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09.07.2018 - 12:160

Da Akanji con la maglia della Nigeria a Immersi che ritiene che "non si può costringere un 15enne a scegliere un passaporto". E Abate attacca Xhaka. "I belgi sono tutti integrati? I francesi?"

Sulla tematica si è espresso anche Kubilay Türkyilmaz. "Le dichiarazioni di Miescher? Quanto di più assurdo pubblicato sul tema negli ultimi anni"

BERNA – Finito, per la Svizzera, il Mondiale, si parla di doppi passaporti. Sembra un po’ di essere tornati ai tempi dell’elezione in Consiglio Federale di Ignazio Cassis. Qui non si parla di politici ma di calciatori. Giusto proibire a chi inizia a far parte delle selezioni giovanili di avere due passaporti?

Granit Xhaka ha reagito male, il suo compagno Manuel Akanji ha postato una foto delle sue vacanze dove indossa la maglia dell’altra nazioni di cui possiede il passaporto, la Nigeria. Un caso o un segnale?

Intanto, prendono posizione sia esperti che politici.

“Sicuramente, pensando alla formazione, fa perlomeno strano vedere un ragazzo che svolge tutta la trafila nelle selezioni giovanili in Svizzera per poi, al momento di passare alla Nazionale maggiore, scegliere il suo Paese d’origine. A tutti sarebbe piaciuto vedere Rakitic o Petric giocare per la Svizzera. Però non penso proprio che obbligare un ragazzo di 15 anni a scegliere o a rinunciare al doppio passaporto sia la strada corretta. Sarebbe più giusto andare alla radice del problema, capire da dove arrivano determinate scelte”, ha detto a La Regione Massimo Immersi, nuovo responsabile tecnico del Team Ticino, convinto che tutta la polemica sia nata a causa delle aquile e che fra un po’ si smorzerà.

Sul fronte politico, si è espresso tramite Facebook il Consigliere agli Stato Fabio Abate, che non vede un problema di integrazione. "I belgi che vincono sono tutti integrati? I francesi che vincono sono tutti integrati? Nelle periferie di Parigi e Bruxelles, così come in altre città di queste due nazioni sembra proprio che il concetto di integrazione non sia molto diffuso". Infatti  in questi luoghi non crescono solo talenti calcistici…Il difensore centrale della Russia, ossia un brasiliano, conosce il russo?”.

A suo modo di vedere, il problema base viene da come si convincono i calciatori a scegliere una o l’altra maglia, e parte dal caso Rakitic, nato e cresciuto a Basilea, che tutti avremmo visto, come dice Immersi, volentieri in rossocrociato: ma lui ha scelto la Croazia e ora è pronto a disputare la semifinale. "Ciò che interessa alle famiglie di queste famiglie è creare sicurezze ad un paio di generazioni. E forse qui c'è parecchio lavoro che aspetta e che deve essere organizzato con i club di formazione, ai quali interessa evidentemente incassare somme importanti dal trasferimento all’estero del talento. Nel 2007 il coach della Croazia si recò a casa di Rakitic a lo convinse a vestire la maglia a scacchi. A parte le convocazioni, cosa fu intrapreso per vederlo giocare nella nostra nazionale maggiore? Quante volte Köbi Kuhn lo contattò? E l'amico Oliver Neuville? Certo, lui ha scelto il meglio e ha potuto essere protagonista addirittura in una finale dei mondiali. Ma prima di scegliere…? E non aggiungo altro. Ai tempi le convocazioni venivano pilotate dai senatori dello spogliatoio: ecco i risultati. E i doppi passaporti non c'entrano nulla".

Non risparmia la Federazione, che vede confusa, ed anche Xhaka: “non ha un problema di integrazione, ma di motivazione!”

Immaginiamo che al centrocampista, che già ha vissuto male l’uscita del segretario dell’ASF, queste parole non piaceranno.


Anche l'ex stella della 'Nati' Kubilay Türkyilmaz si è schierato contro il segretario generale dell'ASF. "Le sue dichiarazioni sono quanto di più insensato pubblicato sul tema negli ultimi anni",

"Anche io – precisa ‘Kubi’ all'ATS – ho due passaporti, quello svizzero e quello turco, ma non mi sono mai sentito straniero né in Svizerra né in Turchia: sono sempre stati gli altri a volermi fare sentire tale".

L’ex giocatore di Bologna, Brescia e Bellinzona tra le tante si è anche espresso riguardo all'esultanza di Xhaka e Shaqiri nel match contro la Serbia, dove hanno esultato mimando il segno dell'aquila bicipite.

"È chiaro che i giocatori con radici nei Balcani hanno una speciale affinità con la loro patria a causa della guerra. Lo capisco e lo rispetto, di per sé questo non è un problema".

"Il problema – conclude Türkyilmaz – sorge quando non si dà tutto il possibile in un ottavo di finale della Coppa del Mondo, perché il tuo avversario non è il Brasile né la Serbia, ma 'solo' la Svezia...".
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