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30.07.2016 - 12:440
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:43

La "Willensnation" di Dillena e «la fortuna del modello svizzero» di Caratti: il 1° agosto secondo i quotidiani

Oggi il Corriere del Ticino e La Regione dedicano gli editoriali odierni alla Festa nazionale, tra il terrorismo, le peculiarità svizzere e l'importanza di non dimenticarle

BELLINZONA - Nell'ultima edizione prima del Natale della Patria, come prevedibile gli editoriali dei direttori o celebri ex di Corriere del Ticino e La Regione si concentrano sul senso del 1° agosto. Giancarlo Dillena, fino a un anno e mezzo fa direttore del Corriere del Ticino (gli è succeduto Pontiggia) si concentra sul valore di "Willensnation", «cioè comunità che trova il suo punto di forza nella volontà di vivere e operare insieme, al di là delle differenze di lingua e di mentalità che la caratterizzano»: la definizione della Svizzera secondo lui, e non importa se si è svizzeri di origine o naturalizzati. Un insieme di valori che, scrive Dillena, «rischia di apparire a molti banale e scontato, oggigiorno, immersi come siamo in una narrativa europeista che, a prima vista, sembra aver assunto a suo referente fondamentale proprio questo ordine di valori». Le differenze invece ci sono, e qui passa a cenni storici sulla nascita di nazioni a noi vicine. La Svizzera è diversa, anche grazie a un po' di fortuna, ma «questa non sarebbe bastata a salvaguardare l’identità e la peculiarità elvetiche attraverso le turbolenze della storia europea, se al suo interno non fossero state forgiate, radicate e valorizzate sensibilità diverse, diventate elemento costitutivo del suo modo di essere "Willensnation". Che non vuol dire solo convivenza pacifica fra popolazioni di lingue diverse, rimaste unite mentre oltre frontiera si scannavano (il che già non è da poco, checché se ne dica). Vuol dire anche e soprattutto dare un peso rilevante, spesso determinante, alla volontà dei cittadini, espressa in modo diretto ed esplicito». Il che, precisa, non vuol dire essere migliori degli altri, solo diversi. Fondamentale è «la volontà di restare comunità, unita anche di fronte alle fratture che la democrazia stessa può generare» di fronte a un mondo e a una Svizzera che cambiano, «anche per la perdita, senza sostitutivi validi, di un sistema di istituzioni che costituiva in passato un grande collante della coesione nazionale». Ma per Dillena «se qualcuno è in grado di reagire attivamente, cercando risposte proattive e originali, che evitino il risucchio dell’appiattimento omogeneizzato, questa è una "Willensnation". Fatta di cittadini consapevoli del prezioso patrimonio che hanno ricevuto in lascito dalle generazioni precedenti e che hanno il diritto-dovere di custodire. Con la saggezza della ragione. Ma anche con la fermezza della volontà». Meno filosofico e più concreto l'articolo del suo omologo alla Regione, Matteo Caratti. «Cari lettori, quest’anno è davvero dura trovare ispirazione e parole giuste per una riflessione in occasione del Primo di Agosto. Si può scrivere tutto quello che si vuole, ma sai già che chi ti legge ha ben incise nella propria mente le terribili immagini delle ultime stragi. E sempre più spesso si chiede: "ma cosa deve ancora succedere?", "cosa ci riserverà il domani?" Così è, poiché, senza sosta, puntualmente, mentre scorrono le settimane, ci raggiungono notizie sconvolgenti da Paesi che ben conosciamo, che ci circondano. Paesi amici. Vorremmo pensare ad altro, vorremmo tanto voltare pagina, ma è difficile. Quasi impossibile. Vorremmo anche capire meglio cosa sta succedendo, ma anche questo non è facile», esordisce, richiamando il presente. Dunque, si deve festeggiare? «Certo che lo dobbiamo fare, anzi: a maggior ragione! E dobbiamo farlo cogliendo al balzo proprio anche le brutte notizie per alimentare la nostra presa di coscienza per la fortuna regalataci dal modello elvetico. Spesso per abitudine diamo per scontate tante cose, che però scontate non sono, perché sono costate lotte e sacrifici alle generazioni che ci hanno preceduto. Conquiste che noi, oggi, nel nuovo millennio troviamo lì bell’e pronte e stentiamo ad accorgerci della grande fortuna di poterle avere». Come esempio cita la scuola pubblica, ultimamente esposta a molte critiche, «per dire che mai vorremmo che il nostro modello di convivenza pacifica fra persone che parlano lingue diverse, che hanno abitudini culturali e persino pratiche religiose differenti, venga seriamente compromesso. Mai vorremmo, a maggior ragione, che questo modello fosse fatto saltare in aria da qualcuno che viene da fuori». Però, «per non permettere che le crepe finiscano per compromettere la statica nella costruzione del nostro antico muro, dobbiamo essere coscienti dell’alto valore del nostro modello di convivenza politica e sociale e di ogni sua singola pietra. Il che significa non lasciarsi trascinare in sterili polemiche politiche, non permettere che tensioni religiose degenerino, o, peggio ancora, che tensioni politiche si trasformino in attriti rivolti a comunità religiose e a minoranze. Il che significa saper misurare con la ragione le reazioni invece che cedere all’istinto». Servono uno Stato che funzioni, una politica responsabile, dei cittadini saggi, tutti elementi che secondo Caratti in Svizzera ci sono. «Questo è un momento grave, nel quale ciascuno è chiamato a fare responsabilmente la propria parte. Tenendo conto che la pace e la convivenza pacifica nel rispetto delle differenze reciproche sono valori collaudati e preziosi, di cui prendersi cura. Valori che vanno continuamente ricercati e coltivati, soprattutto nelle avversità. Viva la Svizzera! E ciò che rappresenta!», conclude il direttore de La Regione.
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