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04.10.2018 - 15:340
Aggiornamento: 05.10.2018 - 11:33

Un'ora e mezza per dire no al ricorso. "Declino di civiltà". "Spettacolo penoso"

Molti rappresentanti hanno evidenziato la necessità di un cambio di passo. "Non servono rapporti di forza, ripicche, rancore". "Salviamo quel che resta della credibilità delle istituzioni"

BELLINZONA – È durata poco meno di un’ora e mezza, con 68 membri presenti, la seduta straordinaria del Gran Consiglio. In 53 hanno deciso di non impugnare il decreto di abbandono del Procuratore Pubblico nei confronti di Vitta, Beltraminelli, Gobbi e Zali per via dei rimborsi telefonici, i sì sono stati 13, con una scheda bianca e una nulla.

Come sarebbe andata a finire, lo si è intuito già dai discorsi dei rappresentanti dei partiti: tutti contrari, e non si sono risparmiate critiche e frecciate al clima che si è instaurato fra poteri dello Stato.

Per il liberale Farinelli, “i Consiglieri di Stato non hanno commesso alcun illecito. Speriamo che qualcuno lo capisca, come si dice che alla terza fetta si capisce che è polenta. Stiamo dando uno spettacolo penoso. Sosterremo il messaggio dell’Ufficio Presidenziale che suggerisce di non fare ricorso, di fronte a eventuali mancanze di tipo amministrativo è chiaro che la via penale non ci azzecca. Se lo scopo fosse far chiarezza non bisognerebbe far pubblicità a ogni azione che si intraprende”. E pur ammettendo che non avrebbe sempre preso le stesse decisioni, loda l’operato di Pelin Kandermir Bordoli.

Poi ha parlato il pipidino Maurizio Agustoni. “Stiamo decidendo su un aspetto successivo rispetto ai due precedenti decreti d’abbandono, il rimprovero di Pronzini di aver riscosso i rimborsi telefonici. Il Governo si intestardito a percepirlo: poco opportuno, poco elegante, c’è stata poca flessibilità nei confronto del Parlamento e del paese. Ma c’è differenza tra mancanza di eleganza e abuso di potere. I Ministri si sono detti pronti a restituire i rimborsi, in caso che il Gran Consiglio l’avesse chiesto: ci pronunceremo in un’ultima analisi sul tema, ma non è una questione penale, l’abuso di autorità è altro”. Non ha risparmiato dure considerazioni sui poteri dello Stato. “C’è la separazione, ognuno ha le sue competenze e non interferisce con le altre. Non vuol dire che i rappresentanti dei poteri devono vivere e comportarsi da separati, che è quello che abbiamo vissuto negli ultimi mesi. Si è instillato, per responsabilità che si darà a chi si vorrà, un clima di ripicche, rancori, aggressività, come per interpretare il dibattito in rapporti di forza. Il Cantone non ha bisogno di organi dello Stato che si comportano in termini di forza, o di lotta di classe come direbbe Pronzini. Gli scontri vanno vissuti all’interno. Discutiamo nel Legislativo sulle proposte di legge e su quanto riteniamo sia utile, ma non litighiamo fra poteri dello Stato. È un sintomi di declino e decadenza di una civilità. Non possiamo permettercelo, oltretutto non mancano i veri problemi da affrontare. Spero si possa ricominciare ad avere un rapporto più sereno fra le istituzioni. Per fortuna questa legislatura si avvia al termine, penso che ci meritiamo una classe politica che sappia ragionare sui temi, con altro spessore”.

Per Ivo Durisch, socialista, è stato “corretto convocare il Gran Consiglio, meglio esprimersi su un eventuale reclamo. Avendo letto decreto di non luogo a procedere, siamo convinti che non vi siano gli elementi per fare un ricorso, per cui sposiamo la tesi dell’Ufficio Presidenziale”. E amnche lui vuol dire due parole sul clima che si respira fra istituzioni. “Se ci fosse stato sin dall’inizio un dialogo non da muro contro muro tra Ufficio Presidenziale e Consiglio di Stato non si sarebbe giunti a dover convocare una seduta per prendere queste decisioni, come Agustoni auspico maggior comunicazione fra tutte le parti”.

