che la popolazione voti sì tappandosi il naso per avere il pacchetto sociale, ma capisca che serve anche un’evoluzione sul lato fiscale”.

Disgiungerle, come vorrebbe UNIA, è dunque strategico?
“Facendo un passo indietro, anche in Parlamento si è discusso se disgiungere o unire. C’era una parte che voleva assolutamente la componente fiscale, un’altra che voleva quella sociale, per trovare un patto si è deciso di farle passare assieme: e tutti erano d’accordo, anche socialisti e destra. Se li avessimo disgiunti non so come sarebbe andata. Non è un ricatto, ma una volontà di progredire nelle due direzioni. Il fatto tra l’altro che le aziende abbiano accettato di pagare mi pare un bell’esempio di collaborazione fra tutti”.

Cosa commenta riguardo al comunicato socialista, che parla di cifre nere macchiate col rosso?
“Le cifre nere sono arrivate da elementi straordinari, per esempio alla Banca Nazionale che ha pagato più soldi, a fondi arrivati dall’amnistia fiscale. Il Cantone ha ancora molti debiti, 2 miliardi, per cui la situazione non è bella. Non è che avendo fatto degli sgravi abbiamo delle cifre positive da utilizzare per la società, è meglio che i Cantoni abbia delle finanze solide per aiutare tutti. Abbiamo un sacco di debiti, è il momento di riportarci in linea. Ora come ora, con un positivo di 80 milioni, restano 2 miliardi di debiti”.

Qualcuno ha malignato sulle cifre del Consuntivo, presentato proprio prima della votazione con 80 milioni di utile…
“Penso che si parli della tempistica. Si potrebbe vederla all’opposto: visto che ci sono delle entrate positive, perché non fare di più per la socialità? Le due cose sono comunque disgiunte. E io direi che se abbiamo dei numeri positivi è perché le manovre precedenti sono state di riduzione delle uscite ma anche di aumento di valore degli immobili, per esempio. Si sta andando nella direzione giusta. La riforma è una tappa in una modifica fiscale e sociale per rimettere in carreggiata il Cantone. Siamo in una situazione con pochissima disoccupazione, se ci sono tanti frontalieri vuol dire che i posti di lavoro sono maggiori della popolazione. Quello su cui dobbiamo lavorare come Cantone è il fare in modo che il tipo di lavoro, e quello delle paghe, siano più elevati possibili. Vogliamo essere una zona di alti prezzi e di alti salari, ma dobbiamo arrivare a sostenere certi stipendi. Non è semplice, lo si fa attraverso la formazione. Nel bene o nel male siamo estremamente legati a quel che succede attorno al mondo, con cui abbiamo scambi commerciali attivi, e dobbiamo confrontarci con essi. Per competere e vendere all’estero bisogna avere gli stessi prezzi, se i salari sono troppo alti non ce la facciamo, come Ticino dobbiamo far sì di avere ditte che offrono prodotti e servizi ad alto valore aggiunto. Se il valore aggiunto è basso vanno abbassati i salari, non è quello che vogliamo. Anche nella riforma c’era la componente di società innovativa, con sgravi importanti per chi investe in queste società per attrarle, dar loro una buona formazione. Questa è una prima tappa per rigirare la tipologia di aziende per far sì che possano offrire posti di lavoro elevati. Non vedo un’altra soluzione per il Ticino”.

Quindi un no avrebbe ripercussioni sui salari per lei, a lungo termine?
“Sul lungo andare sì. Lo scopo sarebbe creare maggior benessere per distribuirlo in modo corretto a tutte le fasce. Vedo questa riforma sia dalla parte sociale che fiscale per richiamare le aziende che vogliamo noi, non quelle che fanno capannoni e basta e portano valori alti via dal Ticino. Abbiamo la Lombardia come mercato di sbocco, abbiamo buone scuole, siamo in Svizzera per cui la sicurezza è buona, la Magistratura anche. Siamo messi bene, sarebbe un peccato non fare il passo anche sulle componenti sociali e fiscali. Gli imprenditori non vengono solo per la parte fiscale, per quelle non saremmo mai in grado di attrarle, siamo nella media. Dovremo attrarre ditte che hanno bisogno di una buona fiscalità, di sbocchi, di scuole, di gente con competenze linguistiche come abbiamo noi. Va creato quel quadro favorevole per chi ci aiuterà a mantenere salari alti”.

Paola Bernasconi
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