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Economia
01.03.2018 - 22:310
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:43

L'esperto dell'IRE, "la situazione del mercato del lavoro in Ticino è buona, con un tasso di disoccupazione simile agli inizi degli anni 2000. Vi spiego perché tutti vedono nero..."

Davide Ansaldi analizza i dati secondo cui nel secondo trimestre del 2018 il tasso di disoccupazione scenderà al 2,4%. "Diminuirà la disoccupazione e aumenteranno i posti di lavoro. L'insicurezza deriva dal fatto che il mercato è cambiato. Assistenza? Il Ticino è sotto la media svizzera secondo i dati che abbiamo"

BELLINZONA – Secondo l’IRE, che si basa sulle proiezioni SECO, la disoccupazione in Ticino dovrebbe scendere al 2,8% nel secondo trimestre del 2018, contro il 3,4% del quarto trimestre del 2017, e vi sarebbe una forte diminuzione dell’effetto stagionale, di ben il 25%. Ma allora perché a tutti la situazione del lavoro nel nostro Cantone appaiono disastrose?

Opinione Liberale, che uscirà domani, ne ha parlato con il responsabile PenelCODE dell’IRE, Davide Ansaldi. “Come ricercatori e economisti di solito tendiamo a definire positive situazioni caratterizzate da un aumento e un’espansione dei posti di lavoro e da una contemporanea riduzione della disoccupazione”. Due fattori che saranno entrambi registrati in Ticino: i posti di lavoro aumentano, e la disoccupazione, sia secondo i dati ILO che quelli SECO, scende. “Anche le industrie ticinesi paiono molto positive per il resto dell’anno”, spiega Ansaldi.

Il valore di 2,4% di disoccupazione è “molto basso, simile a quello registrato solo agli inizi degli anni 2000”. Ricorda che è comunque una stima. Disoccupazione e posti di lavoro non sono gli unici parametri utili per determinare come va un mercato, vi sono anche la pressione competitiva (ovvero quante persone sono disponibili a svolgere un certo tipo di lavoro e a che prezzo), alla capacità di inclusione dei soggetti meno produttivi e di remunerazione di quelli più produttivi.

Ma come detto, economisti e ricercatori tengono in considerazione i due parametri citati. In ogni caso, che cosa fa vedere tutto nero nel mondo del lavoro ticinese? Per Ansaldi, “la percezione di insicurezza deriva probabilmente dal fatto che la realtà è ben differente rispetto a un decennio fa dove alcuni settori dell’economia potevano garantire salari elevati anche per attività standardizzate. La velocità e le caratteristiche del mercato del lavoro si sono ulteriormente modificate nel corso degli ultimi anni e il Ticino non è esente da questo trend strutturale”. Dunque, sono i cambiamenti e la perdita di punti di riferimento: fra le modifiche più importanti, vi sono il tempo parziale, la flessibilità, la polarizzazione della task richieste, la maggior mobilità lavorativa (si cambiano più spesso datori di lavoro).

Tendenze che per l’esperto non si deve cercare di cambiare, ma piuttosto serve fornire alle persone gli strumenti per cavalcarli. Prevede che la digitalizzazione acceleri ancora il tutto, e “non esistono ricette semplicistiche o che richiedono poco impegno per la risoluzione dei problemi connessi”.

Spesso si dice che la disoccupazione cala perché molti poi, esaurite le indennità, sono costretti a ricorrere all’assistenza. IRE non ha a disposizione dati precisi, in quanto sono sociali e non economici, e si può basare solo sull’indicatore aggregato di quota di aiuto sociale finanziario, che rappresenta la quota dei beneficiari che hanno percepito una prestazione finanziaria nell’anno di rilevazione sull’insieme della popolazione residente permanente: “negli ultimi anni indica un valore in Ticino inferiore rispetto alla media svizzera. Chi è in assistenza poi rientra nella disoccupazione ILO”. Ansaldi fa notare come si può essere in assistenza pur lavorando (purtroppo, aggiungiamo), e che un recente studio ha mostrato che ad averne bisogno sono soprattutto persone con basso livello culturale.
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