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21.08.2017 - 13:000
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:43

Comunicare, dialogare, informarsi: i politici social. "Il rischio è di perdersi in cose banali". "Cerco il contatto, non il consenso". Il politologo avverte...

Quattro Consiglieri di Stato su cinque utilizzano Facebook o Twitter. Beltraminelli, "raggiungi più persone, ti conoscono meglio". Vitta: "sbagliare un post o un tweet può essere dannoso". Oscar Mazzoleni: "non bastano per vincere le elezioni"

BELLINZONA - Si può parlare di era dei social? Una domanda che si sono posti in  molti, e si pongono ancora ora, cercando di comprendere come questi mezzi di comunicazione, immediata e rapida, abbiano influito sulla società. E da questi mutamenti non sono esenti i politici, basti pensare a Donald Trump che sui tweet ha costruito parte della campagna elettorale, e li usa ancora ora. Perfino Papa Francesco è social.

Il Corriere del Ticino ha parlato coi Ministri per capire il loro rapporto. Dei cinque, solo Claudio Zali non è presente sui social, gli altri, chi più chi meno, li usano. Per comunicazioni politiche, per messaggi, per a volte anche foto e racconti di vita. Lo scopo? Essere certamente più vicini al pubblico, più immediati, ma anche più informati.

"Comunicare le tue idee e le tue passioni a moltissime persone, direttamente e in tempo reale, soprattutto a chi, e sono sempre di più, giovani ma non solo, si informa maggiormente sui social rispetto ai media tradizionali", è uno dei fini di Paolo Beltraminelli, che i leghisti rimproverano spesso di passare troppo tempo online. I rischi? "Certamente si raggiungono molte persone, comunicando regolarmente non puoi però nasconderti, la gente ti conosce meglio". Probabilmente, aggiungiamo, trovare il compromesso fra parte politica e parte privata, che cosa dire e che cosa tener per sé, è un delicato equilibrio: ma non solo per i politici.

Un problema che evidentemente sente Manuele Bertoli, "il rischio a mio avviso è quello di perdersi in cose banali, poco dignitose per la funzione che si ricopre. Se usati male, possono produrre conseguenze spiacevoli. Trovo che Facebook possa essere un buon mezzo per colloquiare con la gente, cosa di una certa rilevanza per un politico. Permettono di sicuro di dire alcune cose in modo meno ingessato e offrono anche l’opportunità di rispondere direttamente a chi ci contatta".

I social sono democratici, e avvicinano poltici e popolazione, insiste Norman Gobbi. "Ritengo importante per un politico essere presente su questo nuovo media perché mi permette di interagire in modo diretto con i cittadini. Chiunque sui social media può prendere la parola all’interno di un discorso, indipendentemente dal proprio status. Quello che più apprezzo è il contatto diretto con ogni cittadino e le sue necessità. Cittadini che si sentono più vicini e in confidenza proprio grazie allo stile di comunicazione utilizzato in questi media. Cerco il contatto, non il consenso". Insomma, chiunque può commentare ciò che scrive un politico, con un solo click, con più possibilità di essere letto, e magari anche di ottenere risposta, rispetto ai tempi in cui, per dire la propria a "uno del Governo" si dovevano usare le classiche lettere.

Christian Vitta, per contro, dalle risposte appare più attento ai lati negativi. "I social media sono un canale di comunicazione interattivo e potente, da utilizzare con cura. Ogni atto di comunicazione è pubblico e può avere un’influenza immediata: sbagliare un post, o un tweet, può essere dannoso per un politico. Bisogna inoltre prestare particolare attenzione agli eventuali commenti che la discussione sui social potrebbe generare": per le notizie ufficiali, preferisce i canali tradizionali. Ovviamente, "aiutano in modo importante, soprattutto per avvicinarsi ad alcune fasce di popolazione che, altrimenti ,si raggiungerebbero con più difficoltà", non è da sottovalutare comunque la valenza informativa. Con Twitter, per esempio, si tiene aggiornato su quanto succede, un'altra caratteristica importante per un politico.

Vitta fa notare anche come ciò che lui condivide può essere ripreso rapidamente dai media, e inftati è difficile non ammettere come i social abbiano rivoluzionato, o quanto meno modificato, il modo di fare giornalismo. Dunque, attenzione, perchè qualsiasi post diventa pubblico in un battibaleno, e anche cancellarlo, se si sbaglia, sovente non è sufficiente, perché qualcosa lo avrà già ripreso.

Ma attenzione a non credere che i social possano da soli far vincere una campagna elettorale, e anon confondere la popolarità con il consenso, fa notare il politologo Oscar Mazzoleni, interpelalto sul tema.

Le gaffe rischiano di costare caro, "e la reputazione si può perdere con relativa facilità. Senza contare il fatto che è facile, con i social, ritrovarsi al centro di attacchi personali degli avversari o dei loro sostenitori. Il bombardamento informativo quotidiano – che modifica in modo rapidissimo il susseguirsi dei temi trattati – tende a neutralizzare in parte gli effetti del singolo errore comunicativo, soprattutto quando il politico sa o appare capace di autocorreggersi".

"I social aiutano il politico a mantenere l’attenzione sulla propria attività, a rafforzare i legami con i propri sostenitori che possono più facilmente essere motivati ad agire a suo favore alle elezioni", osserva Mazzoleni, sottolineando come spesso si parli comunque a una cerchia di persone che già votano per il politico. Oltretutto, c'è il rischio (e succede spesso), di trovarsi al centro di scontri con avversari e con loro sostenitori.

I social, lo sottolineiamo di nuovo, sono un'ottima fonte dove attingere considerazioni, pareri, notizie. Hanno creato una campagna elettorale perenne?  "Il flusso ininterrotto di messaggi, dialoghi, polemiche politiche risulta da un intreccio di più componenti: la maggiore incertezza politica, l’indebolimento dei partiti, la personalizzazione accresciuta della comunicazione politica, ma anche lo sviluppo della logica mediatica: più l’universo mediatico è denso e aperto alla concorrenza, meno il pubblico è fedele, più i media (audiovisivi, cartacei, web) sviluppano strategie editoriali che favoriscono la spettacolarizzazione e la drammatizzazione della politica".


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