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27.08.2017 - 15:300
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:43

Natalia Ferrara difende gli 'svizzeri di carta'. "Dove andremo a finire? Non siamo lontani dai tempi in cui ai quasi svizzeri verrà tolta la libertà di espressione, se la Lega continua così"

La deputata liberale attacca: "è perverso chiedere di scegliere fra la propria storia e quella dei propri genitori. Fra un po' proibiremo anche l'accesso alla Magistratura o all'Amministrazione? Leghisti col doppio passaporto, non avete un nodo in gola?"

di Natalia Ferrara*

Nel febbraio di quest’anno, in un’opinione pubblicata sul CdT, dopo l’ennesimo attacco sul tema da parte de Il Mattino della domenica, ho ribadito alcune considerazioni sulla doppia cittadinanza. Dopo la pausa estiva, oggi, MDD è tornato e colma paginate intere con il mantra degli svizzeri veri, quelli di carta, quelli doppi e dunque inaffidabili, e avanti così. Sono andata a rileggermi quelle poche righe, più che mai attuali, e credo sarebbe utile a molti rifletterci.

Non penso solo agli assidui lettori di MDD, che, poi diciamocelo, il giornale tanto vituperato lo sfogliano in molti, mi riferisco anche a sorprendenti opinioni come quella di Michele Fazioli, del mese di giugno, sempre sul CdT, che, senza alcun rispetto per quasi 1 mio di elvetici, ha paragonato il doppio passaporto alla carta cumulus per raccogliere punti e avere padelle in omaggio.

Un solo passaporto dice lui, certamente ammiratore di quel re del tennis, di cui tutti siamo fieri, che nessuno sogna di tacciare di “quasi svizzero”, come è successo a me, poiché di padre confederato e di madre sud africana. Nello sport è diverso, penseranno alcuni. No, in realtà, è uguale, perché, a discrezione, in Nazionale ci sono troppi stranieri, nelle locali di hockey addirittura i neri, e avanti così. In fondo, in molti, mi confidano che si tifa Lega e non si vota Lega, perciò anche quando la squadra del cuore sbaglia, si tiene duro. Ma quanti leghisti di origine straniera, naturalizzati e di frequente al beneficio del doppio passaporto (ne conosco personalmente alcuni), oggi riescono a stare dalla parte della Lega senza avere un nodo alla gola?

Mesi fa scrivevo che dietro all’assurda accusa contro i cosiddetti “svizzeri di carta”, a maggiore ragione se al beneficio di due passaporti, c’è in fondo l’idea drammatica che la cittadinanza sia una sorta di razza o di fatto etnico. Dunque, se ne hai una sola sei puro, sennò metti in crisi proprio questa certezza e, con essa, l’idea stessa di inimitabilità o di specialità che sta dietro ogni concetto di razza e, beninteso, dietro ogni razzismo e ogni razzista. A chi ha due passaporti si chiede di scegliere, sottintendendo con ciò una forma di doppiezza nella propria condizione. Di che scelta, in realtà, stiamo però parlando? Non già tra due Paesi ma, in verità, tra due storie: la propria e quella dei propri genitori. Mettere i figli (bi-nazionali o no) contro i loro genitori (stranieri) è una delle conseguenze (o uno degli obiettivi?) più perfidi delle invettive contro chi ha più di un passaporto. Far sentire madri e padri in colpa, dividere le generazioni tra chi è diventato svizzero e chi, da straniero, lo ha generato, chiedere ai figli di scegliere tra un Paese e una storia familiare è perfido almeno quanto trovare soddisfazione nella caricatura, nella derisione, nell’invettiva.

Ecco l’effetto concreto, diretto, di tanta aggressività contro chi ha acquisito la cittadinanza svizzera non per filiazione ma per naturalizzazione. Con il risultato, indiretto ma altrettanto evidente, di pretendere anche una sorta di emarginazione politica dei naturalizzati. O fate politica in Svizzera come diciamo noi o restate “tra di voi”, nelle vostre “famiglie”, lontani della “nostra società”. Vengono i brividi, tanto più se, sempre ne Il Mattino di oggi, possiamo leggere l’elogio al Politecnico di Zurigo, nella top 100 mondiale, facendo finta però di non vedere che questa storia di successo, è anche una parte di storia personale, non del tutto elvetica. La nostra Svizzera è quella di eroi quotidiani anche immigrati ed impegnati, dove, ad esempio il figlio di friulani arrivati da noi negli anni ’60 del secolo scorso (e, guarda caso, pure al beneficio della doppia cittadinanza) oggi è presidente del famoso e – giustamente - lodato Politecnico federale di Zurigo. Dove ci sono eroi veri si trovano però anche i leoni da tastiera, perché
l’insoddisfazione, si sa, crea rabbia e sproloquio.

E dove andremo a finire così, Lorenzo Quadri? Quando andremo oltre alla politica? Quando proibiremo l’accesso alla Magistratura o all’Amministrazione? Quando a qualcuno verrà in mente di proibire di sposare stranieri o essere proprietari di aziende straniere? Siamo ad un passo, tanto che Il Mattino di oggi mette in guardia proprio dal tradimento. Insomma, se uno è nato svizzero, meglio se patrizio, allora farà certamente gli interessi confederati, se invece è naturalizzato, potrebbe sempre essere servo di due padroni. Non è fantapolitica questa, è la pianificata e precisa volontà di sfruttare le differenze per dividere il Paese, invece di unirlo. Una guerra alle origini, al passato, invece di affrontare insieme il futuro. Una guerra alle origini, che ha bisogno, per legittimarsi, di far credere che si vivano tempi appunto bellici, con molte guerre (economica, finanziaria, religiosa, demografica, sanitaria) in corso contro di noi.

La mia famiglia, di origine italiana, mi ha insegnato che è giusto vergognarsi di quello che si fa di sbagliato non di ciò che si è. Personalmente, difendo le mie origini, perché se mettessi da parte le radici per far contento l’uno o l’altro, perderei proprio una qualità che ho appreso servendo lo Stato svizzero come Procuratore pubblico: resistere alle pressioni. Non mi faccio né tirare la giacca, né imbrattare la camicia: le origini straniere e la doppia cittadinanza non sono un problema per i cittadini, non sono un problema per me.

L’opportunismo, il populismo, la rozzezza e molto altro sì, ne sono convinta, perciò quando mi trovo di fronte a tutto questo ne Il Mattino della domenica ancora mi indigno, prendo in mano la penna e scrivo.
Almeno finché ai “quasi svizzeri” non verrà tolta la libertà d’espressione, e, se lasciamo che il rullo compressore de Il Mattino tolga la dignità agli uni o agli altri, francamente, non ci siamo lontani.
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