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Sanità
22.03.2017 - 13:080
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:43

Sette giorni, sei diagnosi, igiene e comportamenti che non convincono. "Non ci fidiamo più della sanità, ma se ti pieghi in due dal dolore cosa fai?"

Una lettrice racconta il calvario della figlia, dall'Italiano al Civico. "L'hanno mandata da un ospedale all'altro in ambulanza, scrivendo che veniva dimessa in buone condizioni" E la morfina...

LUGANO – Malasanità? Forse è una parola forte, ma certamente ci sono storie, vissute ogni giorno, sentite raccontare da amici e conoscenti, che qualche volta fanno porre interrogativi sulla sanità, da molti definita un fiore all’occhiello della Svizzera.

A scriverci è una lettrice (nome noto alla redazione), indignata e arrabbiata con l’EOC.

La vicenda riguarda la figlia, poco più che vent’enne, che una decina di giorni fa inizia ad accusare forti dolori. È sabato, e la madre la accompagna all’ospedale Italiano. Mancano pochi minuti alle 13, il Pronto Soccorso è praticamente vuoto, ma la giovane deve aspettare un paio d’ore prima di essere visitata. I medici finalmente si accorgono della sua condizione e dicono alla madre, “ma non si è accorta che sua figlia è da Pronto Soccorso?”.  In effetti, era lì da un paio d’ore..

I dottori ritengono sia necessario trasportarla al Civico, che appartiene sempre all’EOC, per una TAC specialistica. Lo fanno con un’ambulanza, e ciò che sconcerta la madre, che ci mostra il foglio, è che il medico (di cui la redazione conosce il nome) le scrive nel foglio di dimissioni che “è in condizioni generali buone. La paziente è stata informata sul comportamento nella continuità delle cure”. Probabilmente si tratta di una formalità quando si dimette un paziente, perché la ragazza in realtà non sa che cos’ha.

E prima di scoprirlo le ci vorranno sette giorni di ricovero al Civico e analisi varie. Le diagnosi si susseguono, in una settimana sono sei, addirittura si crede abbia un’ischemia, idea spaventosa in particolare relativa a una persona giovane, poi per fortuna i medici trovano il problema e la cura. La giovane viene dimessa dopo una settimana, e sta proseguendo le cure a casa.

Ma la madre è furibonda. Non sono tanto per le varie diagnosi che sono state portate durante il ricovero, anche se si è passati da varie patologie poco collegate fra loro (la redazione conosce le varie diagnosi ma per salvaguardare la privacy della paziente abbiamo deciso di non riportarle, ndr), bensì per diversi atteggiamenti visti durante quei giorni difficili.

L’ha sconcertata, per esempio, vedere due medici litigare di fronte alla paziente. Alla figlia è stata somministrata morfina per i dolori, e alla richiesta di spiegazioni della mamma, non c’è stata risposta.
E la nostra interlocutrice contesta anche l’igiene del Civico. “A un’infermiera è caduto un oggetto (medico, ndr) per terra, lo ha raccolto con i guanti e rimesso dove era prima”.

Mostra con rabbia il foglio di dimissioni dall’Italiano dove la ragazza viene definitiva in buone condizioni… invece le ci vorranno sei diagnosi per arrivare a quella definitiva!

Chiediamo a madre e figlia come si sentono ora verso la medicina ticinese: “disgustate”. Vi fiate ancora? “No, ma se ti pieghi in due dal dolore, cosa fai?”.
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