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27.09.2017 - 16:030
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:43

"Se qualcuno ha bisogno di guardare i video per imparare, forse deve farsi vedere da uno bravo..." Agustoni e la trasmissione sulla masturbazione, "non fa parte del servizio pubblico"

Il deputato PPD non era molto d'accordo col manuale di educazione sessuale, con lui abbiamo parlato di quanto detto da Kathya Bonatti. "Genitori fermati dalla vergogna? Dipende, ci sono anche altre figure con cui parlare. I docenti devono tener conto delle diverse sensibilità"

BELLINZONA – La trasmissione della SRF, o meglio i video postati in YouTube, un manuale sulla masturbazione, si potrebbe dire, fanno discutere. La sessuologa Kathya Bonatti ha aperto un fronte più vasto, accennando alla scarsa informazione dei giovani sul tema e sulla sessualità in generale, parlando di vergogna da parte dei genitori, non risparmiando gli insegnanti.

Ne abbiamo parlato con Maurizio Agustoni, deputato e capogruppo PPD, che aveva sollevato una polemica in merito al manuale di educazione sessuale.

“I video? Si commentano da soli! Qualcuno può trovarli divertenti, altri esagerati, altri superficiali, altri eccessivi…. Dipende dalla sensibilità del singolo. Io li ho trovati banali, non particolarmente divertenti neppure, ma forse il senso dell’umorismo nostro è diverso da quello degli svizzeri tedeschi”.

Quindi ritiene che fosse solo a scopo umoristico? Forse volevano insegnare qualcosa…
“Dubito ci sia qualcosa da insegnare in questo ambito… (ride,n dr). Se qualcuno deve guardare una trasmissione, forse deve farsi vedere… ma da uno bravo come si suol dire (e ride ancora, ndr)”.

Bonatti dice che è un tema tabu e che è positivo parlarne, concorda?
“Non mi sembra un tema tabù. Dipende poi da quanto uno ne voglia parlare, se uno è ossessionato e ne parlerebbe tutto il tema è tabù, a mio avviso invece se ne può discutere liberamente”.

Kathya Bonatti ritiene che i genitori non parlino per vergogna, mentre gli insegnanti non sono preparati. Cosa ne pensa?
“Dipende da genitore a genitore e da figlio a figlio. Come per ogni cosa, ci sono genitori che sono disposti a affrontare certi temi e alcuni no, e se un giovane non riesce a trovare un dialogo con loro parlerà con qualcun altro, come succede per l’alcool, le sigarette, gli aspetti finanziari, gli amici, le cotte: non necessariamente se ne discute con mamma e papà, ci sono gli amici, altri parenti, basta che ciascuno abbia il suo ruolo e non vada oltre. Non penso sia compito di un docente dare consigli o indicazioni a un allievo che non sa come approcciarsi alla masturbazione, i docenti sono pagati per parlare altro. Poi c’è un manale di educazione sessuale, uno strumento a cui la dottoressa ha contribuito..”

Un manuale che a lei piaceva, se non ricordo male…
“Va fatta una grossa differenza tra una trasmissione televisiva o su Internet e un manuale per la scuola. Il video, con dei filtri adeguati, posso fare in modo che mio figlio non lo veda, invece il libro viene distribuito a tutti e diventa un elemento obbligatorio della scuola, i piani sono differenti. Continua a non piacermi? Alcuni aspetti problematici sono stati corretti, ad esempio l’approccio sull’aborto e la discussione sull’identità sessuale, che in una prima bozza era descritta come il frutto del condizionamento sociale, quasi che l’aspetto biologico fosse secondario. Restano alcuni punti che mi chiedo fino a che punto facciano parte del ruolo della scuola. L’educazione sessuale si è sempre fatta, fa parte della vita e dunque giusto che venga affrontata, con grande delicatezza e con grande rispetto della situazione personale dell’allievo. La maggior parte dei docenti sono persone di buon senso che non hanno voglia di creare polemiche coi genitori e dunque anche il manuale viene usato con testa”.

Se, come dice la sessuologa, si proponessero delle trasmissioni con esperti, sarebbe d’accordo?
“Non si può vietare da farli. La domanda, quella vera, per me è un’altra. Se una tv privata, un giornale, un quotidiano vuole fare degli approfondimento sul tema, nessuno gli può dire di non farlo, se non tracima nella pornografia. Ma questo genere di filmati fanno parte del servizio pubblico che deve essere fornito al cittadino da parte dello stato?”

Ci sarei arrivata. Come risponderebbe, dunque?
“Risponderei tendenzialmente di no, siamo una società libera, responsabile, con diverse opinioni sul tema. Lo stato non ha per compito insegnare cosa si può e cosa non si può fare, perché un servizio del genere non può mai essere oggettivo ma sarà sempre il prodotto di una valutazione morale. Quello che va promosso è la tutela dei minori, insegnare a riconoscere quando i comportamenti sono inappropriati, che si può dire di no, ai docenti di capire quando c’è un disagio da parte di un allievo. Televisivamente vedo una difficoltà, serve un rapporto mediato. L’educazione sessuale a scuola ha senso perché c’è un dialogo fra un adulto con una certa esperienza di vita, che riesce a mediare, con un allievo. Non so fino a quanto un ragazzino di 7 o 8 anni riesca a capire e a collocare certi filmati: non è servizio pubblico, può far divertire o arrabbiare ma senza una mediazione verso l’utente non fa parte di esso, non risponde a un’esigenza di servizio pubblico”.


Paola Bernasconi
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