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03.07.2017 - 15:370
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:43

Addio a Villaggio, colui che creò Fantozzi, l'uomo qualunque con una vita qualsiasi e una nuvoletta di sfortuna

Vinse un Pardo d'Oro a Locarno, si è spento oggi a 84 anni. Ha fatto molte attività nella sua vita, ma a renderlo celebre e a farlo entrare nella storia è senza dubbio il personaggio del Ragioniere

GENOVA – Uno senza talenti particolari, la cui lotta quotidiana è per sopravvivere. Questa forse è la chiave, in una frase del critico Merenghetti, che descrive il successo del suo personaggio del Ragionier Ugo Fantozzi.

In altri termini, Paolo Villaggio. Che ha fatto molto altro, ma che passerà, anzi è già passato, alla storia per quell’interpretazione, in una decina di film. Villaggio se ne è andato oggi, a 84 anni, e non c’è una bacheca Facebook, un giornale, una persona che non lo ricordi. A modo suo, ha rappresentato l’Italia, i suoi valori, prendendoli in giro, mettendo in scena una satira e facendo del suo personaggio principale una persona di fatto vinta dagli eventi.

Ugo Fantozzi, infatti, non si ribella, si lascia umiliare, viene trasportato dal destino, che affronta quasi con inerzia, a volte perfino chiedendo scusa. È mediocre, come l’italiano medio dell’epoca, senza una laurea, con un lavoro “normale”, una volgarità che a volte sfocia nel turpiloquio che non nasconde, la sfortuna che dice lo perseguiti.

Vive una vita normale, in un ufficio dove sono presenti quelli che ciascuno riconoscerà essere come i propri colleghi, con cui passa il tempo libero, con mille disavventure. Ecco, la sfortuna è un’iperbole, perché le normali giornate di Fantozzi non filano mai lisce, sono sempre condite da qualche imprevisto, comico per chi guarda il film: d’altronde, non sarebbe un film, altrimenti. Però fa ridere, trasforma la realtà in una nuvoletta di iella, se così si può dire, che lo segue.

Una vita comune, piena di comicità. Una famiglia, anch’essa, normale, con una moglie che però perfetta non è, perché in fondo in fondo non lo ama, e la figlia è brutta e insignificante.
Eppure, Fantozzi non è triste, non è tragico, semmai è tragicomico. È probabilmente la vita di ciascuno, ovviamente sublimata con episodi cinematografici, come la vedremmo, se la guardassimo in modo nudo e crudo. E lui non vuole primeggiare, non gli importa vincere, vuole sopravvivere, giorno dopo giorno. È felice? Di sicuro, non è depresso e non è triste. Ha i suoi momenti sì e i suoi momenti no, ed anche quelli normali, piatti. Come ciascuno di noi.

Leggendolo con gli occhi di oggi, è senza dubbio una vittima di mobbing: Villaggio ci aveva pensato? Probabilmente, aveva ingigantito alcuni aspetti della vita di ufficio per mettere in evidenza i lati di Fantozzi, ma spesso la realtà poi si mostra essere più simile ai film di quanto non si creda.

Qualcuno ha detto che il personaggio riesce a non far sentire in colpa chi non è competitivo, chi si accontenta.

Ecco perché Paolo Villaggio merita un posto nella cultura italiana. Non ha fatto solo Fantozzi, ha lavorato in radio e in tv, è stato amico di De André, ha rappresentato il genovese verace con origini meridionali, si è impegnato anche in politica, ha fatto il regista, il doppiatore, lo sceneggiatore per tv e cinema. A Locarno ha vinto un Pardo d’Oro. Oggi se ne è andato, e l’Italia intera è in lutto. Addio a Villaggio, Fantozzi resterà sempre vivo e attuale: questo è il suo segreto di immortalità.
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