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07.11.2018 - 09:000

"Uno sport da testa e gambe". Elena Roos si racconta, "partì tutto per farmi uscire di casa"

Ha vinto il premio di Miglior Sportivo ticinese dell'anno. "Presto andrò a vivere cinque mesi in Norvegia. Non ho mollato nemmeno in due anni senza Nazionale"

LUGANO – Due volte campionessa europea con staffetta classica e staffetta sprint qui in Ticino, campionessa del mondo in staffetta in Lettonia, quarta nella sprint individuale, sesta agli europei nello sprint individuale quest’anno, l’anno scorso sesta ai mondiali, addirittura quinta nella lunga distanza e sul podio nella staffetta sprint. 

Lei è Elena Roos, e l’altro giorno ha vinto il Premio come miglior sportiva ticinese, davanti a Ajla Del Ponte (atletica) e Filippo Colombo (cross country). Fra i giovani ha vinto Noé Ponti (nuoto), il Bellinzona è stato eletto squadra dell’anno.

Elena Roos ha 27 anni, e un attivismo straordinario. Si racconta col tono fresco e entusiasta della ragazza della porta accanto, dagli inizi quasi per caso agli studi.

Che emozione è stata ricevere il premio?
“Davvero bella! È un privilegio, è un onore e un bel riconoscimento per me e per il nostro sport, che fino a quest’anno, o quanto meno gli ultimi anni, non era molto conosciuto in Ticino. Mi fa piacere che è stato deciso che lo meritavo io, anche confrontata a sportivi di alto livello, è difficile paragonare i risultati in sport diversi. Sono molto contenta”.

Quando hai cominciato a praticare questo sport così particolare?
“Ne parlavo proprio in questi giorni con mia mamma! Era l’estate fra la quarta e la quinta elementare. Nessuno la praticava nella mia famiglia. Avevo malinconia di casa e non volevo mai andare via, i miei mi hanno iscritta a un campo estivo di corsa di orientamento, più che altro per mandarmi a una colonia estiva. I figli di una famiglia che conoscevamo a Cugnasco andavamo lì, e dunque mi hanno mandata. Facevo atletica e pallavolo, ma mi è piaciuto molto e da lì… Prima mia mamma si lamentava che non andavo mai via da casa, ora che sono spesso lontana (ride, ndr)”.

Cosa ti piace in particolare della corsa di orientamento? Che caratteristiche ci vogliono per praticarlo?

“Mi sono trovata benissimo nella società, ho trovato carissime amiche. Amavo già correre, facevo le gare di sprint, ma amo farlo nel bosco, con la cartina devi anche pensare, non solo correr dietro alle bandierine! Il fatto di vincere comunque motiva. Immagino che se fossi entrata per esempio nella nazionale juniores di pallavolo avrei dovuto scegliere e non so cosa avrei fatto, nella corsa di orientamento è andato tutto bene, sono entrata nelle selezioni. Quando ho capito che stava diventando qualcosa di serio? Quando sono entrata in nazionale juniores, a 18 anni. Serve il fisico, bisogna avere una buona corsa sul mezzofondo. Inoltre si deve capire la cartina, le curve di livello. Ci vuole una combinazione fra correre veloce e usare il cervello, fare la scelta giusta al momento giusto. Insomma, testa e gambe!”

Che scuole hai frequentato?

“Al liceo ero riconosciuta come un talento sportivo, venivo facilitata nel caso di assenze. Poi ho scelto di andare a Zurigo, in quel periodo per quattro anni non sono stata in nazionale, ero troppo grande per la juniores e non avevo i risultati per la élite. Mi allenavo molto da sola”.

Saranno stati anni non facili, immagino, vero?
“Esatto, anche se studiare al Politecnico senza essere in Nazionale mi ha permesso di stringere amicizie e legami, altrimenti non avrei potuto. Non ho voluto comunque lasciar perdere la corsa di orientamento, per cui mi allenavo duramente, ma non ricevevo mai premi, ovvero non potevo partecipare a gare internazionali e a campi di allenamento e dovevo fare tutto da sola. Poi nel 2014 mi sono qualificata per gli Europei assoluti in Portogallo, pur senza essere in Nazionale, grazie ai risultati nelle gare di selezione. Ho sfruttato bene la mia occasione, sono poi andata ai Mondiali studenteschi ed è partito il tutto. Nel 2015 sono entrata in Nazionale, prima nella B poi dal 2017 nella A, ed è cambiato tutto”.

Questo premio aiuterà la corsa di orientamento a essere conosciuta in Ticino?

“Già solo il fatto di averlo vinto significa che lo è un po’ di più perché tanta gente ha dovuto dotarmi e non solo orientisti, con giornalisti e giuria. Come dicevo, il piacere è per la mia vittoria ma anche per il nostro sport. Penso che il mio nome girerà un po’, non so per quanto. Se ne parla più di prima, grazie anche agli Europei in Ticino in maggio, trasmessi dalla RSI: adesso continuiamo, non lasciamo che la gente si dimentichi di nuovo del nostro sport”.

Cosa vedi nel tuo futuro?
“La corsa di orientamento ha la priorità, devo sfruttare il momento. L’anno prossimo i Mondiali sono in Norvegia, dove c’è un terreno molto diverso dal nostro e difficile. Andrò dunque col mio ragazzo, che pratica il mio stesso sport, a vivere cinque mesi lì. Per quanto concerne la scuola, ho finito il master in tecnologie e scienze della salute nel 2017, ho lavorato un anno al Centro Sportivo di Tenero a tempo parziale. Ora so facendo l’abilitazione per insegnare educazione fisica nelle scuole, poi lavoro con un medico nella diagnostica sportiva”.

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