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06.12.2018 - 12:220
Aggiornamento: 13:17

Argo, carenze amministrative sì, corruzione no. Il PG spiega perchè

In una conferenza stampa Andrea Pagani ha segnalato come non sono emerse tracce di un interesse per i funzionari a favorire Argo: "scelta comunque in base a impressioni superficiali e soggettive"

BELLINZONA – Le otto righe atte a annunciare i decreti di abbandono per i Scheurer, Blotti, Sansonetti e Grillo avevano sollevato molte domande. Per tanti, un caso come Argo1, che aveva sollecitato la politica per mesi e su cui molti dubbi ancora non sono stati chiariti, una semplice nota era troppo poco.

Stamattina si è svolta una conferenza stampa per assecondare la voglia di saperne un po’ di più. I decreti di abbandono sono stati intimati ieri alle parti e nessuno, compreso il Governo, che era accusatore privato, ha avuto da ridire.

Diversi elementi, a partire dal fatto che Argo non avesse i requisiti e l’esperienza necessaria per ottenere quel lavoro, l’assenza di un concorso e di una risoluzione governativa, avevano fatto temere che esistesse della corruzione. Il PG Andrea Pagani ha dichiarato che “per dirla con un termina all’italiana il fatto non sussiste per quanto attiene i reati di corruzione. E questo lo possiamo affermare sulla base del lavoro d’inchiesta che ha portato a svolgere a carico degli indagati perquisizioni bancarie, l’esame della documentazione fiscale, l’analisi della posta elettronica, il sequestro di documenti a seguito di perquisizioni a domicilio. Inoltre sono state interrogate cinque persone, tra le quali anche chi adombrava il dubbio che potessero essere girate mazzette. Ma anche chi ha agitato tali sospetti ha ammesso che gli stessi non erano corroborati da alcunché di oggettivo”.

Ci sono state, rimarca, carenze di tipo amministrativo, che però non riguardano la parte penale, e dunque il suo lavoro. “La scelta di Argo 1 è avvenuta in base a impressioni superficiali e soggettive, è stata sottovalutata l’impreparazione della nuova società e l’economicità dei costi, che dovevano apparire come difficilmente sostenibili.”, ha aggiunto.

Però, , "l’inchiesta ha appurato che i funzionari non avevano interessi in gioco, neppure per quanto attiene l’ipotesi di sfavorire i concorrenti di Argo. Quando hanno agito, nel 2014, pur in violazione di determinate norme, erano convinti di lavorare a favore degli interessi del Cantone, non contro: ingaggiando una società che costava meno, pensavano di fare del bene allo Stato stesso. Quindi non è possibile, in assenza di movente, riscontrare un loro comportamento doloso”. Anche perché “come prescrive una sentenza del Tribunale Federale di circa un anno fa, non basta per perseguire il reato di infedeltà nella gestione pubblica un comportamento del funzionario pubblico sconveniente o inqualificabile, ma ci vuole una violazione che scuota profondamente e considerevolmente la fiducia del cittadino nell’imparzialità e nell’integrità della pubblica amministrazione. Inoltre è necessario che sia provata l’intenzionalità di violare la legge”.

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