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Cronaca
16.04.2016 - 10:170
Aggiornamento: 21.06.2018 - 14:17

L'EOC, «chiederemo l'assoluzione». Ma rischia fino a 5 milioni di multa

Per il caso relativo ai quattro pazienti che hanno contratto l'epatite C, il nodo è l'articolo 102. Il legale: «non è applicabile a questo caso. E non si tratta di volerla fare franca»

BELLINZONA - L'EOC si oppone alle accuse che hanno portato al rinvio a giudizio dell'intero ente e del suo direttore, per il caso dei quattro pazienti contagiati da epatite C nel 2013. Le accuse parlano di lesioni colpose gravi, subordinatamente di lesioni colpose semplici, e visto che il Ministero Pubblico, che ieri ha diffuso una note, non è riuscito a identificare il responsabile, ha rinviato a giudizio l'EOC stessa, in osservanza dell'articolo del Codice penale svizzero che regola la responsabilità dell’impresa, che recita «se in un’impresa, nell’esercizio di attività commerciali conformi allo scopo imprenditoriale, è commesso un crimine o un delitto che, per carente organizzazione interna, non può essere ascritto a una persona fisica determinata, il crimine o il delitto è ascritto all’impresa. In questo caso l’impresa è punita con la multa fino a cinque milioni di franchi». Non si è fatta attendere la presa di posizione dell'Ente Ospedaliero Cantonale, col suo legale Mattia Tonella. «È un’accusa che noi non condividiamo e alla quale ci opponiamo». Il danno, precisa l'ente, è incontestabile, e i pazienti sono stati risarciti in ambito civile. Ciò che non trova concorde EOC è l'utilizzo dell'articolo 102. In una conferenza stampa di un anno fa, come ribadito a La Regione dal legale ieri, si era infatti specificato che per legge si è obbligati a identificare l'autore di un gesto medico solo per atti chirurgici e non per quelli preparatori, e che dunque il concetto di "carente organizzazione interna" non è applicabile al caso in questione. «Dal momento che non è possibile, non esigibile, regolare fino a questo punto l’identificazione di ogni singolo operatore, l’EOC ritiene che non si possa applicare l’articolo 102. E non si tratta di volerla fare franca», aggiunge Tonella. L'accusa ritiene che, nell’ambito di esami di tomografia assiale computerizzata (Tac) con iniezione endovenosa di un mezzo di contrasto, operatore sanitario che preparava la vena a un paziente in procinto di effettuare l’iniezione dei liquidi di contrasto per la Tac abbia utilizzato due volte un ago, contaminando il liquido e usandolo poi per altri tre pazienti. E vi sarebbero state alcune lacune nel protocollo. L'Ente Ospedaliero Cantonale chiederà dunque l'assoluzione. Rischia fino a cinque milioni di multa, mentre il suo direttore, Giorgio Pellanda, non rischia nulla a livello personale: il suo nome è stato inserito per questioni formali.
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