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09.09.2015 - 08:560
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:43

Parrocchie ticinesi, «noi ci siamo»

Monsignor Lazzeri scrive alle parrocchie chiedendo di mettersi a disposizione per accogliere profughi. Quasi tutti d'accordo, «una persona ha fame oggi, non domani», ma «devono anche lavorare». Qualcuno però dice che «saremmo fuorilegge dicendo sì»

BELLINZONA - C'è bisogno anche delle Parrocchie ticinesi per arginare l'emergenza profughi. «È un'emergenza con la quale si vedono confrontate le autorità cantonali che, per voce del DSS, mi hanno chiesto aiuto -, scrive il Vescovo di Lugano, come riporta il Corriere del Ticino. - Il dramma umanitario dei profughi che fuggono dagli orrori della guerra e delle ingiustizie non può e non deve lasciarci indifferenti esso scuote profondamente la nostra coscienza e interpella il nostro modo di essere Chiesa, chiamata a chinarsi e prendersi cura delle ferite dell’umanità». Si chiede di mettere a disposizione strutture di ogni tipo (colonie, stabili vuoti, edifici non occupati, prefabbricati, case o appartamenti), che possano essere adibiti alle esigenze immediate dell’accoglienza provvisoria. Nel caso di edifici privati, la Chiesa si occuperebbe di tutte le spese. E le Parrocchie ticinesi? La Regione ha fatto un giro di opinioni fra i parroci, trovando disponibilità. «Non ha senso opporre resistenza, ognuno deve fare qualcosa, nel limite delle sue possibilità», è la presa di posizione di don Pierangelo Regazzi, arciprete di Bellinzona, che auspica una mobilitazione soprattutto dei credenti. «Il Papa ha lanciato questa esortazione molto coraggiosa. Ora la prima cosa da fare è tenere viva una sensibilità umana presso il popolo. Penso che la Chiesa lo faccia e lo debba fare di più. Il Papa ne parla ogni giorno. E prima di ogni buona azione viene un pensiero, una strategia politica buona. Ne abbiamo bisogno, perché girano ancora molto razzismo e molta ignoranza», si è subito reso disponibile Don Gianfranco Feliciani, arciprete di Chiasso. Dal monastero del Bigorio, fanno sapere che «abbiamo tanti conventi che faticano a sopravvivere, concretizzando l’appello di papa Francesco potremo riportarli, quali luoghi di accoglienza, a rivivere». «In parrocchia abbiamo proprio adesso qualcuno che ospitiamo. I ticinesi hanno un grande cuore. Se c’è una richiesta rispondono. Credo nella loro buona volontà», ha detto da Viganello don Valentino Tafou, mentre don Gabriele Diener di Tesserete spiega di essersi già mobilitato. «Il Papa ci dice di fare la nostra parte, di mobilitarci E con questo vincola tutta la chiesa, ogni parrocchia d’Europa. Personalmente domenica farò l’annuncio in parrocchia. L’urgenza è talmente alta che dovremo saper dare una testimonianza credibile. Poi quello che faranno gli Stati è tutta grazia che arriva». Anche don Simone Bernasconi di Vacalo sta già agendo, «ho ricevuto alcune telefonate e dei consigli. Ho incontrato parecchie persone nel paese e ho qualche idea sul da farsi e in tempi brevi: una persona ha fame oggi, non domani». A Losone non escludono di mettere a disposizione la propria parrocchia, che già si adopera per attività e integrazione del centro rifugiati. «Certo devono pure vivere e lavorare», ha precisato don Mirko, da Olivone, che aveva parlato della questione già domenica nel corso della sua omelia. Da Balerna, le prime voci discordanti. «Qui in Svizzera abbiamo le mani legate: nessuno può accogliere profughi se non sono mandati dalla Confederazione - ha dichiarato don Gian Pietro Ministrini- Il discorso è chiuso in partenza: saremmo addirittura fuorilegge. Le parrocchie del Mendrisiotto, in ogni caso, già mesi fa avevano dichiarato la loro disponibilità a offrire vari alloggi e nessuno tra i dodici appartamenti, un po’ periferici, annunciati come disponibili in quel frangente è stato ritenuto adatto dalla Confederazione».
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