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08.01.2018 - 09:060
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:43

Bussenghi e Bernasconi, due amici-nemici che non possono stare l'uno senza l'altro. I Frontaliers promossi, tra risate, luoghi comuni, cambiamenti e un finale... tutto come prima

Il film è davvero riuscito. Dall'incontro alla dogana agli stravolgimenti che coglieranno i protagonisti, sino a farli avvicinare e solidarizzare, le star indiscusse sono Sala e Guglielmoni. Bravissimo il regista a non snaturare gli sketch andando oltre la "solita" commedia locale

MENDRISIO – Dopo averne tanto sentito parlare, dopo aver letto recensioni positive e pure qualcuna negativa, ha prevalso la curiosità in un uggioso tardo pomeriggio, e finalmente chi scrive, svizzera ha visto il film “Frontaliers Disaster”  in compagnia di un italiano che ama la Svizzera.

In mezzo a gente di tutte le età, ecco 110’ di risate, sane, corrette, pulite. Risate senza volgarità, di cui troppo spesso sono infarcite le pellicole che desiderano far ridere. I Frontaliers sono personaggi che sono e saranno amati da chi conosce le due realtà, da chi capisce cosa vuol dire tradurre male dal dialetto “mettiti in un cantone”: il regista Alberto Meroni ha saputo giocarci con maestria, rappresentando in un simpatico crescendo, che parte con un parallelo ben curato (dalle pantofole rossocrociate a quelle del Milan sino alle colazioni diverse) il motivo ticinese versus frontaliere, con la scena madre dell’incontro di Bussenghi e Bernasconi all’ormai celeberrima e amata dogana.

Magistrali i personaggi più amati: su tutti, ovviamente, il frontaliere e il doganiere, senza nulla togliere al simpatico Veronelli, al figlio formato Rambo, a Rex e ad Amelie. Ma nulla avrebbe senso senza Guglielmoni e Sala, che al di là della trama sanno reggere l’intera impalcatura con le loro espressioni, con i modi di dire, perfettamente calati nel ruolo uno del frontaliere spiritoso e vagamente canzonatorio, l’altro dell’uomo in divisa sin troppo rigido e rigoroso nelle regole, con gli sketch direttamente portati dentro il film. 

Quando il loro mondo viene stravolto, e si trovano fianco a fianco 24 ore al giorno, in un intrecciarsi di verità omesse per non dire a chi sta loro vicino cosa sta succedendo, Bernasconi deve superare la paura di trovarsi addirittura in Italia, mentre Bussenghi intravvede la realtà del doganiere, diviso fra la mamma e la fidanzata. Scatta fra i due un meccanismo di solidarietà, un dare per avere (un weekend a Sirmione-Lamone in cambio di una cena chiarificatrice) che comincia a nascondere una simpatia.

La trama si mischia con la spy story americana, se vogliamo dirla così, dove gli elementi che non vengono mai a mancare sono la comicità e il progressivo avvicinamento, nonostante le differenze. A prevalere poi sono i sentimenti, la voglia di sacrificarsi per il nuovo amico, per l’amore, con un Bernasconi che perde la patina di doganiere tutto d’un pezzo per la donna che vuole al suo fianco, e attraversa in modo catartico la sua dogana guidando “all’italiana”.

Sino a tornare, però, nel finale, sé stesso: Bussenghi arriva al mattino, lui gli chiede se è un frontaliere, di favorire il documento e poi… “mettiti in un cantone”. Tutto come prima, insomma.

Da applausi i luoghi comuni, dalla Panda italiana alle strade piene di buchi, dalle citazioni per personaggi locali come Niccolò Casolini, Armando Ceroni o anche Fiorenzo Dadò, e gli accenni alla politica, con “Prima i nostri” e il Mattino della domenica. Il tutto con una leggerezza che non vuol far passare nessun messaggio ideologico, ma solo far ridere e far riconoscere, come specchi, gli spettatori nei personaggi che si muovono sul grande schermo.

In sala riecheggiano le risate, e contagiano tutti, dai bambini che forse non colgono tutto agli adulti, che invece probabilmente sorridono anche di sé stessi. Davvero un film per tutti, gradevole, scorrevole, rapido.

In conclusione, avevamo detto di considerare sbagliato usare i Frontaliers come propaganda pro o contro la RSI, e lo ribadiamo ancora adesso, dopo averlo visto, apprezzato e consigliato agli amici. Meroni e i suoi protagonisti hanno saputo portare la commedia locale un gradino più in alto, ma intrinsecamente legata alla nostra realtà, unito a qualche refrain a film di altro genere. Non ci saremmo aspettati ciò che accade prima della pausa, e che determina poi il resto della pellicola, e perdonate i termini poco chiari, ma non vogliamo certo essere accusati di spoiler, eppure siamo consapevoli che un film è ben diverso da uno sketch, e che mistero e un pizzico di amore non possono mai mancare.

In un’intervista Alberto Meroni ci ha detto che Bernasconi e Bussenghi non sarebbero cambiati, e possiamo confermarlo. O meglio, un po’ cambiano, ma poi rieccoli, sempre loro, al valico, uno di fronte all’altro: nemici-amici, uno in attesa dell’altro. Basti pensare che quando non trova il doganiere, il frontaliere si ferma a chiedere informazioni… e la sua esultanza non inganna. Non esiste Sala senza Guglielmoni.

Per concludere, abbiamo lasciato la sala di buonumore, ridendo dei luoghi comuni al di qua e al di là del confine. Il risultato voluto è ottenuto: complimenti a tutti!


Paola Bernasconi
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