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18.11.2015 - 19:530
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:43

«L'apprendistato non è di serie B», ecco le proposte per rafforzare l’orientamento scolastico

Sei deputati, vicini a sindacati e organizzazioni padronali, uniti per rafforzare un piccolo - ma importante - tassello nella lotta alla disoccupazione giovanile. Nicola Pini: «più forza e nuovi strumenti»

BELLINZONA - Una prova di grande centro? È prematuro dirlo, ma PLR e PPD, assieme alle parti sociali, si sono uniti per migliorare, come primo passo, l'efficacia dell'orientamento professionale. Presentate un'interrogazione, una mozione e un’iniziativa parlamentare, di cui ci parla il deputato al Gran Consiglio Nicola Pini. «L'idea è nata tra giovani deputati vicini alle organizzazioni del mondo del lavoro, sia da parte sindacale che padronale (oltre a me Fonio, Passalia, Jelmini, Pagnamenta e Farinelli), con l’obiettivo di lavorare insieme e di concretizzare il partenariato sociale: ne sono nati tre atti parlamentari. In primo luogo un'interrogazione che chiede al Governo cosa è stato fatto da quando il Gran Consiglio, nel 2014, ha approvato un rapporto della Commissione scolastica su un paio di mozioni in cui si chiedeva in particolare di avvicinare l'Ufficio dell'orientamento alla Divisione della formazione professionale. Secondariamente un'iniziativa parlamentare che chiede di aggiungere all'articolo 30 della Legge sull’orientamento scolastico e professionale e sulla formazione professionale, dove si parla delle collaborazioni dell'ufficio dell'orientamento, anche le associazioni genitori e le organizzazioni del mondo del lavoro, ovvero quelle che vivono con mano i mestieri. In sostanza un maggiore coinvolgimento di genitori ed economia nelle attività di orientamento, che deve evidentemente restare saldamente nelle mani dello Stato, anche per garantire i principi di pari opportunità e di libertà di scelta. Serve che passi il messaggio delle molte opportunità formative e di carriera insite nella formazione professionale e nell’apprendistato, purtroppo considerato – ingiustamente – un percorso di serie B».Che cosa chiedete alle organizzazioni del mondo del lavoro?«Per orientarsi (i giovani) o per orientare (gli orientatori) nel migliore dei modi bisogna conoscere le professioni, capire che cosa vuol dire andare ad esempio lavorare nell'industria farmaceutica o nell'edilizia: in questo chi è al fronte può e deve dare il suo contributo. Da una parte si vogliono responsabilizzare le aziende dando più potere contrattuale all’orientamento, dall’altra si permette alle associazioni propositive un dialogo maggiore con il mondo della scuola. Non si tratta di imporre delle scelte, ma di informare e se possibile consigliare, coerentemente con l’evoluzione dell’economia reale, le formazioni o i settori professionali che offrono maggiori sbocchi o maggiori opportunità e che sono compatibili con le caratteristiche del giovane».La sua mozione, invece, su che cosa verte?«Chiede di realizzare la Cité del Métiers. Un punto di incontro dove giovani e genitori possono informarsi costantemente sulle varie opportunità formative e professionali, e dove in prospettiva si potranno organizzare mostre, conferenze e altre attività di orientamento. Una sorta di museo delle professioni e dell’orientamento, che potrà costituire un ulteriore e importante strumento a disposizione di collocatori e collocatrici. La Cité des Méstiers era già nelle linee direttive del Governo per il 2012-15, dunque in linea con la strategia dipartimentale. È vero, l’impatto finanziario si aggira attorno ai 500 mila franchi l'anno, ma sono ben investiti se si tratta di dare un futuro ai nostri giovani».Precisiamo: la vostra non è una critica all'ufficio dell'orientamento.«Esattamente. Con queste iniziative vogliamo dare loro più forza e nuovi strumenti. La disoccupazione giovanile si può combattere mostrando percorsi formativi e professionali alternativi: nei Paesi dove esiste il sistema duale (Svizzera, Germania, Austria, Olanda, Danimarca), il tasso di disoccupazione giovanile è basso e l’entrata nel mondo del lavoro più facile. Il Ticino fa eccezione, perché c'è un tasso di licealizzazione fra i più alti della Svizzera, come pure un tasso di disoccupazione più alto: da qui l’esigenza di un cambiamento culturale. Se è vero che l’attrattiva di certe professioni è dovuta a salari che non sempre sono in linea con l’aspettativa dei giovani, è altrettanto vero che la carenza di manodopera residente si trova in funzioni dove vigono solidi contratti collettivi di lavoro e paghe sempre più attrattive. Non risolveremo tutti i problemi del mercato del lavoro, ma sono comunque dei buoni passi nella giusta direzione».
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