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01.07.2016 - 12:010
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:43

«La mafia è una mentalità da tenere lontana dal nostro tessuto sociale»

Giorgio Fonio spiega il perché dell'atto parlamentare in cui si chiede l'istituzione di un task force contro il fenomeno. «Potrebbe essersi già infiltrata nell'edilizia, dobbiamo essere sicuri di essere pronti»

BELLINZONA - In un atto parlamentare di un paio di giorni fa, il leghista Boris Bignasca e il pipidino Giorgio Fonio avevano rimesso al centro dell'attenzione il fenomeno della mafia. Una risposta del Governo a un'altra interrogazione, questa volta di Natalia Ferrara Micocci e Paolo Pagnamenta, in cui si diceva che era tutto sotto controllo, non basta. Tempo fa in una nostra intervista il procuratore aggiunto della Procura Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria aveva parlato di 'ndrangheta ben radicata, e il recente caso Pulice ha fatto discutere. Fonio e Bignasca avevano chiesto al Consiglio di Stato se realmente la situazione è sotto controllo, come si comportano le autorità federali in materia di mafia, se la collaborazione con le autorità federali sia ritenuta soddisfacente e se non sia il caso di istituire un task force tra autorità cantonali, federali ed estere per monitorare e combattere questo fenomeno. Soprattutto quest'ultima richiesta ha fatto discutere. Com'è la situazione? Ne abbiamo parlato con Giorgio Fonio. «La tematica ci preoccupa ed è per questo che abbiamo deciso di presentare un atto parlamentare e di valutare la costituzione di questa task force. I segnali sono arrivati da più parti e le stesse organizzazioni sindacali hanno denunciato infiltrazioni mafiose soprattutto nel mondo dell'edilizia», ha spiegato.Come si muovono?È difficile da parte nostra dirlo. La costituzione di nuove imprese, situazioni con lavoratori presi dal Nord Italia, sottopagati e con salar taglieggiati fanno pensare a organizzazioni criminali. E i sindacalisti se ne sono accorti. Anche il caso Pulice ci ha fatto drizzare le antenne».Nella risposta a Ferrara Micocci e a Pagnamenta si dice che non vi sono locali di mafia. Ma come sottolineate voi, per locali non si intende un locale pubblico sotto controllo delle organizzazioni, ma un insieme di cosche ('ndrine) con un minimo di 49 affiliati. Credete che non si conosca la tematica?«L'atto dimostra che c'è un po' di confusione. Non si capisce bene dove stiamo andando a parare. Poi magari nella risposta ci tranquillizzano».La richiesta della task force è forte, non crede?«Dobbiamo essere sicuri di essere pronti. La proposta della task force nasce dall'idea di prendere di petto la situazione prima che essa sfugga di mano. Il nostro tessuto sociale va protetto, la mafia non è solo quella che chiede il pizzo e compie atti criminali ma soprattutto una mentalità e noi abbiamo bisogno davvero di proteggere il tessuto sociale e locale. E ancor di più in un periodo di crisi economica come questo».
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