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19.04.2016 - 18:070
Aggiornamento: 21.01.2022 - 14:40

Sergio Rossi scende in campo: «ecco perché sostenere l'iniziativa sul reddito di base»

«Il classico sasso nello stagno del sistema socio-economico svizzero, il cui affanno per garantire il finanziamento delle politiche sociali e per offrire un posto di lavoro a tutti»

BELLINZONA - «L’iniziativa popolare federale “Per un reddito di base incondizionato” lancia il classico sasso nello stagno del sistema socio-economico svizzero, il cui affanno per garantire il finanziamento delle politiche sociali e per offrire un posto di lavoro a tutti i residenti che vogliono e possono lavorare è ormai evidente e lo sarà maggiormente durante il prossimo futuro». Parole di professor Sergio Rossi, pronunciate durante la conferenza stampa di presentazione del comitato a sostegno dell’iniziativa popolare in votazione a inizio giugno. «L’invecchiamento della popolazione e l’insufficiente natalità a causa del ristagno della capacità di acquisto delle famiglie del ceto medio, in Svizzera come altrove, rendono il primo pilastro delle assicurazioni sociali sempre più fragile sul piano finanziario», ha spiegato il professore dell’Università di Friborgo. «Per evitare di gravare sui consumatori (mediante un aumento del tasso IVA) o sugli oneri sociali dei lavoratori e dei loro datori di lavoro (attraverso un aumento dei contributi) è dunque necessario un cambiamento di paradigma, a maggior ragione se si considera l’impossibilità sistemica di attingere dai mercati finanziari le rendite utili per sostenere il secondo pilastro della previdenza professionale. D’altra parte, l’assistenza sociale è umiliante per le persone che devono farvi capo, burocraticamente onerosa per l’ente pubblico che deve verificare il rispetto delle condizioni e sanzionarne gli abusi, oltre a comportare una certa stigmatizzazione da parte della società, suddivisa tra chi lavora e contribuisce finanziariamente all’assistenza sociale e chi invece non lavora o lavora senza riuscire a guadagnare quanto basta per condurre una esistenza dignitosa». Alain Berset ha affermato che l’iniziativa permetterebbe di «uscire da una logica assicurativa per dirigersi verso una logica esistenziale», ha ricordato il professor Rossi, sottolineando come la Costituzione svizzera assicuri a tutti il diritto ad una vita dignitosa. «Sul piano economico, inoltre, ci sono numerosi motivi a sostegno di questa iniziativa», ha continuato il professore. «Anzitutto, il reddito prodotto nell’economia nazionale dipende in gran parte da ciò che le generazioni passate hanno generato sotto forma di conoscenze (“capitale umano”) e innovazioni (capitale fisso), permettendo lo sviluppo economico di cui beneficiano a tutti gli effetti le persone fisiche e le persone giuridiche che esistono ai giorni nostri – i cui redditi (da lavoro e da capitale) sono quindi indotti dall’accumulazione del capitale (fisso e “umano”) ereditato dalle generazioni precedenti (ossia dalla società passata). Appare dunque eticamente corretto distribuire a ciascuna persona fisica un reddito di base incondizionato quale “dividendo universale” a seguito del capitale accumulato al livello della società nel suo insieme. I criteri della meritocrazia non possono spiegare infatti l’attuale distribuzione del reddito tra salari e profitti, né quella tra le varie classi di stipendio all’interno della società, visto che questa distribuzione deriva dai rapporti di forza tra i diversi portatori di interesse più che dai loro rispettivi meriti individuali». «Inoltre, i processi in atto e in rapida diffusione per quanto riguarda l’automatizzazione dei processi produttivi di vario genere e in ogni settore economico, compresi i servizi, (la cosiddetta “4a rivoluzione industriale”) aumenteranno notevolmente le pressioni al ribasso sull’occupazione e sulle remunerazioni di una parte importante dei lavoratori, a danno in fin dei conti dell’intero sistema economico, perché ciò ridurrà i consumi e, pertanto, i profitti delle imprese nel mercato dei beni e servizi, aggravando i disavanzi del settore pubblico senza alcuna prospettiva di correzione nel lungo termine a meno di prelevare delle imposte con una aliquota molto elevata sui redditi e sulla sostanza dei proprietari dei robot che sostituiscono le persone attive nel mercato del lavoro. Il panorama politico-economico attuale non lascia tuttavia intravedere questa riforma di carattere fondamentale della fiscalità diretta in Svizzera nel futuro prossimo», ha continuato Rossi. «Infine, ma non per ultimo, un reddito di base incondizionato stimola la creatività delle persone, che sanno di avere una fonte di sostentamento nel caso in cui le attività che intraprendono nel sistema economico si rivelassero prive di sbocchi o non all’altezza delle aspettative di rendimento. Si pensi in particolare ai giovani che con un reddito di base incondizionato possono studiare meglio e più a lungo, potendo poi realizzare un progetto di start-up senza l’assillo e spesso l’impossibilità di ottenere dei crediti da un istituto bancario. Per i lavoratori le cui remunerazioni sono attualmente inferiori al RBI suggerito dagli iniziativisti, ci saranno maggiori possibilità di negoziare e ottenere una retribuzione che permetta loro di vivere degnamente, senza per questo dover cercare di occupare due o tre posti di lavoro parallelamente (che oggi riducono l’occupazione di chi si affaccia nel mercato del lavoro o cerca di tornarvi dopo una assenza forzata, la cui durata aumenterà tendenzialmente via via che il progresso tecnico sostituirà le persone che lavorano con dei macchinari o degli algoritmi sempre più complessi)». «Resta una grande questione aperta, a sapere quale sarà l’importo e chi beneficerà di un reddito di base incondizionato, oltre a definire in maniera consensuale un metodo, possibilmente con più fonti, per finanziare questo nuovo sistema di società del futuro. Le proposte non mancano e andranno approfondite e discusse nel corso dei prossimi anni, per non dovere essere costretti ad adottare in maniera frettolosa (e incoerente) un sistema di finanziamento insostenibile e controproducente quando il regime socio- economico attuale avrà mostrato in modo inequivocabile tutti i propri limiti fisiologici», ha concluso Sergio Rossi. «Come scrisse Mark Twain, la storia non si ripete ma comporta delle assonanze: chi si oppone oggi al reddito di base incondizionato dovrebbe ricordare che l’introduzione e il finanziamento dell’AVS furono aspramente combattuti durante un trentennio, prima di essere approvati e di essere apprezzati dall’insieme della popolazione in Svizzera. Fra trent’anni – se non prima – il popolo svizzero potrebbe dunque plebiscitare il RBI».
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