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29.03.2016 - 12:060
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:43

La finale che nessuno si aspettava: Lugano, a te

I bianconeri sono cresciuti nel corso dei play off, sino ad eliminare la bestia nera Ginevra. Attenzione però al Berna, grande sorpresa del post regolar season

LUGANO - Oltre le aspettative, anche se non è detto che l'asticella è stata tenuta "più bassa" apposta: il Lugano, arrivato a questo punto, non può certamene giocare la finale senza viverla come un appuntamento con la storia. I bianconeri puntavano alla semifinale, obiettivo dichiarato di inizio stagione, che ad un certo punto, soprattutto prima dell'avvicendamento fra Fischer e Shedden, pareva difficile. La regolar season, invero, non è stata delle più esaltanti, ma i play off sono, si sa, un torneo a parte. Lo testimonia il Berna, arrivato ottavo, in lotta sino all'ultimo (ne sa qualcosa l'Ambrì...) per qualificarsi e che poi ha eliminato in sequenza lo Zurigo e i campioni uscenti del Davos. Il Lugano, dopo essersi sbarazzato senza troppi problemi di uno Zugo che appariva comunque un avversario di livello, si è trovato di fronte all'ostacolo migliore e peggiore: quel Ginevra che lo aveva eliminato negli ultimi due anni, e che oltre all'essere indubbiamente un'ottima squadra, getta sul ghiaccio e fuori l'arma dell'aggressività senza disdegnare la provocazione. In questa semifinale, infatti, sono fioccate le penalità, il ritmo agonistico è sempre stato alto, con contrasti leciti e al limite. Anche sul ghiaccio, si è vissuto equilibrio, per quanto sia stato strano il fatto che, sino a ieri, abbiano vinto sempre e solo le squadre di casa. Il Lugano si portava avanti, il Ginevra lo rimontava. I bianconeri hanno tremato probabilmente in gara 4, l'unica partita quasi a senso unico. Si è pensato a stanchezza, a batterie esaurite dopo una prima parte di play off giocati a mille e un inizio di semifinale dispendioso anche dal punto di vista nervoso. Dopo il crollo dinanzi al proprio pubblico, col tennistico 6-1, gli uomini di Shedden sono stati bravi a reagire subito, creandosi i presupposti per il match ball di ieri alla Resega, ottenuto fra il tripudio della gente. Decisivo il pubblico, come ha detto Vicky Mantegazza? Calcolando che era la prima sfida di semifinale vinta fra le mura amiche, è difficile dirlo. Certamente Lugano ha iniziato a crederci e a compattarsi, e l'atmosfera è stata indubbiamente importante per il gruppo. Parlare di singoli è facile e difficile al tempo stesso: dal portiere Merzlinkins, sollecitato come il collega ginevrino, agli stranieri. Klasen e Martensson figurano fra i migliori marcatori dei play off, e non è un caso che la reazione dopo la disastrosa sconfitta per 6-1 sia arrivata proprio alla prima gara di semifinale disputata da Pettersson, sin lì assente. Ma fra chi ha fatto segnar tanti punti figura anche Brunner, un punto fermo. Le individualità, il Lugano, le ha di certo, senza scordare Hofmann, Hirschi e tanti altri, compresa la voglia di emulare l'impresa del padre di Alessio Bertaggia e quella di dimostrare attaccamento alla maglia sino all'ultimo del futuro piottino Kostner. Il Berna, per contro, nella classifica dei migliori marcatori piazza solo un elemento, Ebbet, all'ottavo posto, eppure ha perso una sola gara contro il Davos ed ha eliminato la prima della regola season, lo Zurigo. Se si vuole fare un parallelismo, anche gli orsi hanno dato la sterzata decisiva, proprio come i bianconeri, dopo aver preso l'unica batosta della semifinale, un 7-1 che pareva rianimare il Davos. Comunque vada a finire, ci sarà un nuovo campione svizzero. Se la giocheranno quinta e ottava, la prova che la lotteria dei play off mischia le carte in modo poco prevedibile. Bel gioco, organizzazione, resistenza sono indispensabili, ma l'elemento in più da aggiungere sono gli occhi da tigre, la determinazione di giocare ogni gara come se fosse quella decisiva, senza calcoli. E l'agonismo, la voglia, quella che Shedden ha saputo più di Fischer portare ai suoi, diventano discriminanti importantissime, capaci di far fuori anche le favorite. Al Berna riuscirà il colpaccio, da cenerentola dei play off a campione svizzero? Ovviamente, a Lugano si augurano di no. Il Ticino sul tetto della Svizzera, un'occasione che si aspettava da dieci anni, un periodo colmo di stagioni in chiaro scuro, dove l'Ambrì spesso e volentieri è rimasto fuori dalle magnifiche otto e il Lugano non sempre ha saputo farsi valere. Dieci anni di digiuno non hanno spento la passione di un cantone che nell'hockey si divide e si esalta, e la metà bianconera vuole l'impresa. Comunque vada (ma guai a dire che sarà in ogni caso un successo, perché a nessuno piace perdere, dopo la sconfitta in finale alla Spengler, un altro risultato di valore che ha lasciato un po' di sapore di incompiuto in bocca), è un punto di partenza. E l'Ambrì? Noi non tifiamo Lugano, hanno precisato in molti. Giusto così, in fondo. Ma l'occasione che ha il Lugano è importante per tutto il movimento hockeystico ticinese.
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