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Cronaca
04.05.2016 - 09:340
Aggiornamento: 21.01.2022 - 14:40

Utile, congelato, discriminatorio: le varie facce del casellario giudiziale

La misura ha permesso di respingere 33 richieste di permesso a Berna non decidono, mentre l'Italia insiste: «toglietelo assieme all'albo antipadroncini o non firmeremo l'accordo»

BELLINZONA/BERNA - Berna non decide, in Ticino funziona, l'Italia lo contesta. Il casellario giudiziale, che da un anno il Ticino chiede, assieme al certificato dei carichi pendenti (quest'ultimo ora non viene più richiesto), per decidere se concedere o rinnovare permessi B e G. In 13 mesi i permessi negati grazie al casellario sono stati 33, mentre quelli concessi (ex novo o rinnovati) 17.276. Sono i dati del dossier che Norman Gobbi, colui il quale ha voluto la misura, ha presentato ai colleghi di Governo, che oggi li discuteranno. I numeri fanno dire al ministro leghista che la misura non è troppo discriminante, però ha fatto sì che 33 casi che non soddisfacevano i requisiti minimi o presentavano fattori negativi latenti si vedessero negare il permesso: «si è potuto impedire il rilascio/rinnovo a persone con gravi precedenti penali e potenzialmente pericolose», dichiara Gobbi. In 10 casi è stato proposto un ammonimento, 9 persone invece hanno rinunciato, mentre le domande non ancora evase sono 72. Ieri il casellario era al centro dell'attenzione anche a Berna, dove la leghista Amanda Rueckert e il pipidino Maurizio Agustoni hanno illustrato e difeso la decisione Parlamento con la quale si chiede di rendere sistematica sul piano nazionale la richiesta dell’estratto. «Abbiamo posto l’accento sulla questione del casellario molto sentita a sud delle Alpi per motivi di sicurezza ma potenzialmente interessante per altri Cantoni di frontiera. Naturalmente siamo consci che a Berna la questione sarà trattata con un respiro più federale, e alla luce delle molteplici dinamiche con l’Unione europea», ha spiegato Rueckert al Corriere del Ticino, mentre Agustoni ha svelato come siano state poste diverse domande in merito alla conciliabilità della misura con i negoziati con l'UE per l'applicazione del 9 febbraio. La Commissione delle istituzioni politiche ha deciso di congelare il dossier, come ha sottolineato il liberale Fabio Abate, che ne è membro, perché non c'era la maggioranza per farla passare e perché si vuol capire se da altri fronti, come il voto in Gran Bretagna, arriveranno indicazioni utili. Un dubbio sarebbe anche come implementare la richiesta a livello nazionale. A Berna non hanno mai visti di buon occhio l'idea, che Gobbi ha sempre difeso parlando di sicurezza. Viene ritenuta un intralcio alla firma dell'accordo fiscale con l'Italia, e Ueli Maurer ha addirittura proposto un indennizzo economico in cambio di un abbandono. L'Italia lo ritiene discriminatorio, assieme all'albo antipadroncini, e lo ha ribadito ancora una volta ieri Marco Del Panta Ridolfi, nuovo ambasciatore italiano a Berna, nell'incontro con l'intero Consiglio di Stato. «Consideriamo la richiesta del casellario de facto discriminatoria verso gli italiani», ha detto, e dell'albo ha aggiunto che le norme «valgono anche per le imprese ticinesi, però di fatto è ovvio che per un italiano è molto più difficile soddisfare queste prescrizioni che per un operatore economico ticinese». Ha ammesso che la grande presenza di frontalieri (in aumento dello 0,3% rispetto alla fine del 2015) può causare tensioni ma ha anche ricordato che essi contribuiscono al benessere economico del Cantone. L'accordo fiscale? Renderebbe meno attrattivo il fatto di lavorare in Svizzera, ma nella Penisola non intendono firmarlo finché non verranno eliminati casellario e albo. Il Consiglio di Stato ne parlerà probabilmente oggi.
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