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Sanità
11.10.2017 - 16:420
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:43

La battaglia di Giovanni Merlini, "la malattia cambia i ritmi, diventano quelli ospedalieri. La paura? La esorcizzavo con l'ottimismo. Ma nonostante il sostegno, sei solo a combattere"

Il politico PLR è affetto da una rara patologia del sangue: a un certo punto senza un trapianto di cellule staminali gli davano un paio d'anni di vita. Gliele ha donate il fratello Fabio. "La diagnosi? All'inizio l'ho rifiutata, mi sentivo ancora forte. Poi..."

BELLINZONA - Quando la malattia entra nella vita e la sconvolge, la tua e quella dei familiari. La diagnosi è nefasta, fa paura, e l’unica speranza è trovare un donatore, anche se non è semplice reperirne uno compatibile. Poi trovi tuo fratello, e il trapianto di cellule diventa un atto d’amore familiare, capace di ridonare vita.

Giovanni Merlini è un politico di punta del Partito Liberale, e da vent’anni conviveva con una malattia del sangue. Poi mutazione genetica ha fatto degenerare questa patologia in una osteomielofibrosi, i farmaci non hanno avuto l’effetto desiderato. E è iniziato il dramma, che il liberale racconterà questa sera a Locarno, e ha anticipato, con parole toccanti, a liberatv.ch.

“L’unica alternativa per salvarmi era il trapianto di cellule staminali. Senza questo intervento mi avevano dato un paio d’anni di vita”, spiega. “Come ho vissuto la diagnosi? All’inizio con una classica reazione di rimozione. Perché in quel momento mi sentivo comunque ancora forte e mi illudevo di poter continuare a fare tutto quanto avevo sempre fatto. Ma presto mi sono dovuto ricredere. Ho dovuto accettare la situazione per quel che era e cominciare a combattere”.

Se le cellule le dona un familiare è più facile non incorrere in complicazioni e rigetti: la famiglia si è subito mobilitata, la sorella non è risultata compatibile mentre il fratello Fabio sì. Però, narra Merlini, la malattia è un percorso di solitudine. “Nonostante l’aiuto, il conforto, il calore della moglie, della famiglia e degli amici, sei solo nel combattere la malattia. Devi tirar fuori da te stesso le forze necessarie. Se da un lato è determinante e prezioso il sostegno dei tuoi cari, dall’altro è una battaglia che devi affrontare da solo, con la tua testardaggine, il tuo coraggio…“.

E c’è la paura. “Ho sempre cercato di esorcizzarla con l'umorismo. Inoltre c’è il senso di fragilità che ti assale nei momenti in cui ti accorgi che fai fatica. E allora devi sopperire con lo spirito quando il fisico non ti sorregge più. Avverti forte il senso della precarietà. Ti senti sempre appeso a un filo. E in questo modo cambiano radicalmente le priorità e la scala dei valori”. Infatti, una giornata senza dolori diventa un giorno regalato, e tutto il resto, compresa la politica, si relativizza. “La malattia ti obbliga a fermarti di colpo. E i ritmi diventano quelli ospedalieri, con tanti mesi di "reclusione" e di isolamento dal mondo esterno: hai molto più tempo per la riflessione introspettiva”: insomma, non quelli frenetici di Palazzo Federale.

La passione c’è sempre, però sdrammatizzando, prendendo un certo distacco dalle cose.
Merlini è stato a lungo assente dalla vita pubblica, ora sta bene, ma sottolinea che nel suo caso si parla di remissione della malattia  e non di guarigione. A ogni controllo c’è la paura, pur se tutto al momento è positivo.

L’amore familiare, il coraggio (“ciò che non uccide fortifica”, cita Nietzke), la ricerca: Giovanni Merlini ha riportato un’importante vittoria sul mostro della malattia. E raccontando la sua esperienza certamente potrà dare speranza ad altre persone.
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