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Cronaca
16.09.2015 - 09:000
Aggiornamento: 21.01.2022 - 14:40

«Non sarà l'accordo fiscale a far diminuire i frontalieri»

Continua a far discutere l'intesa fiscale con l'Italia. Regazzi: «Rinegoziamo, così ci dobbiamo accontentare delle briciole». Ma attenzione a non penalizzare troppo i frontalieri, soprattutto sul breve termine.

BELLINZONA - 400 milioni di franchi, forse anche 600, di guadagno per l'Italia, solamente le briciole, ovvero 15 milioni, per il Ticino: sono le cifre stimate da Marco Bernasconi, conosciute già da inizio marzo (lo aveva detto a un incontro tra Fisco e fiduciari Giordano Macchi, vicedirettore della Divisione delle contribuzioni, ribandolo poi in tv), che scaturirebbero dall'accordo fiscale con l'Italia. «O si rinegozia il trattato vigente in vista di un risultato equo, oppure è meglio lasciar perdere, perché al momento, e lo attestano i numeri, i vantaggi sul piano fiscale sono quasi esclusivamente per le casse dello Stato italiano. Il Ticino dovrebbe accontentarsi delle briciole. Non va bene», è chiaro Fabio Regazzi a La Regione, secondo cui il dumping si combatte però con altre vie, come l'introduzione dei salari minimi. Ma attenzione, sottolinea, a penalizzare troppo i frontalieri, di cui l'economia ticinese non può fare a meno. Sulla stessa posizione il direttore della sezione ticinese della Società svizzera impresari costruttori Nicola Bagnovini. «Se non ci fossero, potremmo chiudere domani mattina. Vi facciamo capo perché non troviamo sufficiente manodopera indigena per diverse professioni: attualmente in Ticino è occupato nella costruzione solo il 12 per cento di svizzeri». E il nuovo accordo non dovrebbe penalizzare, a suo avviso, il settore. «Mi pare che si parli soprattutto di quanti soldi andranno all’Italia e di quanti alla Svizzera. La questione però è più complessa» fa notare il direttore della Camera di commercio (Cc-Ti) Luca Albertoni, il quale è contrario a sua volta a una soluzione che penalizzi i frontalieri sul breve termine senza ragionare a lungo termine. E i sindacati? «Ma davvero qualcuno pensa che, con la situazione drammatica in cui versa l’Italia, un frontaliere non verrà più a lavorare in Ticino perché paga più imposte?», chiede il segretario regionale di Unia Enrico Borelli, sempre interpellato da La Regione, definendo quello dell'accordo fiscale un dibattito assurdo che «fa credere che con misure di questo genere si risolvano i problemi del mercato del lavoro. Invece non si risolve nulla. Anzi, potrebbe addirittura acuirsi una serie di problematiche, perché i frontalieri accetteranno ancora maggiori discriminazioni».Meinrado Robbiani, segretario cantonale di OCST, ritiene che il Ticino non sia coerente. «Si è sempre chiesto che i frontalieri venissero tassati come gli altri lavoratori italiani. E ora ci si lamenta...». Il fattore fiscale non è secondo lui determinante, semmai sarà importante l'evolversi del mercato occupazionale italiano.
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