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Cronaca
03.06.2018 - 22:040
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:51

La crisi di OVS, "credo che si chiuderà. Alla gente non piaceva che la ditta fosse italiana. Ma ci hanno sempre trattato bene, e tutti si sono impegnati, capi compresi"

Una commessa smentisce quanto affermato da Unia. "Non ho nulla da rimproverare a OVS, abbiamo sudato tutti insieme e abbiamo fatto il possibile. Ci è stato detto di andare al lavoro finché c'è, però non si sa sino a quando. Fa male, però abbiamo dato tutto e l'entrata di OVS era l'ultima spiaggia"

BELLINZONA – La crisi di OVS, vista da dentro. Una commessa (nome noto alla redazione) ci racconta, “non sappiamo cosa sarà del futuro”. Ma smentisce le condizioni lavorative difficile, ed anzi elogia anche i capi. Ha vissuto tutta la sua vita lavorativa presso prima Vögele e poi col passaggio ad OVS.

Che differenze hai notato dopo il passaggio?
“Ci sono state parecchie differenze, sia positive che negative. Vögele era un marchio molto svizzero tedesco, si vedeva nell’abbigliamento, ad alcuni clienti piaceva, si trovavano bene con le taglie forti, il materiale era molto. OVS ha una merce diversa, un po’ più ricercata, con moda italiana, taglie più piccole, i modelli sono diverse, particolari. Alcune cose si assomigliavano, altre meno. A livello lavorativo non ho notato differenze, le condizioni lavorative sono sempre state positive, ci hanno sempre trattato bene. Quando è cambiato in OVS il mio stipendio è rimasto lo stesso, anzi mi hanno anche aumentato la percentuale perché c’era più lavoro. Poi piano piano è scesa e siamo così...”

Ecco, siamo così. Cosa sta succedendo?
“Ci hanno detto che non si sa se si chiude e quando, non ci hanno detto assolutamente niente, solo di andare a lavorare finchè c’è. Sono stati onesti, lo sono sempre stati con noi, anche quando eravamo Vögele di era stato detto che non funzionava più. Meno male è arrivata OVS, sennò un anno fa avevamo già chiuso: o arrivava qualcun altro o si chiudeva, non c’erano altre possibilità”.

Credi che chiuderete?
“Sì, non vedo la situazione positiva. Penso che OVS fosse l’ultima spiaggia, hanno messo tutto l’impegno in questo progetto ma non è andata nemmeno così. Non credo che ci siano altre possibilità”.

Da quanto tempo la gente è diminuita?
“Già da un pezzo. Abbiamo fatto bene i primi mesi poi è andato tutto a calare. Vedo gente pessimista, che quando scopriva che la ditta era italiana storceva il naso. Questo fatto non è piaciuto sin dall’inizio. Venivano inizialmente per curiosità poi più. Noi abbiamo continuato a servire i clienti dall’inizio alla fine, se volevano, anche se in OVS Italia non è richiesto, mentre con Vögele c’era. L’abbiamo mantenuto perché ci tenevamo, ci era stato consigliato di continuare a farlo e nella nostra filiale abbiamo scelto di farlo. Dunque non è una questione di clienti non seguiti, assolutamente. O non si sono trovati bene o non piaceva il fatto che la ditta era italiana”.

Unia ha parlato di lacune nelle condizioni lavorative. Le hai vissute?
“Assolutamente no, anzi noi dipendenti della nostra filiale siamo passati al tempo quasi pieno, prima eravamo a ore. Parlo per noi, non c’è nulla da dire. Non so se sia successo qualcosa ai piani alti, so che hanno cambiato un po’ di persone nella base centrale, a livello di capi regionali”.

Ma ora stai già pensando al futuro?
“Ci è stato detto di guardarci in giro. Non è facile andare a lavorare così, io resto comunque positiva, non si sa mai. Se trovo qualche altro posto, però lascio la barca, per forza. Abbiamo tenuto duro finché abbiamo potuto, tutti quanti. Abbiamo dato il nostro meglio, anche quando c’è stata la riapertura con la ristrutturazione del negozio fatta in due mesi, compresa la logistica e il magazzino che aveva un sistema del tutto diverso fra Vögele e OVS. Non abbiamo nulla da rimproverarci, ci abbiamo messo tanto impegno, infatti fino a un certo punto tutto è andato bene, poi non c’è stata più gente. E ce n’è poca in giro, non spende come una volta”.

Mi pare di capire che non rimproveri nulla neppure ai tuoi capi e a OVS in genere…
“No, proprio no. Ci siamo impegnati tutti, l’ho visto sempre. Gli architetti hanno svolto lavori non da architetti, hanno fatto le pulizie, i capi lo stesso. Abbiamo sudato tutti”.

Forse cosi fa ancora più male, vero?
“Fa male, per chi ci lavora da tantissimo tempo. Hai fatto una vita lì, io sono cresciuta dall’apprendistato in poi in quel negozio e i colleghi sono impiegati da più di vent’anni. Cosa ne pensano? Come me, sanno che abbiamo fatto il possibile”.

Paola Bernasconi
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