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30.04.2018 - 18:030
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:43

Tema unico e poco... sexy. La poca partecipazione alle urne non preoccupa il mondo politico, "pensiamo al 60% di votanti per No Billag"

Ma Marchesi ammonisce, "se non si risolvono i problemi sul lavoro sarà difficile far passare riforme e rispettare patti di paese". Caprara: "se non si è coinvolti sui temi fiscali non si vota". Quadri: "non c'è il giusto valore per i diritti popolari, se non rispettano le decisioni popolari". E Righini: "anche la data..."

BELLINZONA – Solo il 32% degli aventi diritto di voto si è recato alle urne per dire la sua in merito alla riforma fiscale. Una sconfitta della democrazia, al di là del risultato?  Un tema che interessava poco, troppo complesso, o una disaffezione nella politica in genere?

Abbiamo interpellato rappresentanti di partiti diversi che invece minimizzano.

“Innanzitutto va detto che quando si chiama la gente a ragionare su un tema unico non è detto che risponda presente. Era un argomento complicato, in votazione da solo e in un periodo complicato. Il Governo non ha voluto farci votare il 10 giugno assieme ai temi federali, se avesse optato per quella data sarebbe andata più gente alle urne”, spiega Igor Righini, presidente del PS. “Prima di dire che i cittadini ticinesi mancano di fiducia nelle istituzioni e che c’è una disaffezione verso la politica bisogna attendere, non si possono dire cose simili su un solo risultato. Anzi, sono convinto che quando si andrà a elezioni ci sarà una buona percentuale al voto, e che già a giugno essa si alzerà, i temi federali chiamano sempre. I numeri vanno presi in considerazione ma tracciare regole su un unico argomento è pericoloso e può essere fuorviante, facciamo un’altra valutazione a fine anno”.

Anche Lorenzo Quadri della Lega è convinto che “essendoci un solo tema in votazione, non c’erano altri argomenti a far da traino. Se ci fosse una disaffezione generale, questi dati si riscontrerebbero in tutte le votazioni. La disaffezione ci può essere, in questo caso penso che il tutto sia collegato al tema, che hanno sentito come distante: non si sono sentiti chiamati in causa, visto che il messaggio che è passato era quello di sgravi a pochi ricchi e di aiuti a famiglie con bambini piccoli. Chi non rientrava in nessuna categoria non si è sentito coinvolto, e non ha imbucato la scheda. Oltretutto era un argomento abbastanza ostico, con i temi sociali e fiscali uniti, difficile da sintetizzare con uno slogan chiaro che potesse far passare un messaggio. Ma tanti o pochi che votano, contano i risultati delle urne”.

Non c’è dunque da preoccuparsi troppo, “una disaffezione c’è perché il risultato delle urne viene sabotato dalla politica, è un deterrente. Già il cittadino pensa che comunque i politici fanno quello che vogliono, vedi Prima i nostri o il 9 febbraio, non c’è il valore giusto per i diritti popolari. In ogni caso, tanto era dovuto al tema che aveva, diciamo, poco sex appeal”.

Il tema solo in votazione è una causa della scarsa affluenza anche per il presidente dell’UDC Piero Marchesi. “Era anche un argomento non troppo sexy, se così posso definirlo, anzi piuttosto tecnico che richiedeva tempo per capirlo”. Si dice comunque deluso dal dato, “reputo che in una democrazia come la nostra dove si dà un valore importante alla democrazia diretta vedere che due terzi non va a votare è un argomento negativo, tenendo conto che si può votare anche da casa. Gli assenti hanno sempre torto, chi non ha votato non ha esercitato il proprio diritto e dobbiamo tenerne conto, non si deve relativizzare. È sinonimo che qualcosa non va, che il popolo ha perso fiducia”.

Marchesi, specificatamente, afferma che “vedere che una riforma, seppur timida e che teneva in considerazione solo una fascia della popolazione, significa che chi l’ha proposta non ha pensato che andava preso in considerazione anche il ceto medio, troppo tartassato da anni,  e che c’è una non volontà del popolo di voler concedere qualcosa ad altre categorie se non ti tocca. Insomma, la popolazione mediamente sta peggio di dieci anni fa, con meno lavoro e un frontalierato importante, e la gente è meno disposta a concedere degli adeguamenti ad altre categorie: se non sto bene, chi se ne importa degli altri. Io lo leggerei così, e deve essere un monito per i partiti di Governo, in particolari liberali e pipidini, che si devono rendere conto che si deve risolvere il problema del lavoro, altrimenti diventerà sempre più difficile fare riforme, chiedendo sacrifici a qualcuno, e verrà a mancare un patto di paese”.

“Direi che si è trattato di una somma di tutto quel che mi ha elencato”, è l’opinione del presidente liberale Bixio Caprara, che concorda con Marchesi: “le riforme fiscali, se non toccano il proprio borsello, interessano poco. Qui si parlava di aziende e di chi ha sostanza, dunque non la maggioranza della popolazione ed era la grande sfida. Nonostante ciò il fatto di aver ottenuto un voto positivo è molto interessante, ed è stato possibile perché c’è stato un accompagnamento di misure sociali”. Non si preoccupa, “abbiamo appena avuto il voto su No Billag dove la partecipazione è stata ben diversa. Non trarrei dunque indicazioni affrettate, è stato un tema complicato e non è molto sexy dire che si fa un regalo ai ricchi, questo è stato il leit motiv dei contrari. Un argomento su cui fatico a seguire la sinistra, se il 25% non paga le imposte e si hanno sostegni sociali e fiscalità favorevoli alle famiglie, vuol dire che qualcun altro paga le imposte, no? A qualcuno è sfuggito… È giusto pensare a come curare al meglio i ‘buoni pagatori’, è marketing più che politica fiscale, come ogni azienda che cura i clienti che portano le migliori entrate. Oltretutto non andava a scapito di nessuno! Il numero era esiguo, per cui non si potevano movimentare le masse”.

In casa PPD, il capogruppo Maurizio Agustoni sostiene a sua volta che “era un tema unico, dove ce ne sono di più è più facile che almeno uno interessi l’elettorato. Probabilmente, non era una tematica risultata avvincente per la maggior parte dei cittadini, che non si sono sentiti particolarmente coinvolti. Non si trattava, né in un caso né nell’altro, di una decisione che cambiasse i destini del Cantone. Era un argomento settoriali, si parlava di sgravi fiscali che interessavano direttamente solo una parte minima della popolazione.  In fondo è solo il 10% in meno dei votanti soliti”. Per cui, niente panico. “La votazione precedente era stata quella su No Billag, dove aveva votato il 60%, se penso a quel tema, con una portata importante per il Ticino e per tutta la Svizzera, immagino che per tematiche come il rinnovo dei poteri cantonali ci si avvicinerà più al tasso del 4 marzo che a quello di ieri”.
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