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09.09.2017 - 12:010
Aggiornamento: 21.06.2018 - 14:17

"Il LAC è speciale, torniamo parlando di fragilità umana". La Compagnia Finzi Pasca reduce da 150 repliche a Montréal, "se sai parlare in modo intimo del tuo villaggio commuovi il mondo"

Lo scenografo Hugo Gargiulo racconta lo spettacolo, sogno di Julie Hamelin, per celebrare 375 anni di storia della città. "Giochi d'acqua, e la torre di container più alta al mondo e aneddoti che non tutti conoscono". E svela perché secondo lui Daniele Finzi Pasca è speciale. GUARDA IL VIDEO

LUGANO – Da Montréal a Lugano. La compagnia Finzi Pasca si prepara a tornare a casa, al LAC, dopo mesi passati trionfalmente in Canada, a portare in scena la storia della città che festeggiava 375 anni di storia. Uno spettacolo emozionante, con l’acqua come elemento portante, come ci ha raccontato lo scenografo Hugo Gargiulo.

Un bilancio di questa esperienza?
“È stata veramente una bellissima occasione, soprattutto perché l spettacolo ci è stato richiesto espressamente dalla città di Montréal. Essa festeggiava 375 anni e voleva celebrarli con una grande quantità di eventi, ma solo tre sono stati ordinati, diciamo, à la carte, di cui uno è il nostro: un grande riconoscimento della nostra compagnia e della nostra capacità di creare un evento di questo tipo. È stato anche un enorme successo di pubblico. Anche se era uno spettacolo gratuito, bisognava riservare i posti, che si sono esauriti velocemente. Le repliche dovevano essere 102, poi sono divenute più di 150, ed è stato visto da 250mila persone”.

Davvero tantissime repliche! Uno spettacolo dunque anche molto faticoso, pur se ricco di soddisfazioni…
“Dal punto di vista fisico no perché non è uno spettacolo teatrale ma un’installazione tecnologica. Non ci sono attori, a parte quelli filmati a mo’ di film. La storia si racconta attraverso giochi di acqua, con fontane, schermi d’acqua, proiezioni, sia su questa linea di muri d’acqua sia su una grande distesa di  104 container marittimi disposti. Abbiamo creato la torre di container pìù alta al mondo. È un’esperienza anche sensoriale, gioca molto anche la musica, composta essenzialmente da Maria Bonsanigo. Si è creato un film di circa mezz’ora, ispirato alla storia di Montréal ma da un punto di vista onirico, di sogno, poetico e infantile. La protagonista è infatti una bambina dei popoli originari, che sognando vede il futuro della città che sta nascendo. Contemporaneamente volevamo dare un’impronta della città che verrà, sempre più verde, con un fiume sempre più pulito”.

Immagino abbiate dovuto puntare soprattutto su un aspetto della città. Avete scelto dunque quello ambientale?
“La città voleva avere un peso sui contenuti storici, per cui la ricerca storica è stata molto accurata, è durata due anni, con una trentina di pagine di bibliografia. Abbiamo cercato di concentrarci soprattutto su piccoli aneddoti, su eroi meno conosciuti, che hanno comunque dato un contributo importante ma di cui si sa poco. Volevamo incuriosire la gente, per far sì che andasse a indagare per saperne di più”.

Quando si definisce il messaggio da far passare in uno spettacolo, poi tocca a lei. Come nasce una scenografia?
“In questo caso avevamo carta bianca, una grande opportunità ma anche una grande responsabilità perché Montréal poteva essere celebrata in molti modi. Trovare il posto, cosa raccontare e dove erano questioni che andavano a braccetto. Lo spettacolo è stato commissionato a Julie, la moglie di Daniele Finzi Pasca, era la sua città e ci teneva moltissimo, noi abbiamo portato avanti il suo sogno di fare uno spettacolo per la sua città. Abbiamo trovato questo bacino vicino al fiume, e ci siamo detti che il fiume stesso è colui che parla, quello che è sempre stato lì e attraverso cui sono arrivati gli europei che hanno fondato la città. L’acqua dunque parla, e abbiamo creato un discorso con essa, dando vita al fiume e facendolo raccontare, con quanto ha vissuto in questi anni. Abbiamo potuto avere un secondo muro di container per legare il molo con la città, che riprende il profilo della città. Anche questi elementi sono parte della vita del porto, e si celebravano i cinquant’anni dall’uso del primo container: tutto ha un senso. Il pubblico era affacciato verso il museo della scienza, col senso metaforico di essere appoggiati verso il futuro, le nuove tecnologie. Montréal conserva il suo passato ma è anche molto lanciato su cosa verrà. Tutti questi elementi ci sono parsi interessanti per raccontare la storia. Io devo organizzare i piatti, poi arriva il cuoco a cucinarli, però devo mettere le basi, creare gli spazi, gli elementi del racconto. Hanno comunque collaborato tantissime persone, circa 500, è stato davvero un grande lavoro, creando anche il film con degli attori, le fontane che abbiamo iniziato a montare quando c’era ancora il ghiaccio nel bacino. I 104 container hanno significato un camion in arrivo ogni mezz’ora per una settimana, qualcosa di davvero molto grande a livello tecnico!

