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Economia
01.07.2018 - 13:000

La Lombardia vuol "riprendersi" i frontalieri con un nuovo disegno di legge. Ma in Ticino nessuno trema, "difficilmente potranno permettersi i nostri stipendi e le nostre condizioni"

La Confartigianato ha dato il suo via libera a "Aree di confine", che cerca di "avvicinare il più possibile il livello salariale tra Ticino e aree entro i 20 chilometri". Edilizia, ristorazione e sanità si troverebbero in difficoltà se funzionasse, anche se tutti sono scettici

VARESE – La manodopera “scappa” in Ticino. E la Lombardia sa di dover fare qualcosa. La Confartigianato,  una delle organizzazioni imprenditoriali con maggior peso politico, di Como e Varese, di conseguenza ha detto sì a un progetto di legge che si chiama "Aree di confine".

Lo scopo lo spiega al Caffè Davide Galli, ingegnere e presidente di Confartigianato Como. “La nostra idea  è quella di avvicinare il più possibile il livello salariale tra Ticino e aree entro i 20 chilometri dalla frontiera. Magari non si colmerà interamente il gap tra nuovi stipendi italiani e quelli svizzeri, ma tenendo conto di una serie di fattori, come gli orari e la mobilità, per molti frontalieri potrebbe essere più vantaggioso tornare a casa". Magari abbinando anche dei corsi di riqualifica e tenendo conto che i frontalieri hanno spesso una lunga strada da percorrere per andare al lavoro da noi.

Ma che conseguenze potrebbe avere tutto questo per il Ticino? I settori che impiegano il maggior numero di frontalieri, ovvero ristorazione, edilizia e sanità, si troverebbero in difficoltà. Nell’edilizia, si parla del 60%!

"Se da un giorno all’altro sparisse tutta la forza lavoro straniera beh, saremmo nei guai”. ammette Paolo Sanvido, presidente del Cda dell’Ente ospedaliero al Caffè. “Senza contare quelle figure professionali che non riusciamo a soddisfare col mercato del lavoro ticinese".

In ogni caso, nessuno crede realmente che l’Italia possa “portar via” i frontalieri. “Il contratto di lavoro della nostra categoria offre molte garanzie. A cominciare dai salari: per chi non ha una formazione partono da 3’400 franchi al mese. Chi può garantire un tale stipendio in Italia?", si chiede Massimo Suter di GastroTicino.

Gli fa eco Nicola Bagnovini per l’edilizia. In Italia nessuno potrebbe permettersi gli stipendi ticinesi, e “inoltre, dubito che il mercato del lavoro in Italia riesca ad assorbire molta manodopera, non dimentichiamo che le imprese italiane fanno fatica a tirare avanti, soprattutto quelle che hanno a che fare con l’ente pubblico, che impiega mesi e mesi prima di saldare le fatture".
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