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07.04.2018 - 15:070
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:43

"Indecente e subdolamente opportunista cavalcare l'onda emozionale degli eventi più eclatanti per creare consenso per azioni squadriste e liberticide". Gli ultrà del Lugano contro Gobbi

"Lo Stadio è l'ultimo luogo di aggregazione, per lo Stato è una palestra per l'instaurazione di misure repressive", attaccano le Teste Matte. "Ci viene il vomito. Questa non è la nostra battaglia ma quella dei cittadini ticinesi dotati di buon senso". E definiscono le Istituzioni ticinesi "derelitte"

LUGANO – Anche gli ultras del Lugano prendono posizione. Sulla scorta dell’Operazione Valascia, Norman Gobbi parlò di misure per la sicurezza da introdurre negli stadi: si pensò a biglietti nominali, a controlli all’entrata, incrociando viso e documento d’identità. Si scatenò una bufera. Noi di TicinoLibero chiedemmo a diversi cittadini cosa ne pensavano, e in molti dissero sì, “tanto non abbiamo nulla da nascondere”.

Per quanto concerne gli ultrà, la questione è stata diversa. Quelli dell’hockey si fecero subito sentire, per loro era no. Quelli dell’Ambrì si sentono ai ferri corti contro Gobbi, lo accusano di voler distruggere la loro curva. Anche i luganesi dissero no. I tifosi del Bellinzona esposero uno striscione ironico, dicendo che se ci voleva il documento l’avrebbero acquistato falso nel Dipartimento del leghista.

Adesso anche le Teste Matte, il gruppo Ultrà del Lugano, prendono posizione con una nota. “Siamo basiti nel constatare che il nostro caro Ministro voglia imporre alle società sportive ticinesi la misura liberticida del controllo dell’identità, obbligatorio ed invasivo, a tutti i tifosi intenzionati a recarsi alla partita della propria squadra del cuore. Non è necessario essere filosofi o giuristi per rendersi conto che una misura del genere, oltre che totalmente sproporzionata, lede le libertà personali di ogni individuo".

Perché, dicono più avanti, “non vediamo per quale ragione dovremmo accettare di farci schedare al par dei malfattori senza la benché minima ragione di sicurezza o sospetto fondato”. Considerano lo stadio uno degli ultimi luoghi di aggregazione, ma “rappresenta per lo Stato una palestra per l’instaurazione di misure repressive”.

"In Ticino dati alla mano, non esiste un problema di violenza negli stadi. È indecente e subdolamente opportunista che le derelitte Istituzioni ticinesi cavalchino l’onda emozionale dei casi più eclatanti, isolati e rari, per creare facile consenso verso azioni squadriste e iniziative liberticide. Ci viene il vomito a pensare che in uno stato civile come la Svizzera, la sua appendice più a Sud debba subire una follia autoritaria che danneggia tutti. Danneggia le società sportive, danneggia il buon senso, danneggia la libertà del singolo e lede il principio d’innocenza”, si legge ancora.

Questa è, per i bianconeri, “non è la battaglia degli ultras del Lugano, ma dei cittadini ticinesi dotati di buon senso".
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