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Cronaca
05.02.2018 - 16:480
Aggiornamento: 21.01.2022 - 14:40

Macerata capitale dell'odio. No Italia, non si fa così. L'errore non è politico, è uccidere, però se volete fermare l'immigrazione, fatelo alle urne

Riflessioni dopo i due episodi, collegati, che hanno scosso la Penisola: l'omicidio efferato di una diciottenne da parte di un nigeriano e gli spari di un uomo contro degli extracomunitari. Siamo di fronte a un'escalation della violenza E se si facesse attenzione a diffondere i dettagli più cruenti per arginare l'odio?

MACERATA – Macerata è divenuta da qualche giorno la capitale dell’orrore, dell’intolleranza, del crimine più efferato. Un delitto tremendo, la vendetta razzista, le connotazioni politiche, le elezioni che si avvicinano, l’immigrazione, il fascismo: un intreccio che sembrerebbe un giallo, invece purtroppo è realtà.

Tutto comincia quando una ragazza diciottenne, Pamela, lascia una comunità dove si era recata per disintossicarsi. Lascia cellulare e documenti, porta solo un trolley. Il suo cadavere viene ritrovato fatto a pezzi qualche giorno dopo dentro due valigie: mancherebbero alcune parti vitali, per cui si fa strada anche l’ipotesi di un rito vodoo. Viene fermato un nigeriano, con precedenti per droga, il 29enne Innocent Osenghale.

Non risponde alle domande, è rinchiuso in isolamento nel carcere di Montacuto. Gli ultimi dettagli rivelerebbero che addirittura avrebbe voluto sciogliere il corpo della ragazza nell’acido ma alla fine ha optato per acquistare della candeggina, con cui avrebbe cancellato i segni delle violenze sul suo cadavere.

Nello stesso carcere, sempre in isolamento, Luca Traini, 28 anni, un fascioleghista, se così si può definire. Ha sparato per le vie della città contro degli extracomunitari, tutti di colore, ferendone otto. "Volevo vendicare Pamela e fare qualcosa contro l'immigrazione, perché il fenomeno dell'immigrazione clandestina va stroncata. "Sono rimasto sconvolto dalle modalità brutali con le quali è stata uccisa Pamela - ha raccontato l'uomo - è così ho deciso di fare un'azione personale. Volevo andare in tribunale e fare giustizia, volevo colpire il nigeriano ma poi ho cambiato idea".  Dopo aver sparato, il cecchino si è raccolto in preghiera e ha depositato un busto di Mussolini nel punto in cui è stato rinvenuto il corpo della ragazza. Un tributo alla memoria della 18enne.

Un raid, insomma, dettato dall’orrore per i dettagli dell’omicidio della povera Pamela, sfociato poi in qualcosa di diverso. E, in clima di elezioni, si surriscalda il clima. Chi può accusa Matteo Salvini, che non ama certo l’immigrazione. A Perugia spuntano scritte che dicono che è solo l’inizio.

Cosa sta succedendo all’Italia, un paese esasperato dalla crisi, dall’incertezza politica, dalla disoccupazione, dall’immigrazione? L’episodio di Macerata rimarrà isolato o sarà l’inizio di un’escalation di violenza? Non possiamo ovviamente saperlo, ci auguriamo vivamente di no.
Il delitto di Pamela non è purtroppo il primo a coinvolgere un immigrato, e ogni volta quanto succede colpisce: sconvolge la morte in sé, scioccano i particolari, l’efferatezza, la cattiveria. Spesso si dice che siano importate da altre culture, come in questo caso, in cui si collega alla crescita di uccisioni rituali in Nigeria.

Tadini probabilmente ha dentro di sé un odio verso gli extracomunitari, tanto che se il suo piano era concentrarsi sul ventottenne, poi ha cambiato idea, colpendo persone che nulla c’entrano con la fine della ragazza. Una rabbia che cova, alimentata dai problemi dell’Italia, da chi punta il dito contro l’immigrazione che, si può dire, se incontrollata crea qualche grattacapo.

La politica che responsabilità ha? Parla alla gente, il messaggio di Salvini non è solo quello, però sicuramente i temi caldi che restano sono quelli a cui la gente è più sensibile, che meglio riesce a comprendere. In Italia come dovunque.

Di sbagliato, di base, c’è il delitto. Nessuna persona, di qualsiasi colore o etnia, è giustificata a fare ciò che è successo a Pamela. L’errore è quello. Da lì, la rabbia di Treaini, che noi non sappiamo se si sarebbe scatenata in un altro modo. Stigmatizzare due tragedie, quelle di una giovane vita spezzata e quella di persone finite in ospedale senza alcuna colpa, per la politica, non è positivo. Non è il dibattito che si vuole, per ripercorrere dei discorsi che si fanno anche in Ticino.

Chi ha cominciato a sbagliare? Difficile risalire. Come detto, il nigeriano non doveva uccidere. Senza immigrazione, non ci sarebbero delitti? Se parecchi sono compiuti da immigrati, anche gli italiani sono stati da sempre protagonisti di casi di cronaca. Ci vorrebbe un sociologo per dire se sono aumentati o mutati, noi non lo siamo. Siamo giornalisti che devono raccontare l’inenarrabile, e ci mettiamo nei panni di chi ha dovuto ripercorrere ogni singolo dettaglio della tragedia di Pamela, dal corpo smembrato agli ultimi momenti. Purtroppo, è la nostra professione, indagare ogni singola piega. Dispiace che la madre lo abbia saputo dalla tv, non è giusto, non è ammissibile. Non vorremmo mai succedesse a qualcuno con un nostro articolo, sarebbe da brividi. Il diritto dello scoop? Anche qui si pone qualche domanda.

Forse in certi casi bisognerebbe limitare i dettagli cruenti, dare uno stop, non dare in pasto l’odio che c’è stato, per non svilupparne altro. In un momento storico del genere, fermarsi un momento prima è meglio. Certamente l’opinione pubblica spinge per una condanna durissima per Osenghale, che ci auguriamo riceverà e avrebbe ricevuto anche senza tutto l’orrore dei servizi. Eppure, lo sappiamo, fare notizia è il nostro (stupendo ma a volte ingrato) mestiere.

Resta da dire che il fatto che un nigeriano si sia macchiato, o si pensa che lo abbia fatto, di qualcosa di terribile, non fa di tutti i nigeriani degli assassini. Fin troppo ovvio, ma pare che a qualcuno sfugga. E la politica, in una spirale, acquista: in un’epoca in cui al cinema torna Mussolini e in cui immagini e frasi fasciste sui social vengono pubblicate con più frequenza e meno scandalo, un brivido deve arrivare.

Se gli italiani ritengono che si debba frenare l’immigrazione, liberi di votare per chi desidera farlo: ora potranno andare alle urne, finalmente. Non è sparando per strada che si risolvono i problemi.
Retorica? Forse. Di fronte a due episodi del genere, rimane quella. E l’augurio che l’odio non porti odio. Spegniamolo, per favore.

Paola Bernasconi
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