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11.12.2017 - 14:220
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:43

La rabbia dei cacciatori, "RSI, questo non è un buon servizio pubblico. Vogliamo le scuse, valutiamo di adire per vie legali"

Non è un momento felice per la tv di Comano, finita ora sotto accusa a causa della serie "Il Guardiacaccia". "L'immagine dei cacciatori è stato distorto, accomunandoli ai bracconieri, lasciando intendere che sono disposti a tutto, anche a uccidere, per abbattere una preda, dediti all'alcool"

COMANO – Non è certamente un periodo facile per la RSI. I mesi di avvicinamento alla votazione su NoBillag hanno scatenato un dibattito serrato sul servizio pubblico, e la tv pubblica è sotto scacco. Piove decisamente sul bagnato (un modo di dire forse curioso mentre fuori nevica…) perché i cacciatori stanno pensando di adire per vie legali e quanto meno pretendono delle scuse.

Come mai? Per la serie televisiva in cinque puntate dal titolo “Il Guardiacaccia”, appena andata in onda e che ha dato a loro avviso un’immagine distorta della categoria, “accomunando i bracconieri ai cacciatori (definiti nel 4° episodio come “squali accecati dal sangue”) e lasciando intendere che quest’ultimi sono da considerare alla stregua di criminali disposti a tutto per abbattere una preda, persino dediti all’alcol, capaci di sparare anche a un guardiacaccia o addirittura di uccidere una ragazza inerme (e in questo caso, visto che al peggio non c’è limite, è stato davvero toccato il fondo)”, si legge in una lettera aperta inviata dal presidente della Federazione Cacciatori Ticinese Fabio Regazzi a Maurizio Canetta, e in copia a Luigi Pedrazzini, presidente della CORSI, e ai media.

“Tralasciando l’interpretazione dei vari personaggi presenti in questa serie (che definire inconsistente è un eufemismo) e alcune pacchiane imprecisioni emerse, ad essere inaccettabile è soprattutto il fil rouge dei cinque episodi in cui la caccia viene sistematicamente associata al bracconaggio, il tutto inserito nel solito banalissimo schema dei buoni contro i cattivi, o delle guardie e ladri da serie TV americana (d’altra parte non c’è da sorprendersi, visto che il protagonista a cui si ispira la serie è un ex guardiacaccia, noto per i suoi metodi piuttosto spicci e l’atteggiamento spesso inquisitorio nei confronti della categoria di cacciatori)”, scrive Regazzi.

Il bracconaggio esiste ma è limitato, insiste, e “alcuni casi evocati sono realmente accaduti decenni orsono, per quando in circostanze e con modalità diverse da quelle presentate”.

“La caccia è un fenomeno molto complesso, una passione dalle radici profonde che suscita reazioni molto emozionali sia in chi la pratica che nel resto della popolazione. Realizzare una fiction in cui vengono proposti solo episodi deplorevoli e condannabili con protagonisti dei cacciatori non poteva, a meno di essere degli sprovveduti o peggio ancora in mala fede, che provocare una levata di scudi da parte di chi, e sono la stragrande maggioranza, pratica la caccia in modo corretto, nel pieno rispetto delle leggi e delle regole dell’etica venatoria”, prosegue la missiva, che sostiene come i cacciatori non meritino di essere trattati in questo modo da una fiction che non si sa neppure quanto è costata.

“Ad essere travisato è stato anche il ruolo dell’Ufficio Caccia e Pesca e degli stessi guardiacaccia, le cui mansioni non si riducono a quelle di gendarmi della caccia come è emerso nella serie televisiva, ma spaziano nelle importanti ed apprezzate funzioni di sentinelle della natura che prestano attenzione agli indicatori biologici, provvedono alla raccolta di dati sul terreno (censimenti) per la pianificazione della caccia, ad abbattimenti di capi di selvaggina malati, al monitoraggio delle catture e al rilevamento dei dati biometrici delle stesse, sono state ingiustamente ignorate”, si dice anche.

Infine, la sentenza: “questo, ci dispiace doverlo sottolineare, non è buon servizio pubblico e nemmeno un impiego oculato delle risorse generate dal canone radio-TV, che per altro anche i cacciatori contribuiscono a finanziare. Il danno purtroppo è fatto e di questo riteniamo ovviamente responsabile la RSI contro la quale valuteremo la possibilità di adire le vie legali, a tutela dell’immagine e della dignità dei cacciatori ticinesi. Da parte nostra il minimo che in ogni caso pretendiamo sono delle scuse ufficiali all’indirizzo di chi pratica la caccia in modo leale e corretto, ma soprattutto con tanta passione”.
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