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12.01.2016 - 12:300
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:43

«Come mostrare le particolarità del nostro mercato se nell'unico studio a disposizione esse non ci sono?»

Michela Delcò Petralli interroga il Consiglio di Stato in merito alla necessità di togliere lo studio IRE dalla pagina della SECO: potrebbe danneggiare il Ticino quando chiederà la clausola di salvaguardia

BELLINZONA - Lo studio IRE, ancora presente sulla pagina della SECO, in merito alle condizioni di lavoro nel mercato ticinese potrebbe addirittura essere controproducente nell'accoglimento della clausola di salvaguardia che il Ticino intende chiedere alla Confederazione. È una delle questioni che Michela Delcò Petralli pone con un'interrogazione dal titolo "Studio IRE: quando chiederemo di toglierlo dalla pagina della SECO?" al Consiglio di Stato. Esso infatti, secondo la coordinatrice dei Verdi, ha a sua disposizione per illustrare le particolarità del mercato cantonale uno studio che non le evidenzia affatto. Che lo studio sia incompleto, è stato più volte ammesso e la SECO ha assicurato che per le valutazioni ufficiali terrà conto di tutta la documentazione in possesso. «La SECO però non dispone di documentazione sulla situazione del Ticino in particolare, proprio per questo è stato commissionato lo studio all’IRE, come ricorda lo stesso Consiglio di Stato nella risposta alla mia interrogazione 27 ottobre 2015», scrive Delcò Petralli. La SECO, inoltre, ha supervisionato lo studio, per cui «è difficile quindi capire come mai non sia intervenuta prima, quando i lavori erano ancora in corso, per chiedere di completare lo studio e perché, pur sapendo che era incompleto, lo ha pubblicato sulla sua pagina ufficiale». «Inoltre le riserve espresse dall’Ufficio presidenziale riguardavano soprattutto la tematica dei salari, totalmente assente dallo studio IRE. Anche integrando lo studio con la documentazione a disposizione della SECO riguardante i salari in Ticino, la visione d’insieme che ne risulterebbe sarebbe comunque parziale. Nello studio IRE infatti non figurano per varie ragioni alcune particolarità del mercato del lavoro ticinese, evidenziate invece da altri studi dell’Ufficio cantonale di statistica (Ustat)». Michela Delcò Petralli cita alcuni esempi: nello studio i dati della disoccupazione ILo in Ticino nel 2012 e 2013 risultano errati, si dice che il dato dei disoccupati in Lombardia è simile a quello ticinese mentre in realtà è più elevato, per calcolare la disoccupazione in base alla nazionalità sono stati usati dati parziali, (in realtà, essa è quasi raddoppiata in dodici anni), on figura nessun riferimento alla sottoccupazione. Presentando questo studio, si preoccupa la coordinatrice dei Verdi, «vi è il rischio infatti che a Berna non venga capita la necessità di una clausola di salvaguardia particolare per il Ticino e che il lavoro fatto dal professor Michael Ambühl risulti inutile». Dunque chiede al Consiglio di Stato se «non ritiene che lo studio in questione, nel quale non figurano i tratti peculiari del mercato del lavoro ticinese, possa rivelarsi controproducente per l’accoglimento della clausola di salvaguardia». Inoltre, «non ritiene necessario affidare all’Ustat il compito di controllare i dati contenuti nello studio IRE visto che alcuni sono errati e che le spiegazioni fornite da uno degli autori non sono plausibili» e «intervenire presso la SECO per chiedere che lo studio venga tolto dalla pagina e ritirato, visto che fornisce un’immagine incompleta del mercato del lavoro ticinese?». Lo studio IRE, insomma, anche a qualche mese di distanza dalla sua pubblicazione, continua a far discutere e rischierebbe anzi di danneggiare il Ticino nelle sue richieste a Berna. Non sarebbe meglio, dunque, chiede Delcò Petralli, toglierlo dalla pagina della SECO?
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