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Cronaca
02.10.2017 - 14:570
Aggiornamento: 21.01.2022 - 14:40

"Si arriverà alle bombe. I catalani sono sempre più convinti, questa è la prova che reprimendo una causa non si fa che renderla più forte. E quando Bignasca era indipendentista..."

Luciano Milan Danti, da sempre attento ai movimenti per l'indipendenza, commenta il caso della catalogna. "L'UE è come uno zombie, la Spagna andrebbe espulsa, è assurdo reprimere a manganellate una causa democratica". Mentre nel resto d'Europa, in Italia e da noi...

BELLINZONA – Per chi da sempre segue con interesse i movimenti indipendentisti, sperando che un giorno anche in Ticino uno di essi possa prevalere, pur sapendo che è un sogno quasi impossibile, gli eventi in Catalogna segnano un passaggio importante. Luciano Milan Danti, con la sua Lega Sud, aveva provato a parlare di temi quali autodeterminazione, e adesso commenta con noi il fine settimana spagnolo.

“Invidio il popolo catalano per la sensazione e la certezza che hanno, quella di essere un popolo vero che porta avanti una causa. Hanno vinto, per me, ciò che potevano vincere, hanno una lingua, una cultura e lottano per questo”, esclama, prima di tutto. 

Ma col Ticino non ci sono analogie, oppure lei ne vede?
“Come sud leghista, ritengo che sia ridicolo fare dei paragoni col Ticino: ci sono altre dimensioni, prima di tutto. Io oltretutto vedo il Cantone come un comune lombardo indipendente, non ha una vera identità propria, essa è lombarda, dunque un Ticino indipendente farebbe ridere. Ma con Giuliano Bignasca non era un’ipotesi così folle, pensiamo al blocco stradale! Berna mobilitò pure l'esercito, per quest blocco. Ricordo i suoi strali, quando fino a inizio anni 2000 con le sue uscite romantiche e carine diceva che il Ticino doveva diventare una sorta di nuovo Liechtestein, avere una propria economia, essere una Montecarlo Alpina, chiamandosi Repubblica delle Alpi, con capitale Lugano”.

Ci faccia capire, per lei Giuliano Bignasca era un indipendentista?
“Fondamentalmente lo era. Inizialmente la Lega dei Ticinesi a mio avviso era quello, anche se ora si è fatto di tutto per cancellare queste memorie. Bignasca poi ha visto che non era realizzabile per cui ha trovato altre strade”.

C’è qualche situazione europea che assocerebbe alla Catalogna attuale?
“La Slovenia nel 1991, dove c’è stata una forte autodeterminazione. Non sapevano che cosa rischiavano, ma sono stati molto coraggiosi e dopo una sola settimana ce l’hanno fatta, la loro bandiera è stata issata sul Parlamento. Poi c’è stata la Jugoslavia, una tragedia. Va sottolineato, in questo caso, che le differenze fra i popoli della ex Jusoglavia sono minori rispetto a quelle interne spagnole, penso soprattutto ai baschi che parlano addirittura un’altra lingua, preindoeuropea. Sono stati però repressi in ogni modo, la dimostrazione che più si tenta di sottomettere e uniformare un popolo, più esso crea e rimarca la sua identità”.

Come giudica, dunque, la reazione del Governo spagnolo?
“È una vergogna assoluta, anche se sta servendo in un certo senso la causa catalana. Reprimendo una causa, appunto, non si fa che fomentarla. Adesso presumo che i catalani agiranno, si sono legati ancora di più tra loro. Il Governo doveva semmai prendere esempio dalla Gran Bretagna sulla questione Scozia: ha gestito il tutto in modo egregio e politicamente corretto, tanto di cappello a loro. Purtroppo o per fortuna gli esempi di democrazia arrivano dal Nord e non dai paesi latini”.

Troppo dire che l’UE è morta?
“Più che l’UE è morta, essa sta a guardare, tenendo conto della convenienza della situazione. Direi che è un po’ in versione zombie. E se non lo fosse, dovrebbe fare in modo di espellere la Spagna, non esiste che una nazione reprima a manganellate il suo popolo per una causa democratica. Le urne hanno mostrato che il 90% dei catalani vuole essere tale, e ciò merita rispetto incondizionato. Se pensano di reprimere tutto coi manganelli, è un altro discorso. Ora i catalani sono arrabbiati, la loro causa è diventata ancor più famosa, si è visto a cosa può portare la violenza di uno stato che ha paura: per me, si potrà arrivare anche alle bombe da parte catalana. Si parla di 800 feriti, e quelle ferite non si potranno rimarginare con un bel discorso o con una retorica artificiale sulla Spagna secolare”.

Può essere uno spunto per altri movimenti indipendentisti per passare all’azione?
“Piuttosto può dare forza, come è stato per la Scozia. Il mio pensiero rimane in Spagna, ai movimenti baschi, che non si sentono nominare più da tempo. C’è anche la Voivodina che vuole separarsi dalla Serbia, un caso dove si parla di indipendentismo e annessionismo, visto che in molti vedono una grande Albania, con anche zone della Grecia, della Macedonia e del Kosovo. Il discorso, appunto, è molto ampio, quindi propendo per una spinta per i baschi, gli scozzesi e qualcosa per i veneti, che si sono mossi ma sono troppo litigiosi e in contrasto fra loro. Per quanto riguarda l’Italia, vedo quelli indipendentisti come discorsi morti e sepolti”.

A proposito di Veneto, presto con la Lombardia voterà per l’autonomia.
“Anche in Lombardia i movimenti indipendentisti sono estinti, litigiosi e manca una sorte di identità comune. Il caso catalano potrebbe dare seguito a voglia di federalismo e autonomia locale. La Lombardia ha fatto l’Italia, dunque la vedo più come espansionistica. Paragonerei la regione alla Spagna per i catalani, mentre il Sud sono i catalani. Ci sono molte questioni storiche, per questo i movimenti a favore dell’indipendenza non hanno mai attecchito sino in fondo. Mi auguro con forza in un sì all’autonomia, che potrebbe risollevare una regione che è il motore trainante dell’Italia, la quale senza di essa si fermerebbe”.



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