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13.11.2018 - 10:000

"Se ci fosse un nobel per la svizzeritudine..." Papa Francesco si candida!

Il giornalista Lorenzo Buccella racconta con emozione il suo incontro col Pontefice. "È un attimo, pensi a cosa dire e poi è un flash. Quella frase sulle guardie conferma il suo humor"

ROMA – L’emozione di vivere quello che vedi in tv dal vivo, e il protagonista improvvisamente sei tu. Incontrare Papa Francesco è un desiderio di molti, stringergli la mano un privilegio che non è concesso certamente a tutti. Lorenzo Buccella, giornalista della RSI, ha potuto farlo a margine della visita di Berset al Pontefice e ci racconta il momento.

Che sensazioni ha vissuto dando la mano al Papa?

“L’emozione c’è tutta ed è forte. Papa Francesco è un personaggio centrale nell’immaginario collettivo. Lo vedi sempre, anche mentre lavori, a distanza di sicurezza, non capita mai l’incontro ravvicinato. Poi tutto d’un colpo te lo trovi davanti e crea emozione. C’è un rituale di attesa, già il solo varcare le stanze con le guardie svizzere, che hanno una coreografia bellissima, dà un senso del fascino, del mistero, della storia. Passi nei luoghi che hai visto in tv e nelle immagini televisive, anche se da comparse attraversi quegli spazi, dalla biblioteca alle opere d’arte. E ripeto, le guardie hanno un forte effetto scenografico”.

Cosa vi siete detti, se è possibile saperlo?

“Pensi tantissimo a cosa dirgli poi escono solo frasi di circostanza… Francamente gli ho detto che era un piacere stringergli la mano ed essere davanti a lui, il Papa mi ha sorriso bonariamente. Praticamente, è un flash, rimane quello sguardo negli occhi, un momento che vola. Se si pensa al percorso, il tempo impiegato, sono entrato alle 9, l’udienza era alle 10, e quel che ti concerne, a parte il lavoro di giornalista! Poi la stretta di mano è un francobollo, non si ha la prontezza per parlare… non si avrebbe il tempo, però al momento dici qualcosa di banale ma assolutamente sincera”.

Quindi cosa gli avrebbe detto, con più tempo?

“Sai che non avrai il margine ma ci sarebbe la voglia di ascoltarlo. Papa Francesco ha una voce molto bassa e questo aumenta il carisma nella comunicazione. Quando parlava con Berset, a distanza di qualche metro da noi, si sentiva cosa diceva quest’ultimo in spagnolo ma pochissimo delle risposte. Quindi cosa avrei chiesto non lo so, tutto e niente, è un momento emozionante”.

Generalmente segue il Papa, le piace?

“Non sono una persona fortemente religiosa però provo fascino per la statura della persona, per il tipo di messaggi che manda, per la centralità che ha nell’immaginario mondiale, per il tipo di influenza che vuole avere. Mi piace per tutti questi motivi”.

Come sono i rapporti fra Svizzera e Vaticano?

“Le dichiarazioni delle persone che escono da un’udienza col Papa sono sempre buone, ma qui c’è qualcosa in più visto che arriva a cinque mesi dalla visita a Ginevra. È stato un ridiscutere quello che c’era stato. Il Papa ha affermato che poter usare lo spagnolo senza traduttore gli ha permesso di parlare realmente in quei 27 minuti. E Berset ha raccontato di una frase di Francesco, scherzosa: ‘se ci fosse un nobel per la svizzeritudine potrei tranquillamente vincerlo perché appena mi sveglio vedo degli svizzeri’, intendendo le guardie. Da qui esce lo humor che lui ha, che viene rimarcati spesso”.

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