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28.03.2018 - 21:270
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:43

Viscardi lascia la presidenza. "Si è interrotta la comunicazione. Pur di arrivare allo strappo, si sono usate tecniche usate da altri. La convivenza sarebbe problematica"

Con un'articolata nota, dove riassume gli ultimi mesi in cui qualcosa aveva cominciato a scricchiolare, Giovanna Viscardi rinuncia alla carica di presidente. "Non potrei convivere con chi non apprezza il bene che può nascere da un civile confronto dialettico. Non sono arrogante, intollerante o incoerente"

LUGANO – Giovanna Viscardi lascia la presidenza del PLR. Lo fa con un lungo comunicato, in un certo senso ermetico, dove dice e non dice. Da qualche tempo si parlava di disaccordi all’interno del partito liberale luganese: questa sera, l’epilogo, con uno dei personaggi chiave che lascia.

“È ormai manifesto per tutti: un non so che di inesplicabile ha bruscamente interrotto il circuito virtuoso della parola. Dopo un tempo, nemmeno tanto breve, in cui lo scambio di pensieri e propositi sembrava fluire armonioso – a beneficio di una promettente collaborazione tra gli organi della sezione e i rappresentanti del partito negli organi comunali –un subitaneo ostacolo si è frapposto al proficuo scorrimento della comunicazione. Quasi che i codici espressivi e interpretativi del linguaggio si fossero d’improvviso alterati, così da impedire la continuità del dialogo e mettere perfino in forse l’autenticità di quello intercorso”, inizia la lunga nota. Insomma, non c’era più comunicazione tra vertici e eletti, par di capire.

“Per quanto si cerchi di “ficcar lo viso a fondo”, non si trovano cause oggettive di questo improvvido scompiglio dei canoni comunicativi. Di immediata evidenza ne è, per contro, l’effetto perverso. I critici dell’ultima ora, smarrita la memoria dei ripetuti riconoscimenti di sintonia, hanno concentrato la loro offensiva su presunte mie manchevolezze comportamentali(“comportamenti fuori dai classici schemi istituzionali”; “comportamenti inappropriati per il ruolo che riveste”: in CdT 14 marzo 2018e La Regione 15 marzo 2018). Dimenticano, gli estemporanei censori, che i comportamenti personali -sempre che si situino nell’ambito della liceità - possono diventare di pubblico rilievo solo se si traducono nell’arroganza, nell’intolleranza o nell’incoerenza. Difetti, questi, di cui non mi sento portatrice, per il tutt’altro mio animo che non lo consentirebbe. E con ciò non intendo naturalmente dire che l’attività di presidente sia stata scevra di errori”. Tradotto: le critiche le sono parse eccessive e mirate a difetti che non pensa di avere.

“Pur di provocare una situazione di strappo, sono stati usati metodi che il partito ha sempre riprovato se utilizzati da altre forze politiche; e proscritto nel proprio interno. Mi si darà atto che l’atteggiamento di chi, forse per procurarsi una posizione di effimero vantaggio, ferisce la sfera personale del suo immaginato contendente, è in stridente contrasto con il contegno che si vorrebbe proprio di tutti i liberali radicali”. Parole dure, che continuano: “si tratta non solo di una caduta di stile, bensì di un crollo della tensione etica. Né può valere la scusante che nell’attuale temperie politica, ove i valori fondanti appaiono vieppiù lontani e sfumati, sia concesso ogni mezzo pur di raggiungere il fine propostosi. A prescindere da un giudizio di valore sul fine, il mezzo reca già in sé la sua condanna”.

Lei, scrive, ha provato a ricomporre la situazione. “Vari sono stati i tentativi di riportare l’artificiosa contesa in un solco di seppure minima ragionevolezza. Il pregiudizio originario si è dimostrato insuperabile, come non superabile è stata la sicumera di chi accusa e nel contempo pretende di dare una sentenza definitiva. Affermare, in duetto stordente, che la “situazione è seria e chi ne ha la responsabilità politica se la assuma”, è, oltre che una malizia, l’inconcepibile sofisma di chi quella situazione ha artatamente creato. Potrei, d’ora in poi, limitarmi a seguire il monito: “vedesi molte volte come l’umilità non solamente non giova ma nuoce, massimamente usandola con gli uomini insolenti, che o per invidia o per altra cagione hanno concetto odio teco” (“Ingannonsi molte volte gli uomini, credendo con la umilità vincere la superbia”)”.

Però, “la ragione mi induce a ritenere quantomeno problematica un’ulteriore convivenza, a ruoli immutati, con chi ha mostrato di non apprezzare il bene che può nascere da un civile confronto dialettico. Di qui la mia rinuncia alla carica di presidente”.
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