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Cronaca
30.09.2019 - 13:120

Contratti e bonifici fasulli, paghe taglieggiate, stipendi italiani, il terrore di perdere il posto: così sfruttavano gli operai

La Consonni per almeno otto anni si è comportata in modo scorretto verso i suoi dipendenti, sovente personale poco qualificato, che non sapeva dell'esistenza dei CCL. Invece di 1,5 milioni, sono stati pagato 900 mila franchi

LUGANO – Il caso di mala edilizia più grave mai denunciato in Ticino (dal sindacato OCST) ma forse addirittura in Svizzera avrà il suo epilogo in un’aula di tribunale. Alle Assise criminali di Lugano sono a processo sette persone collegate alla Consonni, con particolare attenzione ai ruoli dell0imprenditore a capo della società, del capocantiere, l’'uomo dei conti’, del direttore amministrativo e del dipendente della fiduciaria che gestiva le ‘cose’ della ditta.

In pratica per svariati anni, dal 2008 al 2016, la ditta assieme ad altre consorziate ha avuto diversi appalti appetibili (si parla per esempio del Kurhaus di Cademario per la modernizzazione di alcune stanze, anche però della Svizzera Interna, dell’Italia e addirittura del Principato di Monaco), per un totale di circa 27 milioni di franchi. I salari dovuti ai dipendenti sarebbero stati di 1,5 milioni di franchi, ma ne sono stati versati solo circa il 60%, ovvero 900mila franchi.

Dunque le accuse sono di usura e falsità in documenti. A essersi viste taglieggiate le paghe sono stati almeno sette operai.

La ditta assumeva sovente personale con poche qualifiche, che veniva sfruttato, grazie anche al fatto che in pochi conoscevano l’esistenza dei CCL e alle minacce di perdere il lavoro.

Spesso veniva fatto firmare un contratto a tempo parziale, con relativo stipendio, mentre in realtà si lavorava a tempo pieno se non di più. Qualcuno doveva restituire parte di quanto incassava. Ad altri venivano inviati bonifici fasulli, ovvero figurava una cifra ma ne ricevevano un’altra. peraltro, nonostante si lavorasse molto sul territorio svizzero, venivano applicati salari italiani.

Per anni, si è andati avanti così. Nell’ottobre del 2016, finalmente, qualcuno ha contattato l’OCST, che ha portato il caso alla luce del sole e poi in Procura.

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