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25.08.2016 - 10:150
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:43

Zali, «la LIA serviva per contrastare la concorrenza sleale dall'Italia»

Il Consigliere di Stato risponde alle polemiche dicendo che si è sempre saputo che la legge presentava delle criticità. «È stata voluta dal Parlamento, anche se ora c'è un fuggi fuggi generale...»

BELLINZONA - Il primo firmatario dell'iniziativa che ha portato alla creazione dell'albo dei padroncini e più in generale alla LIA, Paolo Pagnamenta, lo accusa di aver commesso un pasticcio, e di essersene vantato in campagna elettorale. Non perde la calma, Claudio Zali, ma replica attraverso La Regione, «non polemizzo con i parlamentari. Solo che alla decima fetta di polenta... preferivo precisare alcuni aspetti». Il caos è stato sollevato dopo che si è saputo che gli artigiani della Svizzera Interna, in nome del diritto federale che permette una sorta di libera circolazione all'interno del nostro paese, non dovranno pagare l'iscrizione all'albo. «Due premesse. La prima: la LIA nasce da un’iniziativa parlamentare elaborata, con tanto di testo di legge, di Pagnamenta e cofirmatari. Il governo si è limitato a prendere il testo e a smussare alcuni spigoli vivi. Seconda premessa: la causa scatenante di questo esercizio legislativo era la paura della concorrenza sleale da sud. Perciò il parlamento ha fatto una legge volta a estromettere la concorrenza sleale di alcuni artigiani italiani», spiega Zali. Aver abbassato il costo di iscrizione e aver esentato dal suo pagamento i confederati non è una garanzia che la legge reggerebbe di fronte a un ricorso. «Si sapeva che prendevamo dei rischi, ma questa legge è coperta da un ampio consenso parlamentare, anche se ora si assiste a un fuggi fuggi. Le leggi le fa il parlamento e come esecutivo non possiamo arrogarci il diritto di stabilire se sono valide o no. Ciò tocca semmai al terzo potere, quello giudiziario. Poi chiaro che in questa legge vedevamo delle possibilità», continua il ministro. Il Governo non può in effetti annullare leggi votate dal Parlamento. Gli italiani, precisa, sono interessati a pagare perché giudicano il mercato ticinese importante. E a chi gli fa notare di aver parlato della LIA in campagna elettorale, ribatte che «noi non abbiamo certo stappato bottiglie di champagne quando è stato approvato. Sapevamo che non sarebbe stato facile. Oramai siamo in perenne campagna elettorale (riferendosi a Pagnamenta, ndr)».
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