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08.10.2017 - 15:000
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:43

Regazzi torna alla carica su Prima i nostri. "Uno slogan per attirare voti elettorali, ma inapplicabile, a meno che vogliamo instituire un Far West"

Il presidente di AITI torna sulla famosa lettera scritta ai deputati PLR e PPD in Gran Consiglio: "scegliere a chi scrivere è nelle nostre facoltà. Non abbiamo soldatini in Parlamento, ma contatti con tutte le forze. A prendere in giro il popolo sono Marchesi e i suoi..."

BELLINZONA – Fabio Regazzi torna all’attacco su Prima i nostri e l’UDC: solo un buono slogan per accaparrarsi voti alle prossime elezioni, ma senza nessun fondamento giuridico. È quello che sostanzialmente AITI e Camera di Commercio avevano scritto nella famosa lettera inviata a PPD e PLR.

Ma perché solo a loro? Per Regazzi non è un problema. “Credo che scegliere di scrivere ai rappresentanti dei partiti di centro rientri tra le nostre facoltà. È per altro prassi comune, anche a Berna, di scrivere a determinate cerchie a seconda delle sensibilità. Non capisco pertanto il senso dell’obiezione, né dove risieda il problema. Ciò detto siamo in contatto anche con altri gruppi politici presenti in Gran Consiglio. Le modalità di comunicazione possono quindi essere molteplici e non credo che dobbiamo giustificarci se decidiamo di scrivere a un partito piuttosto che ad un altro”, ha detto nel corso di una lunga intervista al Corriere del Ticino, dove sottolinea come non è mai stato scritto di non votare per l’iniziativa, ma solo che essa non è legale. “Del resto anche il Consiglio di Stato (in cui siedono due leghisti) sostiene la stessa cosa”.

Piero Marchesi aveva parlato di soldatini dell’economia, il termine non piace a Regazzi. “Noi non abbiamo soldatini in Gran Consiglio bensì interlocutori in tutti i partiti, UDC compresa. La reazione isterica di Marchesi è un segnale di nervosismo di chi ha la coda di paglia”. Il presidente dell’UDC a suo dire non ha rispetto del popolo, “con quesiti strampalati e inapplicabili facendo credere che si possa calpestare a piacimento il diritto superiore in nome della volontà popolare. Naturalmente allo scopo di ingraziarsi i cittadini e ottenere consenso da spendere alle prossime elezioni”.

“È chiaro che se il Parlamento dovesse avallare delle proposte che noi riterremo illegali non ce ne staremo con le mani in mano. Per noi la Costituzione, gli accordi internazionali, nonché le leggi federali e cantonali in uno Stato di diritto hanno ancora un valore e pertanto chiederemo di farle rispettare”, minaccia il presidente di AITI.

“Come detto una democrazia si basa anche sul principio della legalità, a meno di accettare di instaurare una sorta di Far West. Il problema in questo caso, come ugualmente è stato il caso anche per l’iniziativa sui salari minimi, è che è stato sottoposto al popolo un quesito facendogli credere che era la soluzione giusta per creare una preferenza indigena cantonale nell’ambito delle assunzioni. Con “Prima i nostri” si vogliono piegare le leggi e gli accordi internazionali esistenti, cosa che non è semplicemente possibile fare. Ho già chiarito in precedenza qual è il cammino da percorrere, cioè modificare la Costituzione federale e abolire gli Accordi bilaterali. Quello di dire che il Cantone può legiferare laddove la Confederazione non lo fa è semplicemente una bufala giuridica e una presa per i fondelli”, termina. 
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