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13.01.2017 - 09:260
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:43

Genola lancia la petizione. «Abroghiamo la LIA o trasformiamola così»

L'imprenditore lancia la raccolta firme contro l'albo dei padroncini, «solo un costo senza benefici per le aziende ticinesi. E vi spiego perché»

BELLINZONA - Già mesi fa, Andrea Genola, imprenditore nel settore dalla carpenteria e della copertura di tetti, aveva chiesto ai colleghi che impiegano meno di 10 operai di manifestare un eventuale dissenso contro l'albo dei padroncini, ovvero la legge LIA. L'adesione, disse poi, fu superiore alle aspettative, e ora torna alla carica, lanciando addirittura una petizione per sospendere la legge. «Mi aspetto che gli artigiani ticinesi, per esempio quel 90% del totale che ha meno di 10 operai e quelli non iscritti ad associazioni professionali, che sono circa l'80% del totale, prendano coscienza della loro possibile influenza, e soprattutto dell'importanza di fare sentire la loro opinione attivandosi per raccogliere più firme possibili", ha affermato, convinto che «sia corretto e di aiuto alla politica quantificare il dissenso che la legge LIA ha sollevato. Come ho già detto non riesco a trovare dei sostenitori della legge». Inoltre, osserva una crescente preoccupazione in chi al momento non è assoggettato alla legge ma teme di poterlo essere in futuro. Passando al testo della petizione, Genola scrive che in realtà la LIA, pensata per combattere la concorrenza dei lavoratori distaccati italiani, non sia efficace, poiché «fermare i padroncini stranieri non è possibile (infatti nella legge non se ne fa menzione), inoltre il diritto superiore non permette di differenziare i padroncini esteri da quelli svizzeri, di conseguenza se la LIA potesse fermarli e/o ostacolarli li fermerebbe e ostacolerebbe entrambi». La qualità del lavoro e la sicurezza sono già garantite, a suo avviso, da leggi precedenti, e dunque la LIA è un doppione costoso, che «genera concorrenza sleale prelevando solo a una parte degli iscritti una tassa (oltretutto una tantum), e caricando (indipendentemente dal numero di dipendenti o dalla cifra d'affari) le aziende di uguali costi burocratici»: anche a parità di salari, i costi delle ditte straniere non saranno mai pari a quelli delle aziende indigene. «Se prima i committenti svizzeri si rivolgevano all'estero solo per il basso prezzo, con la (LIA) ora lo Stato dà loro anche un certificato di "garanzia" (per quanto verificabile) di qualità serietà e onestà ecc. rendendo le ditte estere ancora più appetibili", constata. Stesso discorso vale secondo lui per il lavoro nero, «la LIA rende ancora più concorrenziale chi opera al dì fuori delle regole perché non gravati dai costi del rispetto della legge». Andrea Genola precisa come la LIA, anziché essere utile, abbia messo in risalto «quanto poco si “conosce” del settore sul quale si è andati a legiferare, e che le associazioni di categoria rappresentano una piccolissima parte degli artigiani. Gli artigiani ticinesi "presunti sconosciuti" probabilmente solo alla LIA sono in maggioranza presenti sul registro di commercio, sono ben conosciuti dal controllo abitanti dei comuni, dal fisco, dall'AVS, dalle commissioni paritetiche, eccetera, e se così non fosse non era di una nuova legge che necessitavamo ma di migliori controlli e scambi di informazioni tra i vari enti (che la legge consente)». Tutte motivazioni che lo portano a dire che la nuova legge è «solo un ulteriore costo che verrà sopportato dalle aziende e dai committenti ticinesi che hanno il merito di rivolgersi alle ditte ticinesi», e dunque con la sua petizione chiede: «1. La sospensione e successiva abrogazione della Legge sulle imprese artigianali LIA del 24 marzo 2015. 2. In via subordinata, nel caso di mancata abrogazione della legge LIA si chiede che l'albo sia trasformato in un semplice elenco sul quale bisogna essere presenti per poter lavorare in Ticino e che: a) per l'iscrizione obbligatoria sia esclusivamente necessario trasmettere i dati anagrafici (copia documento valido) e di domicilio del titolare e dell'impresa. b) le aziende e i titolari non residenti in Svizzera dovranno trasmettere i dati di riferimento e assoggettamento fiscale sia dell'impresa che dei titolari e dei dipendenti impiegati in Ticino. Dovranno dimostrare di avere segnalato alle loro istituzioni di verifica e di controllo (sia fiscale che sindacale) la cifra d'affari e le ore di lavoro che si intendono effettuare in Ticino. Dimostrare di avere trasmesso alle loro istituzioni di verifica di controllo (sia fiscale che sindacale) copia dei CCL svizzeri e i nominativi dei lavoratori impiegati in Ticino perché ad essi assoggettati. c) la tassa d'iscrizione non potrà superare l'importo di fr. 100,00. d) l'iscrizione è valida solo un anno al termine del quale si può richiedere al rinnovo, e solo nel caso di variazioni dei dati verrà prelevata la tassa. h) chi lavora senza essere iscritto sarà mutabile in pari misura come il suo committente»
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