Adesso tornerete al LAC, giusto?
“Apriamo la stagione dall’11 al 14 ottobre con Per te, poi faremo una replica speciale di Icaro, uno spettacolo emblematico della Compagnia e di Finzi Pasca. Dopo quanto successo con sua moglie, la malattia, l’ospedale, non sapevamo se se la sarebbe sentita di riproporlo, Daniele ha deciso quest’estate di provarlo e siamo felici di tornare a Lugano con la tematica della fragilità umana”.

Come la rappresenterete?
“Attraverso, appunto, tre spettacoli. Per te è stato creato in omaggio a Julie che ci ha lasciato un anno e mezzo fa, lo abbiamo portato al LAC l’anno scorso, ma abbiamo deciso di riproporlo perché molta gente ancora non l’ha visto e perché in un anno di tourné come spettacolo è cresciuto molto e volevamo tornare a casa con questo. Icaro invece ha 26 anni ma è qualcosa di molto amato, viene visto anche tre, quattro, cinque volte, conosco gente che lo ha visto venti volte. Qualcuno porta gli amici, i figli, ogni volta è un’esperienza molto intima e personale. A marzo invece torneremo con Bianco su Bianco, uno spettacolo che non abbiamo mai mostrato al LAC. L’abbiamo portato a Lugano e a Bellinzona, in tutto il mondo, adesso è molto cresciuto anch’esso”.

Voi girate il mondo, ma arrivare al LAC è diverso rispetto a calcare altri teatri?
“Il fatto di poter trovare la gente che ci vuole bene, anche se ce n’è molta anche in altri posti, è sempre un’emozione. Per me che non sono di qui è più relativo, ma per Daniele, Maria e chi è cresciuto qui è sempre un’emozione esibirsi al LAC, arrivano i compagni di scuola, chi ti conosceva da piccolo. È bello vedere del pubblico che ci segue da anni, che da tempo non poteva vederci dal vivo perché a Lugano non c’era un posto abbastanza grande per poterli portare in scena”.

L’arte secondo lei è universale o bisogna cambiare linguaggio in ogni città in cui ci si esibisce?
“Per poter girare il mondo penso che bisogna toccare una corda che è abbastanza universale. Chagall ha detto che dipingendo un mattone del suo villaggio poteva comunicare col mondo. Se uno riesce a parlare del suo villaggio in un modo intimo e profondo comunica col mondo, perché l’esperienza del villaggio l’abbiamo avuta tutti, anche se siamo nati in una grande città. La drammaturgia della compagnia, di Daniele in particolare, parla sempre di Piazza Milano, di quattro strade attorno a quello, il mondo della sua infanzia, circoscritto a quella esperienza. Ed è apprezzato a Lugano, a Montevideo, a Sidney, se si riescono a toccare le corde giuste si può far vibrare la gente in qualsiasi parte del mondo”.

Cos’ha di speciale Daniele Finzi Pasca, perché è così speciale lavorare con lui?
“Difficile dirlo. Penso che abbia avuto una grande tenacia nell’insistere col suo sogno. Oggi sembra abbastanza ovvio con il riconoscimento che ha raggiunto, ma ci sono stati anni difficili, dove doveva trovare fiducia, dove gli chiedevano se erano sicuro. Io sono sposato con Maria Bonsanigo, abbiamo una figlia di 16 anni e dei compagni ci dicono che vorrebbero intraprendere qualcosa di artistico ma hanno paura di non guadagnare abbastanza. C’è il timore di buttarsi qualcosa che non garantisca il conto in banca, che non sia sicuro. La tenacia di insistere su un sogno riuscito, ogni giorno ha un valore, e per me il valore di Daniele è stato riuscire a sognare in garnde e far passare questo entusiasmo a chi gli stava attorno. Noi lavoriamo assieme da tanti anni, e puntiamo sempre sullo stesso chiodo, cercare di commuovere coi nostri spettacoli.
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