Per i Verdi, ha parlato Francesco Maggi. “La maggioranza del mio gruppo voterà le conclusioni dell’Ufficio Presidenziale. Siamo al terzo decreto di abbandono, speriamo serva da monito. Da più parti detto che bisogna smettere col muro contro muro, abbiamo offerto un teatrino deplorevole, anche da parte nostra c’è l’auspicio di saper risolvere i problemi discutendo in Ufficio Presidenziale e in Gestione. C’è stato un velato rimprovero a chi ricorre alla giustizia, questo discorso deve valere anche per il Consiglio di Stato che ha denunciato Pronzini: poteva essere evitato. Da tutti vorremmo responsabilità per salvare quel che resta della credibilità delle istituzioni”. Dunque, non solo Pronzini ha sbagliato, a suo modo di vedere.

Sergio Morisoli e il suo gruppo dichiarano che “non abbiamo sospetti e non abbiamo alimentato nulla su questa vicenda. Per noi c’è buona fede che deve essere il fondamento fra i tre poteri. Le istituzioni si valorizzano e rapportano dando fiducia all’integrità di chi siede nei tre poteri. Evitiamo di usare la giustizia a fini vendicativi e politici, i paesi che lo fanno non sono messi meglio di noi”.

A questo punto ha voluto parlare Matteo Pronzini. “Se qualcuno mescola giustizia e politica, quelli sono i partiti, che nominano i magistrati su divisioni politiche. Sentire Farinelli dire che portare la politica nei tribunali non va bene fa sorridere, i tribunali sono rappresentazione di partiti. Crediamo che almeno i concetti di legge vengano rispettati, quello che facciamo”. E ha proseguito: “se qualcuno pensa che senza la mia denuncia la vicenda del rimborso spese sarebbe arrivata dove è arrivata… Certo, due volte è arrivato un decreto di abbandono, ma se non c’è rilevanza penale non vuol dire che il modo in cui si è agito sia, anche moralmente. Si vedono approssimazione, opacità da Governo e Parlamento. Se il Procuratore non mi ha dato ragione, ha dato torto a Governo e Parlamento. Perfino l’ultimo decreto, su cui ci pronunciamo, ha sortito l’effetto, negatelo pure ma non ci crede nessuno, di convincere i quattro Ministri a rinunciar,e spero definitivamente alle spese telefoniche. Senza questo intervento avremmo visto il solito muro di gomma. La nostra tesi era chiara: di fronte agli interventi di Noseda era chiaro che alcune indennità non avevano base legale e dovevano essere abbandonate. Bertoli con coraggio e coerenza ha tratto le conseguenze, mentre gli altri quattro non lo hanno fatto e a nostro modo di vedere sono responsabili consapevolmente di questa scelta. Non può essere sottaciuto che dopo il primo rifiuto da parte dell’Ufficio Presidenziale di concedere loro 18mila franchi di rimborsi essi non hanno cessato il versamento ma hanno portato una contro proposta. È un comportamento degno di politici eletti? Non c’è malafede? Come negare che quattro quinti dei Ministri si sono assunti il rischio di continuare a versarsi forfait illegali. Il Gran Consiglio può solo richiedere in causa civile per farsi ridare i soldi, quindi se si decide di non farlo anche lo pseudo impegno dei Consiglieri di Stato di ridare soldi andrebbe a cadere e qualcuno vuol fare il furbo. Gli elementi esposti bastano a dimostrare quanto sono problematici i rilievi nel decreto che ha escluso il dolo, a mio modo di vedere si giustifica reclamo per sottoporre tutto a un collegio giudicante”. Appello caduto nel vuoto, visto il risultato. 

Poi c’è stato qualche battibecco sui costi della seduta, con Franco Celio che, come Germano Mattei, ha rinunciato al gettone. “Io sto facendo un servizio allo Stato per migliorarlo”, ha asserito il rappresentante di MontagnaViva. Ma perché dopo il terzo decreto di abbandono non abbiamo ancora i risultati della Sottocomissione finanze?”.

Al che Fabio Bacchetta-Cattori ha spiegato che bisognava attendere la fine del fronte penale e che entro novembre dovrebbero arrivare le conclusioni.

Patrizia Ramsauer si è chiesta come “la legge non ammette ignoranza, però i Consiglieri di Stato hanno compiuti studi superiori anche in legge, mi chiedo cosa sia successo”. Lo diranno forse le conclusioni dei rapporti. Fra un mese si torna a discutere di rimborsi. E probabilmente non basterà un’ora e mezza…

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