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Cronaca
14.01.2018 - 15:140
Aggiornamento: 21.06.2018 - 14:17

"Giudicheranno sulla testimonianza di una sola ragazza: così, ogni docente rischia". Per Tuto Rossi, al docente è stata tesa una trappola

Continua a far discutere la vicenda del professore accusato di battute fuori luogo a Bellinzona. Intanto probabilmente rimarrà in malattia sino a fine anno scolastico, quando andrà in pensione. Ma intanto si discute su come i professori debbano rapportarsi coi ragazzi: niente amicizia, e il lei per le distanze

BELLINZONA – Gli hanno teso una trappola. Ne è sicuro Tuto Rossi, legale del docente 62enne del liceo di Bellinzona finito sotto inchiesta, ed ora in malattia, dove presumibilmente rimarrà sino alla fine dell’anno scolastico quando andrà in pensione.

Cosa è successo? Secondo il Caffè, l’uomo aveva già avuto degli ammonimenti anni fa, poi tutto era proseguito senza intoppi sino alla denuncia di una ragazza alla direzione per frasi sessiste e sopra le righe. La direzione del Liceo ha trasmesso la denuncia all’Ufficio dell’insegnamento medio superiore (Uims), il cui direttore Daniele Sartori ha convocato il giorno stesso la ragazza, sentendola insieme a Giorgio Franchini, capo della Sezione amministrativa del Dipartimento dell’educazione, della cultura e dello sport (Decs) e Chantal Giavera, giurista. Il docente, convocato all’improvviso, ha faticato a difendersi, trovandosi di fronte a una situazione che lo trovava impreparato e basito.

"La decisione del Decs si baserebbe sulla testimonianza di una sola ragazza, mentre buona parte degli altri allievi lo difendono. Con questi metodi d’inchiesta qualsiasi insegnante in Ticino deve sentirsi a rischio", spiega Rossi.

Ma questo caso è l’occasione anche per riflettere sui rapporti fra docenti e allievi. Zeno Casellla del SISA ripropone l’idea di aprire uno sportello di ascolto, dato che a suo avviso le segnalazioni non vengono ascoltate.

“Se fai il tuo lavoro con serietà, ti presenti come una figura autorevole, allora diventa molto più difficile cadere in situazioni ambigue", spiega una docente del Cpc di Locarno. Evitare l’ambiguità è la questione più importante. Daniele Bianchetti, direttore della Scuola media 1 di Locarno, sostiene che "l’adolescente non reagisce come un adulto, non ha gli stessi strumenti", dunque diventargli amico o mettersi al suo livello è un autogol.  Calcolando, aggiunge, che il docente è solo e il giovane ha l’appoggio della classe.

Il settimanale ha intervistato anche Giovanni Galli, psicopedagogista,il quale è convinto della necessità di tenere le giuste distanze da parte degli allievi: indispensabile il lei, bisogna fare attenzione al linguaggio, non usarne uno vicino a quello dei social per sentirsi più vicin iai ragazzi, per esempio. E guai, appunto, a diventare loro amici (pensa la stessa cosa dei genitori, un tema complesso…).
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