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Cronaca
17.10.2015 - 12:330
Aggiornamento: 21.06.2018 - 14:17

«Bellinzona è cambiata, ma la gente no». Anita Banfi racconta uno spaccato di città

Chiude lo storico negozio di frutta e verdura. «Tutto ha un inizio e una fine, mancherà il contatto con la gente. Venivano tutti, dai bambini agli anziani... e a qualcuno ho anche salvato la vita».

BELLINZONA - Da quarant'anni, il negozio di frutta e verdura dei coniugi Banfi, in via Camminata, è un punto di riferimento. Ora la scelta di chiudere, e la brillante signora Anita ci racconta uno spaccato di vita di una Bellinzona che è cambiata attorno a loro. «Siamo forse l'ultimo negozio di alimentari in città. La decisione di chiudere è stata vagliata a lungo. Adesso ho 62 anni e lavoro da 47, ridurrò un po' il ritmo. Lasciamo il negozio, però faremo ancora il mercato e continueremo con la fornitura all'ingrosso».Dopo tutti questi anni, il vostro negozio è un punto di aggregazione... .«Sì, per tutti, dai bambini agli anziani. I bambini quando vanno e tornano da scuola entrano e mi salutano, quando ricevono la pagella me la portano da vedere, gli anziani arrivano perché non riescono ad aprire una bottiglia. Tutto questo mi mancherà, e ci abbiamo pensato quando abbiamo deciso. In ogni caso, devo mettere davanti la mia salute, voglio godermi i miei due nipotini. Mi dispiace comunque per la gente, forse più a me che a mio marito, che è meno socievole: per me il contatto con la gente è vita, senza la gente non potrei vivere. I clienti sono anch'essi tristi, in tutti i sensi, per il negozio e perché verrà a mancare la mia presenza sulla strada. D'altronde, tutto ha un inizio e una fine».Avrà tantissimi ricordi, ci narra qualche aneddoto? Cosa le resterà nel cuore?«Ci sono ricordi belli e brutti. Brutti quando leggo sul giornale che una persona che è venuta fino al giorno prima in negozio non c'è più, è qualcosa che rattrista sempre. Quelli belli sono legati al contatto, il capire che la gente ha piacere di vedermi. Ho salvato anche un paio di persone, interessandomi a loro. Mi sono accorta che mancavano, mi sono informata e in entrambi i casi non stavano bene, una era sotto al letto e una a terra, sono riuscita a far intervenire i soccorsi. Per un'altra, purtroppo, non ho potuto far niente: l'avevo messa a letto la sera, alla mattina trovavo il telefono occupato, ho mandato una vicina a vedere ma purtroppo era già deceduta. Si vedono le mamme incinta, poi i bambini, li si osserva crescere... vediamo un pezzo di vita di tutti!»Come e quanto è cambiata Bellinzona in questi decenni?«È cambiato il modo di muoversi della gente. Una volta le donne stavano a casa, e al mattino facevano la spesa quotidiana. Ora lavorano e vengono solo una volta alla settimana, si perde un po' il contatto. La gente in sé non è cambiata, è sempre cordiale. Bellinzona è una città a misura d'uomo, coi giovani integrati con il resto della popolazione».E forse, da domenica cambierà ancora con il voto sulle aggregazioni... . Cosa ne pensa?«Molti temono di perdere l'identità. Io dico una cosa: sono nata a Daro, ma da quando mi sono sposata non vi ho più vissuto. Quando mi chiedono dove abito e di dove sono, rispondo però sempre che sono di Daro. L'importante è che gli abitanti dei paesi che eventualmente si aggregheranno mantengano vivo il loro essere, il loro appartenere a quella comunità. Sono a favore dell'aggregazione. Ci vorranno degli anni prima che entri in funzione, però si deve pensare al futuro dei nostri ragazzi. Se Daro fosse rimasta da sola, magari sarei addirittura sindaco (ride, ndr), però dove si andava? Oggi come oggi non potrebbe più funzionare».Nel mondo di oggi, quanto è complicato sopravvivere per un negozio come il vostro? «È sicuramente difficile, però se la gestione è familiare è fattibile. Bisogna fare ovviamente dei sacrifici, e devono essere i proprietari a lavorare. Ai tempi da noi c'erano delle commesse, ma era sempre presente qualcuno della famiglia. I costi sociali, gli stipendi del personale pesano, se invece una coppia si mette d'impegno come me e mio marito ce la fa: d'altronde, abbiamo cresciuto tre figli. A una coppia giovane, con buona volontà e un po' di spirito di sacrificio, consiglio questa strada. E ci si ammala anche meno, i commercianti sono meno malati degli altri, perché anche se non si sta bene si fa in modo di farcela, si prende una pastiglia, ci si cura e si va in negozio!»
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